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Nazionale Rimini Social

Nuove risposte a nuovi bisogni

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mar 7 nov 2017 07:32 ~ ultimo agg. 10 nov 09:43
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L’Istat stima che in Italia sono un milione e 619mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, 4 milioni e 742mila individui; il doppio rispetto al 2007 e 600.000 in più dal 2014 al 2015. E tra giovani e minori, i poveri sono addirittura triplicati.

Lo ha ricordato, alla giornata di formazione della Caritas Diocesana, Don Luigi Ricci.

Nel nostro Paese ci sono 1,3 milioni di bambini in povertà assoluta. Bambini ai quali viene rubata la possibilità di vivere con gioia la loro infanzia e ai quali, più di tutto, viene sottratta l’opportunità di costruire il proprio futuro: un futuro fatto di educazione e di accesso ai servizi, di spensieratezza e di prospettive. Ogni anno nel mondo la malnutrizione uccide 3 milioni di bambini. Ogni giorno nel mondo 8.000 bambini muoiono di fame prima dei 5 anni.

 

Ci sono poi altri “fatti” cui stentiamo – non vogliamo credere.

– La spesa sociale in Italia è mal distribuita: 337,5 miliardi di euro nel 2016, +10,9% rispetto al 2011 vanno per il 64% alla popolazione anziana, e solo il 5,5% alla lotta alla disoccupazione e l’1,2% alla lotta all’esclusione sociale.

– In Italia ci sono 307mila famiglie con patrimonio finanziario superiore al milione di dollari. Nelle mani dell’1,2% delle famiglie si concentra il 20,9% della ricchezza (finanziaria) italiana. Di qui al 2021 il numero di ricchi aumenterà: saranno l’1,6% del totale delle famiglie, ma la fetta di ricchezza nelle loro mani salirà al 23,9% e sfiorerà così un quarto del totale.

Per concludere, nel mondo non mancano risorse; manca la giustizia che dovrebbe portare ad una equa distribuzione di questi beni, a livello nazionale e internazionale.

Prima della globalizzazione della finanza, la globalizzazione della solidarietà.

A fronte di questa situazione, così grave da diventare a volte un alibi, Don Luigi ha invitato a percorrere tre strade.

 

1. Occorre un’opera di conversione e di formazione, anche spirituale, permanente.

Non è scontato che il servizio in una delle strutture Caritas si colleghi strettamente con un modo di pensare secondo il vangelo e che trovi qui la sua motivazione fondamentale. Dal dare un servizio, una risposta ad un bisogno materiale (un pasto, una doccia, un cambio di biancheria, un posto letto…) al vedere nell’altro, nell’altra, un fratello, una sorella, addirittura il volto concreto di Gesù, la sua carne crocifissa… il passaggio non è né automatico né facile, e non è operato una volta per sempre.

 

2. Occorre un’opera di controinformazione.

Sentiamo continuamente, anche negli ambienti vicini a noi, giudizi negativi sui migranti, sui poveri e di conseguenza su chi opera a loro favore. Occorre quindi cercare di contrastare questa mentalità, soprattutto attraverso la presentazione di risposte positive, di fatti concreti.

Questo lo possiamo fare (e la Caritas lo sta facendo) attraverso i mezzi di comunicazione (pagina de ilPonte,report annuale, altri strumenti informativi…) ma anche attraverso il dialogo e ancor più con la testimonianza personale: in casa, a scuola, sul lavoro, e in tanti altri incontri occasionali.

 

3. Occorre una carità, una passione di amore che si fa inventiva di nuove risposte a nuovi bisogni.

Tutto ciò contribuisce anche a realizzare quella “ prevalente funzione pedagogica” che la Caritas ha da sempre nel suo Statuto. La Caritas ha costantemente tenuto presente questa indicazione, cercando di educare prima di tutto attraverso le opere, ma è una preoccupazione sempre attuale, soprattutto nei confronti delle nostre comunità. Solo così le opere della Caritas, dei volontari non diventano un alibi, ma l’educazione ad una carità diffusa.

 

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