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nella chiesa di San Martino

Veglia per le vittime della tragedia. Vescovo: l'amore vince la morte

In foto: l'esterno gremito di persone della chiesa di San Martino
l'esterno gremito di persone della chiesa di San Martino
di Simona Mulazzani   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
dom 9 ott 2022 22:25 ~ ultimo agg. 11 ott 09:01
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Dopo due giorni di un tempo sospeso, irreale, dove un doloroso silenzio ha avvolto la città, la comunità riccionese si è ritrovata nella serata di domenica 9 ottobre, insieme per pregare per le sette vittime della tragedia avvenuta nel pomeriggio di venerdì 7 ottobre sull’A4. Lo ha fatto con una numerosissima presenza alla veglia nella parrocchia di San Martino. Colma la chiesa, cosi come il sagrato e le vie limitrofe. A guidare la liturgia della parola il vescovo di Rimini Monsignor Francesco Lambiasi che, con grande delicatezza, ha cercato di portare conforto ai familiari e all’intera comunità, straziata per la perdita improvvisa e drammatica.

All’inizio del momento di preghiera, il vescovo ha invocato la pace del Signore “che possa colmare il vuoto che si crea nel cuore, quando, come ora, si spegne la luce e brancoliamo nel buio. Serve che il Signore riaccenda la luce del cero pasquale, della Resurrezione, una fiammella flebile che può spegnersi facilmente, ma che lo Spirito tiene accesa perché illumini i nostri passi“. “I nostri amici – ha aggiunto il vescovo – ci stanno certamente guardando da qualche balcone, oblo che sicuramente c’è in cielo e pregano per noi, e noi offriamo loro il piccolo dono della nostra presenza. Ci abbracciamo in questo abbraccio di dolore, ma anche di speranza. Non tutto può finire qui”.

Nella omelia al vangelo di Matteo ha poi tenuta accesa la speranza: “Venite a me voi tutti affaticati e oppressi e vi ristorerò – ha esordito il vescovo –. Non sono mie queste parole, perché l’unico che può parlare così è Gesù. Saremmo costretti a disperare se Lui non ci dicesse parole così. Voi che vi siete sentiti rotolati addosso una montagna di dolore, voi che non riuscite a dire parole di conforto a genitori, parenti, amici, ragazzi del centro21, sappiate che Gesù ce le può dire queste parole perché lui ne sa di morte. Gesù è sceso tra noi, nel nostro abisso, ci è venuto a prendere, lui si intende di morte innocente, straziante, tragica. Dall’alto della croce pensa a tutti e a ciascuno. Dio ha ribaltato quel macigno che copriva il sepolcro e il figlio ne è uscito vivente, risorto. Perché l’amore è più forte della morte”. Il vescovo si è rivolto alle mamme, ai papà, ai fratelli, ai nonni dei ragazzi e del carissimo Massimo “con cui, lo dico con gratitudine, ho avuto modo di inaugurare il centro21. Posso dirvi che questa è una parola di consolazione vera perché Lui è il solo che ci può dire io sono con voi tutti i giorni anche in quel 7 ottobre del 2022, a quello svincolo di San Donà di Piave pronto per abbracciarvi e portarvi alla vita che solo amore e luce ha per confine”.

Il Vescovo ha provato a dare risposta a “quella domanda lancinante che vi lacera il cuore: riabbracceremo questi amici, o finisce tutto qua? No, non finisce tutto qua, questo è solo il primo tempo. Li riabbracceremo tutti e ciascuno: Francesca, Rossella, Maria, Valentina, Alfredo, Massimo, Romina, tutti, tutti, tutti” ha ripetuto. “Prego insieme ai parroci di questa città, rimasta sgomenta proprio mentre iniziava a festeggiare il centenario. Siamo qui per fare un pieno di speranza. Sono qui più che a pregare per i vostri figlioli, a pregare per voi perché vi si è scavato dentro un abisso senza fondo e prego perché questa certezza, che in questo momento sembra traballare, di poter abbracciare ancora questi figli e fratelli non si spenga nei vostri cuori. Un giorno capiremo e loderemo perché potremo dire che anche questa volta la morte che è sembrata più forte dell’amore in verità ha subito un’altra sconfitta cocente.

“Coraggio fratelli sorelle, coraggio popolo di Riccione, coraggio fratelli e sorelle nella fede – ha concluso il vescovo – che il signore ci conceda di poter uscire di qui con una speranza più sofferta ma anche più certa”.

Al termine della celebrazione gli sguardi sono commossi, ancora bassi, ma il ritrovarsi insieme è stato un primo, necessario, passo per la comunità per non cedere al dolore e fare sentire la propria vicinanza a chi è nell’abisso della perdita. Il prossimo sarà il giorno del funerale, di cui si attende ancora la data.