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tragedia sfiorata a rimini

Massacrò la moglie a colpi di mattarello: "Voleva ucciderla". Nessuno sconto in Appello

In foto: il mattarello portato in aula dal pm
il mattarello portato in aula dal pm
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 8 nov 2021 12:55 ~ ultimo agg. 17:00
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Nessuno sconto in Appello per l’uomo che due anni fa massacrò la moglie a colpi di mattarello fratturandole entrambi gli arti superiori. I giudici bolognesi hanno confermato la condanna di primo grado a 8 anni e 10 mesi di reclusione per tentato omicidio inflitta dal giudice dell’udienza preliminare di Rimini, Vinicio Cantarini, lo scorso 17 febbraio. Per il pubblico ministero riminese Davide Ercolani, titolare dell’inchiesta, che aveva chiesto una condanna a 14 anni di reclusione, l’imputato voleva uccidere. A riprova della tesi accusatoria ci sono i 40 giorni di prognosi per la frattura di entrambi gli arti superiori, come sottolineato nella perizia medico legale della Procura Pieri Paolo Balli: il colpo sferrato alla testa, all’altezza della tempia, se fosse andato a segno avrebbe potuto ucciderla.

Era il 21 ottobre del 2019 e all’interno dell’appartamento della coppia a Rimini successe il finimondo. L’uomo afferrò un mattarello in legno, lungo un metro con un diametro di sei centimetri, e si accanì contro la moglie, colpendola più volte all’altezza della testa. La donna, si rannicchiò in un angolo e mise le braccia a protezione del capo, come a formare una sorta di scudo. La violenza del coniuge fu tale da spezzarle entrambe le braccia. La polizia, poche ore dopo, rintracciò il marito, un operaio albanese di 42 anni (vengono nuovamente omessi i dettagli che possano rendere anche indirettamente identificabile la parte offesa e i minori coinvolti della vicenda), e lo arrestò. Fu un episodio occasionale di un uomo che perse la testa in preda alla gelosia, era stata la tesi della difesa, che ha sempre sostenuto come il marito, quella sera, volesse semplicemente distruggere il cellulare della donna per costringerla a smettere di parlare con un amico: “Nessuna intenzione di ucciderla”. In realtà la vittime non ce la faceva più a sopportare le continue vessazioni fisiche e psicologiche da parte di quel marito manesco, spesso ubriaco e fuori controllo. Temeva per l’incolumità dei suoi bambini e l’unico modo per proteggersi e proteggerli era andarsene.

La Corte d’Appello ha anche confermato il risarcimento danni, quantificato in 60mila euro, nei confronti della parte offesa costituitasi parte civile assieme alla sorella, attraverso gli avvocati Fiorenzo e Alberto Alessi. Tremila euro, invece, quelli per l’associazione antiviolenza Gens Nova Onlus, rappresentata dall’avvocato Elena Fabbri. L’operaio albanese, difeso dall’avvocato Massimiliano Orrù, è tuttora rinchiuso in carcere.