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gdf, arresti e sequestri

Le mani su bar e hotel, ma anche estorsioni e usura. Così si muoveva la banda campana a Rimini

In foto: la conferenza stampa dell'operazione Paper Moon 2 (foto Migliorini)
la conferenza stampa dell'operazione Paper Moon 2 (foto Migliorini)
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mar 7 dic 2021 16:28 ~ ultimo agg. 8 dic 12:22
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C’è ancora lui, il “famoso” Rosario De Sisto, 62 anni, meglio conosciuto come “Zio Pio”, a capo del gruppo di pregiudicati campani che dal 2015 ad oggi ha gestito a Rimini, in forma occulta, attività nel settore turistico-ricettivo (bar e alberghi) e prestato denaro a tassi usurari, dal 60 al 90%, ad alcuni imprenditori romagnoli. E’ questa l’ipotesi investigativa formulata dal Comando provinciale della guardia di Finanza di Rimini, guidato dal colonnello Alessandro Coscarelli, che questa mattina ha eseguito due custodie cautelari in carcere, una ai domiciliari e tre obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, emessi dal gip del tribunale di Rimini, Manuel Bianchi, nell’ambito dell’operazione denominata “Paper Moon 2”.

Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Paola Bonetti, hanno ricostruito vari episodi di estorsione, usura, furto, detenzione abusiva di armi e intestazione fittizia di beni in concorso. Proprio in riferimento a quest’ultimo reato, il gruppo di campani aveva messo le mani su un albergo e un bar di Rivazzurra, intestati a prestanome compiacenti. Zio Pio e i suoi sodali si muovevano nell’ombra, senza mai apparire direttamente. Le loro “prede” preferite erano imprenditori in difficoltà, bisognosi di liquidità immediata. Come padre e figlio, entrambi riminesi, a capo di una società a conduzione famigliare, a cui il gruppo aveva prestato 10mila euro. Cinquecento erano da restituire entro due settimane, mentre 10.500 entro 60 giorni. Quando le scadenze non venivano rispettate, ecco le minacce: “Ti conviene pagare, altrimenti torniamo e tua figlia e i tuoi nipoti finiscono male”, era stato l’avvertimento dato ad una delle vittime. Nessuno, probabilmente per paura di ritorsioni, ha mai denunciato. Del resto, la banda di pregiudicati campani spaventava le proprie vittime con presunti collegamenti con elementi della camorra napoletana. Zio Pio, in particolare, tuttora sottoposto al regime di sorveglianza speciale e vittima di un agguato lo scorso 23 settembre davanti alla sua abitazione di Borghi, ha sempre vantato contatti con personaggi di spicco del clan camorristico “Nuvoletta” di Marano e più volte il suo nome è finito al centro di inchieste legate alla criminalità organizzata.

Secondo il Nucleo di polizia economico-finanziaria, diretto dal maggiore Roberto Russo, gli indagati manifestavano un’elevata disponibilità economica, derivante – come emerso dalle 47 utenze intercettate e dalle 79mila conversazioni analizzate – dalle loro attività illecite. A riprova di ciò anche i 3.500 euro di vario taglio, risultati logori perché occultati in luoghi umidi, probabilmente sotto terra, che la banda avrebbe provato a restituire alla Banca d’Italia per ottenere delle nuove banconote.

Questa mattina sono state eseguite 13 perquisizioni tra le province di Rimini, Forlì-Cesena, Milano, Bari, Avellino e Caserta, ed effettuati i sequestri preventivi di una società e una ditta individuale che avevano gestito nel tempo l’hotel e il bar di Rivazzurra, oltre che  di disponibilità finanziarie per 213mila euro. In carcere sono finiti De Sisto e un 50enne casertano, risultati i due personaggi maggiormente di spicco dell’inchiesta. Inchiesta che il sindaco di Rimini, Jamil Sadegholvaaad, ha definito di grande rilievo: “E’ importante più che mai – ha detto – tenere altissimo il livello di attenzione verso i tentativi della malavita organizzata di orientare il loro interesse verso territori come il nostro, approfittando anche della grave crisi economica che la pandemia sta alimentando nel mondo delle imprese e aziende, specie della filiera turistica messa in ginocchio nell’ultimo biennio”.