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Nei giorni del coronavirus

Libertà e responsabilità; oltre le leggi e le sanzioni

In foto: Io resto a casa
Io resto a casa
di Andrea Turchini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
ven 20 mar 2020 15:04 ~ ultimo agg. 15:05
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Siamo alla vigilia di nuove restrizioni e del prolungamento di quelle precedenti.
Da più parti si invoca la responsabilità personale per il bene comune che si sintetizza nell’invito a rimanere a casa.
D’altra parte ci arrivano continuamente notizie di persone che trasgrediscono le normative per motivi che a noi paiono futili, ma che li hanno portati a considerare che le loro esigenze non potessero essere limitate.

Certo potremmo fare una bella predica sull’individualismo, sulla inciviltà degli italiani, sul menefreghismo… ma non sono convinto che le invettive servano a molto.
La questione che affrontiamo, oltre che tematiche di educazione civica, evoca anche un atteggiamento spirituale: se io, infatti, rimango convinto che il mio bene valga più di tutto e che la mia libertà non possa essere limitata in alcun modo, cercherò in tutti i modi di aggirare le prescrizioni ed evitare le sanzioni, perché quello che io riconosco come il mio bene, risulterà irrinunciabile per me.

C’è un passaggio molto forte della Prima lettera ai Corinzi (capp. 8-9), dove san Paolo affronta questo tema della libertà individuale e del bene comune.
La questione affrontata da Paolo è molto lontana per noi e per la nostra cultura, e riguarda la possibilità, per i cristiani, di cibarsi delle carni che erano state immolate agli idoli nei templi pagani. Poiché questa prassi, di per sé lecita, era di scandalo per qualcuno dei cristiani di Corinto, Paolo invita ad usare la propria libertà per garantire il bene dei fratelli, non come un obbligo da imporre dall’esterno, ma come un atto d’amore che ogni credente ha la possibilità di compiere per il bene del fratello più debole.

Credo che ci siano molte somiglianze nella circostanza attuale.
Bene fa lo Stato a definire delle regole e anche a stabilire sanzioni per chi le trasgredisce. Ma noi sappiamo che la norma ha principalmente un valore educativo. Lo Stato non avrebbe la forza di far rispettare la norma se, paradossalmente, tutti trasgredissero. La norma funziona solo se la maggioranza dei cittadini la riconosce come un riferimento che difende un valore e un bene comune.
La questione ci interpella dunque, anche sul piano morale e spirituale.
Perché io posso limitare la mia libertà? Chi mi può obbligare, se non la mia coscienza e la mia volontà di compiere un bene, che non sia solo il mio bene?
Come la mia libertà si trasforma in responsabilità che mi assumo nel compiere un bene più grande, per il quale la mia libertà viene sacrificata del tutto o in parte?
Queste sono domande molto importanti che, coloro che hanno l’autorità di governo a tutti i livelli, dovrebbero allegare alle norme promulgate, perché chi ha la responsabilità e l’autorità del governo svolge anche una funzione educativa nei confronti del popolo, funzione che non si esercita attraverso la demagogia – come purtroppo siamo stati abituati-, ma attraverso l’autorevolezza e la capacità di indicare il bene comune, affinché ognuno possa mettere in atto le modalità che possiede per perseguirlo.

Mi ha molto colpito (e stupito) la scelta rapida che la Chiesa Italiana ha compiuto, tramite i suoi vescovi, nell’assumere le normative di prevenzione della diffusione del virus. Non è stata una scelta scontata e neppure condivisa universalmente. Tanti esponenti autorevoli si sono ribellati ed hanno fortemente criticato questa scelta, considerandola una resa acritica e improvvida.
Io, personalmente, l’ho condivisa e la condivido, come un grande atto d’amore al nostro popolo, anche nella consapevolezza piena di ciò a cui liberamente rinunciavamo: la messa, i sacramenti, la possibilità di vivere la nostra dimensione ecclesiale. Un atto d’amore: questo ci viene chiesto, e solo per questo possiamo accettare di limitare la nostra libertà personale ed ecclesiale.

Noi cristiani italiani, come tutti invitati a restare a casa, sapremo esprimere e testimoniare questo atto d’amore, che ci chiede di limitare la nostra libertà?
Saremo esemplari in questa generosità come lo siamo e lo siamo stati in altri atti di generosità?
Sapremo testimoniare che non abbiamo bisogno che qualcuno intervenga a sanzionarci, perché da soli abbiamo compreso il valore di questo gesto e lo assumiamo come una scelta che testimonia la nostra responsabilità?

Ama e fai ciò che vuoi“, diceva Agostino. Questa è la nostra vera libertà: l’amore.
Saremo capaci di testimoniarlo?

Dal blog Tecnodon