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non serve 'resistenza'

Sadegholvaad. Il PD ha perso, ora dal 'partito dei sindaci' a quello 'delle città'

In foto: Sadegholvaad al voto
Sadegholvaad al voto
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
lun 26 set 2022 11:05 ~ ultimo agg. 12:34
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Nel suo commento al voto della politiche il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad parte dall’ammissione del successo del centrodestra: “Senza dubbio. Con un astensionismo record, ma il Paese ha scelto. Tocca al centrodestra governare e in particolare a Fratelli d’Italia, l’unico partito che ha incrementato sensibilmente i propri suffragi. Gli altri, chi più e chi meno, hanno perduto tutti rispetto al 2018. Poi è vero che le attese erano diverse e c’è chi può dirsi contento o non contento dell’esito”.

“Avevo già detto nei giorni scorsi che se avesse vinto il centrodestra a trazione FDI non saremmo dovuti andare in montagna a fare la resistenza – prosegue il sindaco di Rimini – È un modo sbagliato di giudicare quanto accaduto ieri con il voto; basta guardare cosa succede in Europa e nel mondo con la virata a destra di diversi Paesi dalla lunga storia socialdemocratica. Ed è stato un modo sbagliato di affrontare la campagna elettorale da parte del PD, evocando come collante programmatico una resistenza ‘contro’. Detto questo, tocca a Giorgia Meloni governare e, da sindaco e da italiano, mi auguro che lo faccia subito e bene. Le risposte che attende il Paese già nell’arco delle prossime settimane sono così grandi e così importanti che l’atteggiamento di tutti deve essere responsabile e istituzionale. Qualcuno nei giorni precedenti al voto ha parlato di ‘resistenza delle città’ contro un eventuale governo di centrodestra. Sbagliato, sbagliatissimo. Adesso davanti vanno messe le bollette, l’inflazione, la questione energetica, la collocazione internazionale dell’Italia e non ‘rivincite’ politiche da prendersi. Questo sì che non sarebbe capito e allontanerebbe ancora più gli elettori da un campo della politica sempre più abbandonato”.

Per il Partito Democratico, ora si apre una fase delicata ma che Sadegholvaad auspica venga affrontata con responsabilità: “Spero di non assistere nelle prossime ore al processo al leader, al capro espiatorio da sacrificare per nome e per conto di una moda che ogni volta spinge il nostro campo a cercare l’uomo o la donna della provvidenza. Negli ultimi anni è già accaduto almeno 6 volte e abbiamo bruciato via via 6 guide… E spero che questo non sia ancora più paradossalmente accelerato dalla vittoria di Giorgia Meloni: non vorrei che anche nelle fila del PD, guardando a quanto accaduto, non ci si convinca ancora di più che serva solo una leadership più convincente e accattivante. Sinceramente mi sono stancato di costruire la casa dal tetto”. “È chiaro che per il PD questa sia stata una sconfitta netta, inutile girarci attorno. È stata una sconfitta tattica, perché non abbiamo capito il senso del Rosatellum e dunque ci siamo lasciati clamorosamente sorprendere dalla partita delle alleanze, ed è soprattutto un vulnus strategico. Guardando ai risultati e applicando ad essi la logica del Proporzionale, vedremmo come un ‘campo largo’ delle forze progressiste se la giocherebbe all’ultimo voto con il centrodestra, con discrete possibilità di farcela. Vuol dire che in Italia uno spazio per un discorso e per politiche che coniughino giustizia sociale e sostegno strutturale all’economia c’è, eccome. Ma poi viene il resto e cioè la capacità di coagulare tutte queste forze in uno spazio che non sia caratterizzato prima di tutto da una figura messianica ma da messaggi chiari su economia, burocrazia, ambiente, scuola, giovani. Non si tratta quindi di tessere da oggi una alleanza di vertice con i 5Stelle o con il terzo Polo ma di trovare assieme le ragioni, un programma e una linea chiara e proporle al Paese con estrema chiarezza”.

Serve, per Sadegholvaad, anche un cambio di approccio, dal partito ‘dei sindaci’ a quello ‘delle città’: “La politica è anche fatta di carne e sangue e dunque di convenienze e calcoli di partito e anche personalismi che diventano barriere insormontabili. Io dico questo: lo stesso territorio, la provincia di Rimini, che ieri ha premiato Fratelli d’Italia e il centrodestra, negli ultimi 12 mesi ha votato per 3 amministrative pesanti come Rimini, Cattolica e Riccione. E in queste 3 città ha vinto il centrosinistra a forte connotazione civica. A livello locale si riesce a comporre quel quadro che a Roma per mille motivi non si riesce più da anni, prigionieri dei propri fantasmi e probabilmente di una non sufficiente capacità di comprendere non tanto un meccanismo elettorale ma i profondi cambiamenti in cui si sta girando il mondo intero. Non mi piace l’espressione ‘il partito dei sindaci’ perché dà ancora una volta l’idea che si tratti solo di individuare una personalità più forte o più attrattiva per i media. Mi convince di più l’idea di un partito delle città, inteso come capacità di esprimere alleanze sociali e di comunità per proporre concretezza nel quotidiano e in prospettiva. Si può mutuare a livello nazionale? Non so, capisco che tutto sia molto più complicato in un Paese che peraltro ha fortissime differenziazioni politiche tra un’area e l’altra, pensiamo solo in tal senso ai 5 Stelle. Ma da qualche parte bisogna cominciare e quella parte sono le città, non tanto o non solo i sindaci”.

Sulla sfida Gnassi-Morrone che è stato il tema principale della breve campagna elettorale: “Innanzitutto faccio i complimenti a entrambi, e a tutti i candidati comunque, perché da eletti a Roma spero e credo portino avanti le ragioni e le istanze di un territorio che oggi non chiede ma offre una ‘best practice’ per l’Italia intera. Andrea ha fatto una campagna eccezionale e passionale nel tentativo impossibile di conquistare un collegio dove nel 2018 si era già marcato una differenza di quasi 17 mila voti a favore del centrodestra. Le dinamiche nazionali hanno sovrastato qualunque altro discorso. Basti pensare solo che di tutti i Comuni della Provincia di Rimini, e sono 27, solo a Rimini e a Santarcangelo il PD è il primo partito: negli altri ha prevalso sempre e comunque Fratelli d’Italia, che solo 4 anni fa era il 4 o quinto partito”.