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Luciano Marzi e il lavoro dell'accoglienza

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 15 mag 2017 14:46 ~ ultimo agg. 16 mag 17:22
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Attualmente, nelle strutture gestite dalla cooperativa “Madonna della Carità” incaricata alla realizzazione dei progetti di accoglienza della Caritas di Rimini sono presenti in totale 161 persone. Di queste 33 sono inserite nel progetto Sprar, 26 nella zona del Rubicone (Diocesi di Rimini ma provincia di Forli-Cesena) e 18 ospitati nelle parrocchie. Nigeria, Gambia, Senegal, Pakistan, Mali, Guinea, Ghana, Afghanistan, Niger, Sudan, Iraq, Bangladesh,Sierra Leone, Marocco: un mondo in casa nostra.

Abbiamo chiesto a Luciano Marzi, responsabile del Centro servizi Immigrati della Caritas diocesana, di raccontarci il “lavoro” di accoglienza e accompagnamento delle persone accolte. Da più di quindici anni la Caritas diocesana di Rimini si è impegnata nell’accoglienza dei migranti con l’obiettivo primario di rispondere alle necessità umanamente più impellenti di questi fratelli, avendo sempre attenzione anche all’aspetto educativo delle persone accolte affinché siano in grado di contribuire, da protagonisti, a un percorso che possa renderli progressivamente autonomi e capaci di inserirsi pienamente nel tessuto sociale del nostro territorio. In questo processo si è tentato di creare le condizioni più favorevoli per permettere una loro “rinascita” materiale e spirituale, cercando di far emergere la ricchezza culturale, umana e religiosa di cui sono la maggior parte portatori. Nello stesso tempo, si è cercato di sviluppare una “cultura dell’accoglienza” attraverso una presenza educativa sia nell’ambito della comunità ecclesiale, sia all’interno delle istituzioni  coinvolte dal fenomeno della migrazione e chiamate quindi a rispondere fattivamente ai bisogni delle persone che fuggono.

 

Marzi, come si realizza la collaborazione con gli attori istituzionali del territorio impegnati nel governo di questa emergenza?
“Abbiamo aderito all’invito delle Amministrazioni Locali a far parte di tavoli di lavoro e di confronto su questo tema, mettendo a disposizione il nostro punto di vista, le nostre esperienze, il nostro stile; non vorremo mai rinunciare alla possibilità di essere voce di chi non ha voce, facendoci portatori delle istanze e dei bisogni di decine di migranti che chiedono legittimamente di poter vivere nel nostro Paese con dignità e rispetto. Allo stesso tempo, però, è necessario vigilare continuamente per non permettere che si creino atteggiamenti di totale delega da parte delle istituzioni nei confronti di chi, come noi, si impegna quotidianamente con abnegazione per l’emancipazione delle persone da ogni forma di esclusione o di sopruso; allo stesso modo, siamo in dovere di denunciare con fermezza eventuali attività speculative o poco trasparenti nelle modalità di gestione”.

 

Quali sono gli aspetti principali del vostro servizio?
“Innanzitutto cerchiamo di instaurare una relazione positiva e costruttiva, fondata su fiducia e collaborazione nell’individuare i percorsi di aiuto più efficaci da intraprendere. Il fine prioritario è renderli progressivamente consapevoli e preparati nell’affrontare nel miglior modo la seconda parte del loro progetto migratorio, offrendo strumenti adeguati per vivere dignitosamente nel nostro Paese. Per fare questo, è necessario investire tempo e passione, accompagnando e supportando le persone accolte in qualsiasi necessità quotidiana; da un lato si tratta di affrontare e superare gli aspetti laceranti della loro esistenza passata, spesso carica di sofferenza e di drammi; dall’altro di garantire un aiuto paziente e competente nella soluzione delle problematiche più impellenti (il riconoscimento di una forma di protezione, la salute, le relazioni, l’istruzione, ecc.), nell’ottica di costruire un nuovo orizzonte di vita”.

 

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