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il caso

Condannato per oltraggio, ma il processo è "senza" avvocato: tutto da rifare

In foto: repertorio
repertorio
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
sab 16 mag 2020 12:35 ~ ultimo agg. 18:38
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Se è riuscito ad evitare una condanna a 7 mesi di reclusione per oltraggio a pubblico ufficiale, lo deve alla sagacia e alla determinazione del legale che per ultimo ha avuto tra le mani le motivazioni della sentenza di primo grado. Nelle pagine del fascicolo processuale, infatti, si nascondeva una “falla” procedimentale che l’avvocato Filippo Capanni, del Foro di Rimini, è riuscito a scovare. In pratica, l’imputato, un ucraino di 36 anni, residente a Rimini, era stato processato per aver mandato a quel paese un carabiniere senza ricevere, però, la difesa di un “vero” avvocato.
Questi i fatti. Nel 2016 i carabinieri di Rimini, durante un servizio di controllo del territorio notano alcune persone sedute a bere birra all’interno del parcheggio dell’Sgr. Scesi dalla vettura, i militari chiedono al gruppetto di amici cosa ci facciano lì. Uno di loro (il 36enne ucraino), probabilmente su di giri per aver bevuto qualche birra di troppo, li manda senza mezzi termini a quel paese. Inevitabile l’identificazione e la denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale.

Dopo qualche mese, scatta l’emissione del decreto di condanna e l’ucraino nomina un difensore di fiducia che fa opposizione al decreto penale, chiedendo di andare a dibattimento. Prima dell’udienza dibattimentale, però, l’avvocato dell’ucraino deposita la rinuncia del mandato. E’ l’ottobre del 2017. Il giudice del tribunale di Rimini, probabilmente oberato dalla miriade di procedimenti, in prima udienza non si avvede della rinuncia e, di volta in volta, nomina un avvocato diverso, reperibile sul momento, che funga da sostituto, credendo appunto che il legale principale fosse semplicemente assente.

Nel marzo del 2018 l’imputato, che non si è mai presentato alle varie udienze, viene condannato a sette mesi di reclusione per oltraggio a pubblico ufficiale. In tribunale si accorgono della rinuncia del legale quando ormai i giochi sono fatti, ovvero in fase di deposito delle motivazioni. E’ allora che viene nominato un nuovo difensore d’ufficio (e non un semplice sostituto) per l’Appello, l’avvocato Capanni. Che, spulciando il fascicolo dell’ucraino, scopre che qualcosa non quadra. Infatti gli saltano subito all’occhio le diverse sostituzioni ma, soprattutto, la rinuncia del difensore di fiducia ben prima che iniziasse il dibattimento. 
Decide allora, a fine febbraio, di presentare appello, chiedendo che venga dichiarata la nullità della sentenza perché l’imputato, nonostante abbia scelto di non presentarsi a nessuna delle udienze, è rimasto a giudizio senza un “vero” difensore, dal momento che il suo aveva rinunciato al mandato prima che tutto iniziasse. E la Corte d’Appello, accogliendo le ragioni dell’avvocato Capanni, dichiara nulla la sentenza e decreta di rifare il dibattimento poiché si è verificato un reale pregiudizio per il diritto di difesa dell’ucraino. La rinuncia del difensore di fiducia, infatti, avrebbe dovuto comportare l’obbligo per il giudice di nominare un difensore d’ufficio e non un semplice sostituto, ignaro delle vicende processuali dell’imputato, come invece è accaduto.