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Coriano Nazionale

Il ministro Fontana a San Patrignano: "cannabis light, stiamo monitorando"

In foto: il ministro a San Patrignano
il ministro a San Patrignano
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 7 minuti
gio 11 ott 2018 14:34 ~ ultimo agg. 13 ott 14:29
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“La droga fa schifo”. Non ha usato mezzi termini il Ministro alle Politiche per la famiglia con delega alla droga, Lorenzo Fontana, oggi a San Patrignano in occasione della seconda giornata dei WeFree Days. Il Ministro ha aperto il forum “Da 40 anni recupero, prevenzione, educazione: eroi o folli?” che riprendeva l’anniversario stesso della comunità.

[fvplayer src=”https://youtu.be/p7e-hjAljCY” splash=”https://i.ytimg.com/vi/p7e-hjAljCY/sddefault.jpg” caption=”Icaro Tv. Il Ministro Fontana ai WeFree Days di San Patrignano”]

“Stiamo cercando di riattivare il dipartimento antidroga che dovrà fare molta strada anche insieme al ministero dell’Istruzione – ha spiegato il Ministro – Vengo da un quartiere che ha visto molti ragazzi venire qui a San Patrignano, ragazzi che venivano da famiglie difficili, alcuni miei compagni scuola, e proprio perché ho vissuto da vicino questo problema sento l’urgenza di combattere la battaglia contro la droga. Una persona che governa dovrebbe tentare di governare come un padre di famiglia, cercando di evitare che i figli facciano uso di droghe. Se una cosa fa male non capisco come mai dovremmo renderla accessibile. La realtà è che questo crea una sollevazione in una cultura dello sballo. Soprattutto devo dire che combatto questa battaglia perché c’era un ragazzino Andrea, che a dieci anni morì di Aids contagiato dal padre. Andrea era uno dei bambini con cui giocavo da piccolo. La droga fa vittime dirette e indirette e non potrò mai accettare, in nome del mio amico, che altri bambini facciano la sua fine. E’ importante che i ragazzi di San Patrignano ci mettano la faccia per far capire ad altri ragazzi cosa hanno passato e ringrazio la comunità per il lavoro che fa”.

 Il Ministro che ha detto la sua anche in merito ai negozi di cannabis light, alla luce della ricerca presentata ieri a San Patrignano che ha messo in evidenza come da 20-30 grammi di cannabis light sia possibile estrarre una quantità di Thc alterante: “Ho chiesto all’Istituto Superiore di Sanità di vedere lo studio perché servono dei dati per far capire quali sono i pericoli legati alle sostanze vendute nei negozi. Stiamo monitorando la situazione. E’ questa chiaramente anche una battaglia culturale che faremo come istituzione e da realtà come voi che considero fondamentali”.

 A sottolineare l’impegno del Dipartimento politiche antidroga il direttore, Maria Contento: “Fin dall’inizio anche con le poche risorse disponibili l’impegno del dipartimento è stato verso la prevenzione per salvaguardare la salute dei giovani. Per fare questo credo sia necessaria una sinergia tra le strutture che si occupano del problema per affrontarlo dai vari punti di vista. Questo perché legate alle dipendenze ci sono forme di disagio fra le più disparate. Il fenomeno è complesso e richiede un intervento altrettanto complesso che deve superare le frammentazioni promuovendo un sistema reticolare tra pubblico e privato sociale. Ai giovani dobbiamo dare messaggi forti e convincenti per renderli consapevoli della tossicità delle sostanze che mina i rapporti interpersonali e il tessuto famigliare”.

Per Antonio Affinita, direttore del MOIGE, bisogna “lavorare sui cattivi maestri, autori di una sottocultura sul web, sui social, portata avanti da rapper a cantanti che strizzano l’occhio alla droga. Dobbiamo lanciare un grido forte per dire no in tutte le piazze. Non esiste la droga light. Non possiamo accettare le bugie del marketing”.

 Ad alzare la voce rispetto i negozi di cannabis light anche Antonio Tinelli, responsabile della prevenzione di San Patrignano: “Dobbiamo far sentire la nostra voce senza compromessi, la cannabis light ha diminuito la percezione del rischio in Italia. Manca la condanna della società, mancano le istituzioni. Il 98 per cento dei ragazzi che arrivano a San Patrignano ha cominciato con la cannabis. Il marketing delle droghe e della criminalità organizzata sa lavorare benissimo. Oggi la tossicodipendenza ha 14 anni, si muore per overdose a 16 anni. Due i nostri obiettivi: alzare la percezione del rischio, che non può essere garantita nel momento in cui abbiamo la cannabis light, e dare a tutti gli studenti d’Italia la possibilità di essere informati”.

 Il forum è stato però l’occasione anche di approfondire il tema del recupero. A questo proposito è intervenuto Antonio Boschini, responsabile terapeutico di San Patrignano: “40 anni fa Muccioli disse che ‘la tossicodipendenza non si cura con i farmaci ma con l’amore’. Ebbe il coraggio di schierarsi contro le risposte della medicina che già allora proponeva la terapia sostitutiva. La medicina però non ha mai avuto modo una soluzione che non prevedesse di sostituire una dipendenza con un’altra dipendenza. Il recupero è molto più impegnativo della riduzione del danno. Lo vedo tutti i giorni, il percorso è lento, lungo e pieno di insidie, ma dobbiamo aiutare i ragazzi”.

A suo supporto anche David Best, professore di criminologia dipartimento giurisprudenza e criminologia alla Sheffield Hallam University: “La società deve comprendere come le persone recuperate possano essere una risorsa. Nessuno ce la fa da solo, è essenziale avere delle relazioni umane, un contagio del recupero. La speranza è il motore del cambiamento. Più cose fai durante il recupero più il recupero è di successo. Più risorse diamo alle comunità di recupero più la società riceverà contributi”.

Ad effettuare e presentare la ricerca sulla cannabis light è stato nella prima giornata Giovanni Serpelloni, direttore dell’UOC Dipendenze di Verona e attivo anche presso il DP Institute dell’Università della Florida che ha coordinato la sperimentazione effettuata nei tre Istituti di Medicina Legale delle università di Verona, Parma e Ferrara.

 “Il Consiglio Superiore di Sanità si era espresso in merito alla pericolosità di queste sostanze, rimanendo inascoltato – ha spiegato il dottor Serpelloni – Io ho cercato di capire se anche utilizzando la cannabis light fosse possibile estrarre e concentrare il principio attivo Thc in dosi sufficienti per ottenere l’effetto stupefacente”.

Dopo aver studiato le pratiche che i giovani utilizzano per estrarre e concentrare i principi attivi dalle foglie e dalle inflorescenze di cannabis, il dottor Serpelloni, seguendo le indicazioni di un sito internet, ha costruito un estrattore domestico con gas butano (quello per gli accendini o per i fornelletti da campo) di Thc. “Abbiamo sottoposto al procedimento diversi tipi di Cannabis Light. Partendo da dosi di materiale grezzo che oscillavano dagli 8 ai 15 grammi, siamo giunti a estrarre un prodotto con concentrazioni superiori allo 0,6%, limite della legalità. Da calcoli successivi siamo arrivati alla conclusione che con 20-30 grammi di prodotto grezzo si può arrivare ad estrarre un concentrato resinoso di circa  25 milligrammi di principio attivo, dimostrando che effettivamente non servono chili di cannabis light per ottenere un effetto psicoattivo. Un principio attivo che può essere fumato con tabacco, ingerito o diluito in glicole e quindi fumato con le sigarette elettroniche, come sta avvenendo da anni negli Stati Uniti, ma anche qui in Italia da qualche tempo – continua Serpelloni – L’esperimento dimostra che esiste una pericolosità e una possibilità di concentrazione in grado di creare una sostanza farmacologicamente attiva e utilizzabile per fini voluttuari provocando alterazioni neuropsichiche. Tutte le ricerche sia in ambito preventivo che tossicologico mostrano che queste sostanze e questi negozi sono pericolosi per la salute pubblica soprattutto per i giovanissimi – ha concluso Serpelloni – Siamo convinti che sarebbe buona cosa impedire la diffusione di questi negozi e la vendita di queste sostanze senza esitazioni e ritardi da parte delle istituzioni competenti”.

Oggi gli studenti hanno avuto modo di confrontarsi con il cantante Nesli, ma anche con il campione paraolimpico Cassioli, il fotografo Settimio Benedusi e il regista e attore Francesco Apolloni

 “Oggi quando sono arrivato, il fatto di sentirsi parte di qualcosa mi ha attraversato. Questo posto mi ha riempito gli occhi, quanta vita c’è”. E’ rimasto colpito Nesli, rapper e autore di “Andrà tutto bene” che oggi ha partecipato ai WeFree Days.

Nel raccontarsi ai 1500 studenti, Nesli non ha nascosto l’emozione nel partecipare alla giornata: “Provo molta ammirazione per chi ha trovato qui un punto di riferimento. Il motore di tutto è l’amore, sia che tu lo abbia ricevuto sia che ti sia mancato. L’amore ha portato tutte queste persone ad essere qui a San Patrignano, per voler cambiare. La condivisione è alla base di tutto”.

Sul palco assieme a lui il campione paraolimpico Daniele Cassioli, che ha ricevuto anche il riconoscimento WeFree per essere un esempio per i più giovani, e il regista e attore, amico di lunga data della comunità Francesco Apolloni. Daniele ha trovato la forza per reagire alla sua cecità grazie allo sport e lo ha raccontato nel suo libro fresco di stampa ‘Il vento contro’: “Ho iniziato da piccolo a fare sci nautico e ricordo ancora quando per la prima volta al telefono chiesi di farlo e sentii mettere giù la cornetta. Invece poi ebbi la possibilità di mettermi alla prova, mi allenavo con i normodotati e proprio perché ognuno dava il meglio di sé, ci sentivamo tutti uguali. Il mio libro racconta proprio come lo sport ti giudica per quello che sai fare non per quello che non puoi fare”.

“Ogni ferita può essere un’opportunità – ha spiegato Francesco Apolloni, presentando il suo libro ‘Lost in Los Angeles’ –  Non è un caso che il protagonista sia uno chef e trasformi le sue esperienze personali in ricette straordinarie. Avere la capacità di avere qualcuno che ti aiuta a ritrovarti è una gran cosa”.

Proprio da questa energia è rimasto affascinato Giovanni Terzi, conduttore televisivo e autore del libro “Eroi quotidiani”, che ha raccontato cinquanta storie fra cui quella di Federico Toldo, un ragazzo che ce l’ha fatta grazie a San Patrignano e che oggi era al suo fianco: “Alla prima canna dentro di me sentii la sensazione di appartenere a un gruppo. Prima ero in soggezione, in ansia, mentre così non mi sentivo più inferiore agli altri. Per mia fortuna mia madre dopo un po’ di tempo mi portò all’associazione e trovai anche un maresciallo che mi disse che la comunità per me era l’unica strada. Qui ho capito che per stare bene dovevo seguire le mie passioni”.

Chi della sua passione ne ha fatto un mestiere è stato il fotografo Settimio Benedusi, che in questi ultimi anni ha fatto un percorso particolare dopo aver fotografato le donne più belle nel mondo per Sportweek: “Sono rimasto colpito dall’energia positiva di Bebe Vio, una forza incredibile, nonostante tutte le enormi fatiche della sua vita. Una forza che raramente ho visto nelle ragazze che hanno tutto, più abbiamo più ci lamentiamo. Una svolta per me. Con Martina Colombari poi sono stato ad Haiti cercando di raccontare cose meno belle e affascinanti delle donne da copertina. Così da un po’ di mesi ho una tenda da circo con cui vado nei mercati a fare ritratti alle persone, poi li stampo e glieli regalo perché penso che sia importante per loro averli. Questa per me è la fotografia democratica. Sarà meno accattivante ma per me è assolutamente più importante”.

L’evento è sostenuto da Lamborghini Trattori, media partner QN.