Indietro
menu
Ricevuto/pubblichiamo

Santuario di Valliano, i timori del Comitato. Lettera al Papa

In foto: il Santuario di Valliano
il Santuario di Valliano
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 5 minuti
lun 2 gen 2023 17:37 ~ ultimo agg. 17:38
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 5 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Timori sul futuro del Santuario di Valliano, nel comune di Montescudo-Montecolombo. Ad esprimerli, amareggiato, il comitato che dal 1980 in assenza di un parroco in loco si è preso cura della chiesa, ha organizzato iniziative e ha contribuito alla sua riqualificazione. 20 coppie lo scorso anno vi hanno celebrato il matrimonio mentre nella canonica è stato realizzato  il Museo Etnografico della Civiltà Contadina del territorio in accordo con amministrazione e Curia. Recentemente però, spiega il comitato, qualcosa è cambiato e col nuovo parroco di Montescudo sono venute meno sintonia e collaborazione. Fino ad arrivare alla lettera giunta a fine 2022 dall’Economato della Diocesi e alla riconsegna delle chiavi da parte del comitato che ora teme per il futuro del Santuario se non ci sarà nessuno a prendersene cura. Da qui la decisione di scrivere a Papa Francescoper manifestare il nostro dispiacere e metterlo a conoscenza di questa situazione” spiega il Comitato. “Noi vogliamo credere che quel bene che ci hanno insegnato e nel quale siamo cresciuti, continui ad esistere” conclude – “Che quel cammino iniziato tanto tempo fa abbia lasciato un segno e una traccia verso il prossimo e la fede, quella fede e quella condivisione nella quale siamo cresciuti, sperando possa continuare a vivere e coinvolgere e si tramandi a chi verrà dopo di noi”.

La nota del Comitato di Valliano

Ci sono luoghi che non possono e non devono cambiare, perché sono il paradigma dell’evoluzione di un intero paese, della sua gente, covata, cresciuta e nutrita nel grembo della terra e della fede. Valliano, nel comune di Montescudo-Montecolombo, è uno di questi. Fin da piccoli il nostro punto d’incontro non è stato il bar, ma la nostra chiesa, una piccola chiesa di campagna dedicata a Santa Maria Succurrente, una Madonna con i capelli veri e gli abiti donati e cuciti dalle fedeli del paese. Una comunità che in noi ha sempre evocato e rappresentato l’umiltà e il fervore di un presepe. Sui vent’anni, nel 1980 per la precisione, non essendoci più un parroco in loco e un crescente stato di abbandono, decidemmo di formare un gruppo per prenderci cura della chiesa e continuare le tradizioni cristiane da sempre molto radicate e sentite (in primis l’antica festa della Madonna che si celebra il 15 di agosto). Fin da subito l’intento è stato recepito, crescendo negli anni di notorietà, coinvolgimento e partecipazione alle nostre iniziative. Questo ci ha spinto a continuare e celebrare anche altre feste della tradizione cristiana del luogo. Ogni introito (tutto trasparentemente documentato e dato in visione ai parroci che si sono succeduti e alla Curia) è stato investito nel bene della parrocchia e del Santuario. Si sono acquistati innanzitutto ampi spazi limitrofi per salvaguardare, dare respiro e abbellire il luogo. Si è proceduto al restauro della chiesa esterna che ne aveva più bisogno, quello del campanile quasi pericolante, poi della chiesa interna dove sono tornati a splendere affreschi quattrocenteschi bellissimi che celebrano la maternità di Maria, molti dei quali coperti e deturpati dal tempo e dagli uomini. E’ venuto alla luce sotto il pavimento in graniglia quello originale in mattoni e il perimetro di un sacello medievale su mura addirittura di epoca romana, a testimonianza di una grande antica fede professata e radicata in questo luogo. Tutto ciò grazie a qualche finanziamento pubblico, ma soprattutto al volontariato e alla passione di chi si è speso senza riserve, dedicando il proprio tempo, il proprio lavoro e anche i propri risparmi, nel progetto di questo piccolo gioiello, e mantenere intatta la bellezza di questo luogo Mariano. Infine si è proceduto al restauro della canonica, dove in comune accordo con l’amministrazione e la Curia, è nato il Museo Etnografico della Civiltà Contadina del territorio, unendo così le radici della fede a quelle della gente, in un luogo di memoria unico e suggestivo. E’ infatti visitato, oltre che da gruppi di adulti, da tante scolaresche che scoprono un luogo pieno di opportunità dove si può conoscere, sapere, pregare, imparare, giocare e capire. Abbiamo così rispolverato per questi giovani, iniziative per coinvolgerli, come la mietitura a mano di una volta, la trebbiatura, le visite agli attrezzi, i giochi antichi, e per ultimo la “gara delle caratelle” per farli tornare a pensare con la propria testa e creare con le proprie mani. Dando vita a una comunità viva e pulsante nella quale ci ritrovavamo coinvolti e realizzati perché vedevamo vivere, crescere, e continuare i valori che ci avevano insegnato, indispensabili al corpo, all’anima, e alla vita di ogni persona, come la volontà di adottare tre bambini a distanza per oltre vent’anni. Tutto questo fino a quando, qualche anno fa, venne spostato il parroco della vicina parrocchia di Montescudo, circoscrizione della quale facciamo parte, ed iniziarono i problemi. Con il nuovo parroco non si è mai potuto entrare in sintonia, in collaborazione. E’ venuta a mancare la sinergia che per quarant’anni c’era stata con gli altri parroci, i quali condividevano le iniziative appoggiandoci in un cammino di fede, di comunione e di crescita continua. Nonostante le difficoltà siamo andati avanti, cercando altri parroci e diaconi per celebrare le Sante Messe, le altre funzioni, cerimonie, e feste comandate (solo l’anno scorso il Santuario è stato scelto da 20 coppie per celebrare il loro matrimonio, e si sono svolti diversi battesimi). Ma 42 anni di lavoro e passione che hanno reso quel luogo trasandato al piccolo giardino di oggi, non sono serviti a niente. Non si è riusciti a trovare una soluzione (nessuno è riuscito, o ha provato a trovarla). L’Economato della Curia ha inviato una lettera che è per noi come una sentenza. Così a fine 2022 abbiamo consegnato le chiavi. Il Santuario forse chiuderà, non immaginiamo chi possa continuare a prendersi cura di questo luogo amato. Chi farà le pulizie, chi porterà i fiori e li innaffierà, ripulirà le ragnatele, passerà lo straccio, o farà il Presepe a Natale e le altre iniziative (la festa del 15 agosto, quella di San Pietro, di Sant’Antonio, la Candelora). Chi porterà l’acqua o il vino, chi suonerà le campane, chi guarderà se gli abiti o i paramenti sono puliti e stirati, le candele finite da sostituire o andare a comprare, chi accenderà il riscaldamento o aprirà le finestre. Tutto questo ci riempie di profonda tristezza e delusione. Per questo abbiamo scritto una lettera anche al Santo Padre, per manifestare il nostro dispiacere e metterlo a conoscenza di questa situazione. Noi vogliamo credere che quel bene che ci hanno insegnato e nel quale siamo cresciuti, continui ad esistere. Vogliamo credere che chi si prodiga per gli altri, per aggregare e coinvolgere in una comunione di pace e fratellanza sia nel giusto e non nel torto. Che la serenità serva a ritrovare i confini persi, quelli che scindono il bene dal male, la fede dalla prevaricazione, la carità dall’egoismo. Che quel cammino iniziato tanto tempo fa abbia lasciato un segno e una traccia verso il prossimo e la fede, quella fede e quella condivisione nella quale siamo cresciuti, sperando possa continuare a vivere e coinvolgere e si tramandi a chi verrà dopo di noi.