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“Sl’è nota us’ farà dè

Il violino di Mecozzi sul tetto di Rimini. L'omaggio a Beethoven

In foto: Mecozzi
Mecozzi
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mer 16 dic 2020 15:55 ~ ultimo agg. 17 dic 21:05
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Dal punto più alto della città di Rimini, il tetto del grattacielo, il violinista Federico Mecozzi ha proposto una versione inedita dell’Inno d’Europa dalla Nona Sinfonia di Beethoven, in occasione dei 250 anni dalla nascita del musicista e compositore tedesco. Nel giorno dell’uscita mondiale del brano su tutte le piattaforme digitali, con la Warner Music Italia, Rimini si affianca per dare un semplice e forte messaggio di speranza.

Il video, che propone una carrellata di cartoline della città in versione natalizia, è stato registrato nel passaggio dalla notte al mattino, in tema con lo slogan delle iniziative di fine anno a Rimini, “Sl’è nota us’ farà dè”. Se è notte, si farà giorno.
Ad esibirsi con Federico Mecozzi anche i suoi musicisti: Anselmo Pelliccioni (violoncello), Veronica Conti (violoncello), Cristian Bonato (produzione, synth, harmonium), Stefano Zambardino (pianoforte, synth), Massimo Marches (chitarra, synth), Tommy Graziani (percussioni). Il brano interpretato da Mecozzi e dai suoi musicisti è da oggi disponibile su tutte le piattaforme digitali.

“Proprio in questo buco della storia – commenta il Sindaco di Rimini Andrea Gnassiin una evoluzione possibile dei prossimi giorni ancora più limitante di una vita normale, è necessario in ogni modo stringersi come comunità e provare a vedere un orizzonte e una luce. Beethoven considerava la musica come l’arte più nobile ed elevata per poter esprimere l’inesprimibile. Come oggi, dove immaginare speranza sembra quasi impossibile. Beethoven scrisse questa musica quando ormai era completamente sordo, e questo, invece di abbatterlo, lo ha spinto a scrivere una musica, diventata l’inno d’Europa, che trasmette forza e umanità. Oggi che siamo tutti fragili, colpiti al cuore, Rimini vuole mandare un semplice messaggio. “Sl’è nota us’ farà dè”. Prendiamo il messaggio che i nostri vecchi, cioè le nostre radici, cioè la nostra terra, ci hanno trasmesso anche in tempi di rovina e distruzione: provare a tenere duro è un modo per provare a uscirne insieme. Un messaggio di fratellanza e solidarietà in questo tempo sospeso”.

«Beethoven – sottolinea l’artista – scrisse l’Inno alla Gioia -contenuto nella Nona Sinfonia quando era già completamente sordo e in un momento di profonda crisi esistenziale, quasi come una reazione spirituale a ciò che stava vivendo, uno slancio verso l’amore e la gioia universale. Questo brano, che ho voluto rivisitare con totale umiltà ma anche con il giusto coraggio che occorre avere quando si toccano certi capolavori, vuole proprio essere un augurio di luce in questo presente di crisi e sordità».