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Valmarecchia e Valconca

Santi: unioni in grave crisi, superare pigrizia

In foto: Riziero Santi
Riziero Santi
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
dom 3 feb 2019 16:46
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Il presidente della provincia Riziero Santi interviene sulle due unioni presenti sul territorio: Unione Valmarecchia e Valconca. Santi non nasconde la grave crisi che i due enti stanno attraversando, da imputare, a suo dire, a diversi fattori: politico, culturale e funzionale. Convinto che le imposizioni dall’alto siano poco funzionali a superare le difficoltà invita i sindaci e non lagnarsi e a provare a vincere la pigrizia.

L’intervento di Riziero Santi

Le due “Unioni dei comuni” presenti sul territorio della provincia di Rimini, Valmarecchia e Valconca, attraversano un momento di grave crisi. Le ragioni di questa crisi sono di natura politica, culturale e funzionale.

1. Le ragioni politiche. Il fatto che le diverse amministrazioni comunali che aderiscono alle unioni si siano col tempo disallineate, ed appartengano oggi ad aree politiche diverse, costituisce sicuramente un freno per ente l’Unione. In parte legittimamente, perché vi sono disegni politici diversi, ed in parte strumentalmente, perché le diversità vengono giocate spesso in chiave elettorale. Ognuno tira l’acqua al suo mulino insomma, e l’avvicinarsi delle scadenze elettorali non aiuta ma complica la situazione.

2. Le ragioni culturali. Le “disunioni” sono purtroppo figlie dei nostri tempi. Oggi non vanno di moda unioni, coesioni, collaborazioni. Nel paese si è fatto strada una certa cultura sovranista che per definizione si oppone al trasferimento di poteri e di competenze e che in politica si traduce in istanze di tipo autonomistiche ed indipendentistiche. Questa cultura nel locale spinge sul fronte dei municipalismi e dei campanilismi.

3. Le ragioni funzionali. Negli anni le Unioni hanno assunto più le sembianze di armadi di funzioni delegate piuttosto che di forme gestionali efficienti ed efficaci di servizi strategici per la popolazione. Si sono collezionate convenzioni che istituivano funzioni associate sulla carta senza le strutture adeguate, senza trasferire le risorse economiche e umane necessarie, senza costruire quel rapporto virtuoso fra amministratori e cittadini che fanno sentire le istituzioni come proprie. A poco è valso l’impegno degli apparati, spesso lasciati soli. Tutto ciò ha determinato tensioni e disaffezione negli utenti dei servizi e negli amministratori comunali, che guardano all’ente Unione con preoccupazione e con insofferenza. In Valmarecchia comuni come Novafeltria e Pennabilli prendono le distanze dall’Unione, ritirano consiglieri, meditano uscite. In Valconca comuni come Morciano e Montefiore le distanze le hanno già prese da tempo e cresce costantemente il malessere negli altri comuni. Gli apparati di entrambe gli Enti manifestano sempre più apertamente il loro disagio ad operare.

La Regione Emilia-Romagna ha fatto di tutto per assecondare e favorire le Unioni, sia dal punto di vista normativo che finanziario, indirizzando ed incentivando le forme associate. Da ultimo un Prt 2019 che stimola la progettualità con l’istituzione della figura del temporary manager. Tuttavia anche questo ulteriore provvedimento rischia di essere una soluzione che, proprio perché calata dall’alto, non produce i risultati attesi. E’ necessario ripartire da un salto di qualità nelle scelte di governo locale: tornare al pensiero lungo, rimettere a punto la strategia, ma è anche necessario riflettere sull’assetto istituzionale. Dobbiamo porci domande serie. E’ il caso ad esempio di continuare a finanziare un assetto istituzionale rigido basato sulle Unioni, oppure è preferibile e più efficace la forma associativa flessibile impostata sull’istituto della “convenzione”? Dove e come è più opportuno che si articoli la funzione politica, di indirizzo e coordinamento, rispetto a quella gestionale, con connotazioni sostanzialmente tecniche? Come si gestiscono i processi decisionali, e come si garantisce la partecipazione degli amministratori comunali e dei cittadini ai processi decisionali stessi? Insomma, intendo dire che se i cittadini hanno ragione di lagnarsi gli amministratori, a partire dai Sindaci, no. L’Unione infatti siamo noi, non è una entità terza, e dobbiamo ripartire da noi, al di là delle appartenenze politiche. Abbiamo il dovere di superare una certa pigrizia e tornare a pensare, pianificare, progettare. Insieme, guardando all’interesse collettivo piuttosto che a quello di parte.