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Indino: agire ora

Commercio in crisi: molte imprese risultano attive ma sono già chiuse

In foto: Repertorio
Repertorio
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mar 23 feb 2021 14:34
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In Italia tra il 2012 e il 2020 sono spariti 77mila negozi in sede fissa, con una riduzione del 14%; al contrario cresce dell’8,8% il numero di attività di alloggio e ristorazione. In provincia di Rimini, nello stesso intervallo, il saldo delle imprese di commercio al dettaglio è negativo di 237 unità, con un calo di 129 in periferia e un’incidenza percentuale di -9.85%, rispetto all’area centrale (-108 unità, -13.32%). E’ quanto emerge dallo studio “Imprese e Città” dell’Ufficio Studi Confcommercio. Nel riminese pesano particolarmente sul saldo negativo le chiusure di esercizi specializzati in altri prodotti non alimentari (-158) quali abbigliamento, calzature, pelletteria, cosmesi, profumeria, fiori e piante, gioiellerie, mobili per ufficio, ottica e fotografia e dei negozi specializzati in articoli culturali e ricreativi (-40) come supporti musicali, giocattoli, articoli sportivi, libri e giornali.
Per quanto riguarda le aziende del turismo, si abbassa la quota degli alberghi chiusi: -19 in zona centrale con un’incidenza del -6,03% e -39 al di fuori, con percentuale del -5,28%, mentre tengono le altre tipologie come bar e ristoranti (+29).

La ricerca della Confcommercio si sofferma poi sugli effetti della pandemia. Nel 2020 si stima in Italia una riduzione di oltre 300mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi, di cui circa 240mila esclusivamente a causa della pandemia. Straordinariamente basso però il tasso di cancellazione: la media tra 2015 e 2019, infatti, è di 350.000 imprese cancellate, nel 2020 è di 308.000. “Quest’anno i dati dell’indagine dell’Ufficio Studi risultano fin troppo positivi – spiega il direttore di Confcommercio della provincia di Rimini, Andrea Castiglionima ciò accade per un fenomeno che realisticamente dobbiamo addebitare ad una ‘ibernazione’ del tessuto produttivo, dovuta al blocco dei licenziamenti, al massiccio ricorso alle forme di Cassa integrazione e alle promesse di ristori. Molte imprese dunque sono già chiuse, nel senso che pur rimanendo iscritte ai registri non operano e non opereranno mai più, con un riflesso statistico che si avrà probabilmente nei prossimi trimestri”.

La stima elaborata per il 2021 da Confcommercio per le zone centrali è allarmante: nell’anno in corso si prevede in Italia la chiusura del 17,1% delle imprese di commercio al dettaglio (con maggiore incidenza per i negozi di abbigliamento con un -19,7%) e del 24,9% delle imprese di alloggio e ristorazione, dove a trainare il dato al ribasso sono bar e ristorazione (-27,2%).

Da questo quadro emerge la prova che le nostre città stanno morendo – dice il presidente di Confcommercio della provincia di Rimini, Gianni Indino. Le imprese sono in ginocchio e la gestione della pandemia così come è stata portata avanti finora non le ha aiutate a sopportare il periodo di emergenza. Continuiamo a chiedere aiuti reali e congrui, che consentano al nostro tessuto economico, ma anche sociale, di non implodere. Ancora una volta ci siamo trovati in zona arancione da un momento all’altro, ancora una volta siamo figli dell’incertezza, ancora una volta siamo a evidenziare le grandi difficoltà di sopravvivenza di commercio al dettaglio e pubblici esercizi. Se ieri il quadro era caratterizzato da meno commercio e più turismo con una rilevante dinamicità delle attività di pubblico esercizio, domani probabilmente sarà meno commercio e meno turismo, con inediti problemi di equilibrio nella vita sociale dentro le città. I dati e le previsioni non ci stupiscono: il rischio più che mai concreto è che il report 2021 fotograferà un quadro ancora più preoccupante. Per questo bisogna agire ora, sostenendo le imprese colpite pesantemente dal lock down e introducendo finalmente una giusta web tax che risponda al principio ‘stesso mercato stesse regole’. Imprescindibile inoltre un urgente piano di rigenerazione urbana per rilanciare i valori identitari e sociali delle nostre città”.