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di carlo alberto pari

Minori e reati: prima di tutto educare. La riflessione del criminologo

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di Ospite   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
dom 11 feb 2024 07:48 ~ ultimo agg. 8 feb 13:33
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E’ un’analisi estremamente delicata, spesso elusa negli articoli, del resto, è assai meno problematico limitarsi al resoconto della cronaca, ove di consueto, si raccontano eventi drammatici i cui protagonisti negativi sono minori. Non esistono ricette per risolvere o tamponare il problema, la razionalità, impone però delle riflessioni. A 14 anni i minori sono già imputabili per legge (salvo casi particolari), quindi, si presume possano comprendere ciò che distingue il lecito dall’illecito. Poniamoci allora una domanda: se comprendono la gravità dei reati, perché sono così frequenti? Salvo i contesti più disperati e drammatici, dove le motivazioni sono articolate e complesse, la maggioranza dei reati “minori”, sono influenzati dai valori o disvalori che con l’educazione, la diseducazione o l’abiura dell’educazione si trasmettono. Solo tre esempi, banali, ma forse esaustivi. La base dell’educazione civica è il rispetto per l’ambiente dove viviamo. Sembra scontato, ma in realtà, sono ancora in tanti quelli che non insegnano ai figli o ai ragazzi che tutelano, neppure il “minimo sindacale” dell’educazione civica. Ad esempio, rispettare i beni pubblici, la quiete, o ancora più semplicemente, a non lordare, con scritte o rifiuti. Non di rado, sono proprio gli adulti gli esempi negativi, anche nei piccoli gesti quotidiani (fumare e gettare i mozziconi, usare fazzoletti di carta che finiscono a terra, lasciare bottiglie vuote abbandonate, perpetrare schiamazzi notturni, ed altro ancora ). Sono azioni incivili, alcune inquadrabili tra i reati. Contribuiscono positivamente alla formazione del cittadino (adulto) del futuro?
Il fulcro della convivenza è l’educazione al rispetto per gli altri. Il rispetto si insegna con le parole ed i comportamenti. Oggi, è spesso sufficiente visionare il primo approccio tra persone adulte sconosciute, o le banali discussioni per la viabilità, o i tanti “dialoghi sui social”, per comprendere che il rispetto è ormai associato a qualcosa di obsoleto, superfluo, quasi una debolezza da “perdente”. Ciò si rispecchia in ogni ambito, anche nei contatti con i rappresentanti delle Istituzioni. Un solo esempio, la scuola. Anziché ringraziare l’insegnante che evidenzia le eventuali problematiche dei figli, nello studio o nei comportamenti (con il fine di aiutare, non certo per il piacere di giudicare o elargire insufficienze), in tanti hanno reazioni sconsiderate, a volte violente, pensando di avere sempre ragione. I Docenti sono a volte impauriti, quasi succubi, o semplicemente disillusi. Si richiede alla scuola (anche) di educare, ma come può farlo, se gli abbiamo tolto buona parte dell’autorevolezza necessaria? Potrei aggiungere decine di altri esempi, nei rapporti con gli agenti che effettuano verifiche, o semplicemente con i controllori sui mezzi pubblici, fino alle sale del Pronto Soccorso, ove a scapito degli operatori, si evidenzia una progressione d’inciviltà, financo di violenza. Tutto questo, come impatta sul giovane cittadino?
Un apporto necessario alla vita della comunità sono le regole. E’ complesso stabilire delle regole ed educare a rispettarle, è molto più semplice eludere o banalizzare. Di sovente, i minori sono tali per legge, ma non per i comportamenti o gli stili di vita. Un solo esempio. Quando scorrazzano tutta la notte, senza che il genitore o il tutore sappia dove sono, con chi sono, cosa fanno e spesso, cosa assumono. In questo modo, si contribuisce al rispetto delle regole?
Forse, dobbiamo ripartire dall’educazione, per cercare di tamponare la progressione degli eventi negativi che la cronaca quotidianamente ci propone. Qualcuno parla già di pene esemplari, altri invece, di ridurle. In un Paese civile, le pene non devono trasformarsi in “vendetta”, ma non devono neppure divenire facilmente eludibili, o peggio, banalizzate. Soprattutto, esistono precise responsabilità che la legge indica senza abiure, quelle dei genitori, o chi li rappresenta, perché spetta a noi, prima di ogni altro: insegnare, educare e controllare.
Carlo Alberto Pari