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L'integrazione è possibile

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 16 nov 2015 15:06 ~ ultimo agg. 18 nov 14:04
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Città e integrazione. Conflitti e possibili vie di dialogo ed intervento”. È stato il tema del primo incontro del ciclo “Beati gli operatori di pace”, che accompagnerà il cammino della Comunità riminese fino al 15 aprile. Questo appuntamento, che si è svolto presso la sede della Provincia, è stato organizzato venerdì 23 ottobre, dal Progetto culturale insieme alla Zona Pastorale di Sant’Andrea Apostolo, che raccoglie le comunità parrocchiali di San Gaudenzo, Crocifisso e San Raffaele.

Hanno partecipato in qualità di relatori il sociologo Walter Chiani, l’architetto Nedo Pivi, Martina Montevecchi e Edlira Canka, albanese che ha fatto le scuole superiori a Rimini e che attualmente svolge la mansione di operatrice sociale. L’incontro era moderato da Elisa Marchioni, giornalista, ex parlamentare, attualmente insegnante di scuola media.

 

Prima dell’intervento dei relatori, don Aldo Amati, parroco di San Gaudenzo, ha tenuto una breve introduzione in cui ha stigmatizzato il clima generalizzato di paura che si sta vivendo in questo momento in cui la gente “blinda” le proprie case. Per quanto riguarda il tema dell’accoglienza ai migranti, don Aldo ha detto che “ dobbiamo avere sempre il Vangelo come punto di riferimento, dobbiamo dire sì all’accoglienza altrimenti rischiamo di perdere l’anima stessa della nostra identità”. Il problema, secondo don Aldo, è come attuare concretamente l’integrazione delle persone provenienti dall’estero e dei profughi.

Nedo Pivi, è partito dalla sua professione di architetto, sul legame esistente fra architettura, urbanistica e il concetto di accoglienza e di integrazione. “ L’architettura – ha esordito – deve occuparsi dell’accoglienza e dell’integrazione delle persone, si deve porre come obiettivo quello di integrare il nuovo e il diverso.

Il degrado in cui versano i centri storici, fra cui anche quello di Rimini, è dovuto allo svuotamento delle sue funzioni originarie”.

 

Martina Montevecchi, è una neolaureatache ha discusso la sua tesi di laurea sui temi che erano in agenda nell’incontro interparrocchiale. Ha incentrato il suo intervento sugli stranieri “riminesi”, cioè su quelle persone nate a Rimini da genitori stranieri e sulle difficoltà che ancora incontrano sulla strada dell’integrazione.

Il sociologo Valter Chiani ha invece messo in evidenza il fatto che a Rimini “sono presenti ben 133 nazionalità. Insomma un pezzo di mondo vive qui da noi, il 47% proviene dai paesi dell’est, il 22% sono cittadini comunitari, il 10% dall’ Asia, il 15% dall’ Africa e il 6% arrivano dal Perù e dal Brasile. C’è il tentativo palese – ha proseguito Chiani – di rifiutare l’ incontro con il diverso, con la persona straniera. Si convive sì con il diverso, evitando però di vivere il legame sociale che la “presenza” degli stranieri in un certo senso “impone” e richiede, come se fossimo davanti ad una negazione preventiva di questo fenomeno”.

 

Infine è intervenuta anche Edlira Canka giovane nata in Albania ma che ha fatto i suoi studi liceali qui a Rimini, che ha raccontato la sua storia di integrazione, all’inizio caratterizzata dalla diffidenza, poi man mano che passava il tempo si è trattato di una integrazione ben riuscita, tanto è vero che è rimasta nella nostra città svolgendo la mansione di educatrice sociale e culturale.

Sta salendo in modo impetuoso nel paese e nei social network, in particolare su Facebook, il vento del discorso “Prima gli italiani”, che sta contrapponendo, come in una guerra fra diseredati, stranieri e profughi agli italiani poveri, un conflitto che non dovrebbe esistere, ma che viene continuamente alimentato, ad arte, da persone contrarie all’integrazione. La Chiesa Riminese è impegnata ad evitare questa contrapposizione e a dare delle risposte anche alle famiglie povere italiane, falcidiate dalla crisi.

 

Patrizio Placuzzi

Settimanale Il Ponte