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il no della corte d'appello

Niente estradizione per lo spietato boss della mafia turca arrestato a Rimini

In foto: Baris Boyun
Baris Boyun
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mar 21 mar 2023 17:53 ~ ultimo agg. 22 mar 08:46
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Niente estradizione per Baris Boyun, 38enne di nazionalità turca arrestato il 3 agosto scorso dalla Squadra Mobile di Rimini, coordinata dal sostituto procuratore Davide Ercolani, su ordine di cattura internazionale emesso dall’autorità giudiziaria turca, che lo considera un elemento di spicco appartenente a un’organizzazione criminale responsabile di 19 tra omicidi e tentati omicidi, commessi tra il 2019 ed il 2020, nel suo Paese d’origine.

Per la Corte di Appello di Bologna, però, come riporta l’Ansa, non sussistono le condizioni per accogliere la richiesta di estradizione avanzata dalla Turchia. Revocata anche la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel Comune di Crotone – dove un amico aveva dato la disponibilità ad accoglierlo – che era stata disposta nei confronti del 38enne, difeso dagli avvocati Matteo Murgo e Antonio Buondonno.

Pesanti le accuse a suo carico: omicidio, lesioni, minacce, associazione a delinquere e violazione della legge sulle armi. Boyun, rintracciato in un 4 stelle di Rimini, aveva sostenuto di essere in realtà un perseguitato politico curdo, che aveva già chiesto protezione internazionale all’Italia. La difesa – sempre secondo quanto riportato dall’Ansa – aveva depositato una documentazione di Amnesty e Human Right Watch sul trattamento riservato in Turchia ai detenuti politici e dettagli sulle aggressioni subite dal suo assistito e dalla sua famiglia, che lo avrebbero portato a trasferirsi in Georgia.

Secondo i giudici della Corte bolognese non ci sono gli estremi per concedere l’estradizione: le rassicurazioni fornite dall’autorità giudiziaria turca sulle condizioni detentive cui sarebbe sottoposto Boyun non valgono a superare i seri rilievi formulati da organizzazioni accreditate. Peraltro la Corte ricorda i parametri individuati dalla Cedu sullo spazio minimo individuale che deve essere assicurato a ogni detenuto (pari o superiore ai tre metri quadrati) e sottolinea come, da quanto ricostruito dalle relazioni ricevute dalla Turchia, è probabile che la superficie minima vitale scenda al di sotto di quei parametri, almeno nell’istituto di massima sicurezza.