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venerdì 26 aprile 2024
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Amarcord biancorosso

Quel Rimini-Carrarese di 40 anni fa, con Sacchi e Orrico in panchina

In foto: Arrigo Sacchi
Arrigo Sacchi
di Icaro Sport   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 28 ott 2022 15:11 ~ ultimo agg. 29 ott 16:03
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Un privilegio di chi ha capelli bianchi è quello di poter pescare in una lunga storia di ricordi. Rimini-Carrarese quasi quarant’anni fa (6 febbraio 1983) fu un inno al calcio. Due zonaioli, Arrigo Sacchi e Corrado Orrico, si affrontarono mentre il mondo del calcio aveva ancora poca dimestichezza con pressing e zona.

Vinse il Rimini 2 a 1, la risolse Pecoraro all’ultimo tuffo dopo che dalle tribune si ebbe la netta sensazione che quei lampi di calcio visti nel pomeriggio del “Neri” stavano trasmettendo un’idea di futuro.

Una vittoria che al Rimini servì ad avvicinarsi alle prime posizioni e che ancora oggi Arrigo Sacchi si appunta sul petto, perché fu uno dei primi esami superati dopo le esperienze alla Primavera del Cesena. Battere Corrado Orrico fu per lui una soddisfazione enorme.

Era una squadra, quel Rimini, abbracciata dai tifosi come poche altre. La pensione da Quinto, dove tanti giocatori alloggiavano, era quasi una tana aperta a serate di chiacchiere e buona cucina.

C’era il colonnello Petrovic, uomini di esperienza come Giordano Cinquetti, poi i soldati di Arrigo, Bianchi e Zoratto, un De Napoli tuttocampista e quel demonio di Gianluca Gaudenzi che mandava ai matti tutti i difensori col suo pressing indiavolato. Sarebbero da citare tutti, perché quella squadra che subentrò ad una retrocessione sanguinosa a 36 punti dalla B, ebbe quasi il potere di far dimenticare l’oltraggio subito da una classifica che mai più avrebbe condannato altri con quei punti.

C’era un centrocampista dal gol facile come Zannoni. Insomma, una squadra che faceva innamorare perché correvano tutti come dannati e poi il profeta in panchina sperimentava un sistema di gioco innovativo, che peraltro avrebbe modificato in futuro.

Era un 4-3-3 con esterni d’attacco non ‘profondi’ ma che entravano in campo per dar man forte al pressing ossessionante, c’era ancora un barlume di ‘libero’ perché a Melotti non si poteva chiedere di stare in linea nella fase difensiva.

Fu un campionato che poi vide il Rimini calare parecchio in primavera. La leggenda racconta che quel ritiro a Carpegna a metà stagione in realtà uccise i muscoli dei giocatori. Un ritiro in mezzo al campionato, durissimo. Fu il prezzo da pagare alle sperimentazioni di Sacchi, che era agli albori di una carriera che lo portò a rivoluzionare il calcio italiano e non solo. Il doppio allenamento, ad esempio, coi vecchi che sbuffavano un bel po’. Pare di sentirlo ancora oggi, Zelico Petrovic. Oppure seguire gli allenamenti dalle tribune, chiedere il video della partita da far rivedere o interrogare i giocatori su quante giocate positive avevano fatto durante la gara. Oggi vien da ridere, ma è motivo d’orgoglio ricordare che il “Neri” fu teatro dell’alba del calcio nuovo.

Arrigo e Corrado si sarebbero ritrovati più avanti, quando l’Inter prese Orrico quasi per rispondere al Milan di Sacchi con la stessa idea di stravolgere un copione storico.

Ma il Milan è storicamente elegante, l’Inter altrettanto storicamente catenacciara e contropiedista, quindi con Orrico non funzionò.

Cesare Trevisani