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Attualità Rimini

Nomadi. Sensoli (M5S): colossale pasticcio; CasaMadiba: c'è chi soffia sulle paure

In foto: Il campo nomadi di via Islanda
Il campo nomadi di via Islanda
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
sab 11 mar 2017 19:36
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Nel giorno della manifestazione del comitato ProRimini in vai Arno (vedi notizia), arrivano molti commenti politici sulla vicenda nomadi e sul progetto relativo alla realizzazione delle microaree. “Una grande opera incompiuta oltre che un colossale pasticcio” commenta Raffaella Sensoli, capogruppo regionale del Movimento 5 Stelle in una interrogazione presentata alla Giunta regionale. “La mancata individuazione delle microaree da parte del Comune di Rimini – dice – è molto preoccupante non solo perché testimonia la totale incapacità di condividere un percorso di confronto con il territorio e di partecipazione, ma anche perché l’esigenza reale che riguarda i campi rom è di gran lunga superiore a quella affrontata dal progetto, visto che nella stessa delibera di giunta si parla di esigenze non quantificate e di un numero di microaree attorno nell’ordine di 10 o addirittura 12. Per questo non è stato possibile assegnare il contributo regionale richiesto, se non per soli 70mila euro limitato alle sole spese correnti e assolutamente insufficiente, visto che ne servono 40mila saranno destinati per il personale impegnato nella mediazione”.
Nella sua interrogazione la capogruppo regionale del Movimento chiede alla Regione di intervenire, sollecitando il Comune a formulare ed attuare un progetto complessivo e definitivo, così da evitare soluzioni abitative diverse da quelle individuate dalla legge del 2015. La Sensoli rimarca anche il mancato coinvolgimento della cittadinanza, “essenziale se si vuole intraprendere un percorso di integrazione. Con incertezze e decisioni prese d’imperio si alimentano solamente paure e divisioni sulle quali alcuni partiti politici stanno facendo leva per aumentare il consenso popolare. Per affrontare una questione delicata come questa serve invece estrema razionalità e massima condivisione con i cittadini per rassicurare chi è preoccupato dalla creazione di microaree sparse per la città”.

Per Gennaro Mauro, consigliere comunale del Movimento Nazionale per la Sovranità, i cittadini dei comitati del No all’insediamento dei sinti all’interno delle microaree non hanno alcun atteggiamento razzista ma “chiedono solo all’amministrazione di trattare i cittadini “sinti” allo stesso modo degli altri riminesi. Senza alcun privilegio”. Mauro invita l’amministrazione ad ammettere di aver sbagliato e a non accusare di scarsa sensibilità sociale chi protesta. “Si adoperi il comune – conclude – per collocare questi cittadini in abitazioni e li faccia seguire dai servizi sociali e psicologi per tutto il tempo necessario per una loro definitiva integrazione”.

Di avviso totalmente diverso invece gli attivisti di Casa Madiba che parlano di una “città egemonizzata da un discorso dichiaratamente discriminatorio e razzista contro una minoranza presente in città, la comunità di famiglie sinti e rumene respinte e rinchiuse per decenni nel campo di via Islanda, non luogo in cui si manifesta da anni l’abbandono istituzionale e lo stigma razzista e spesso stereotipato nei confronti di questi cittadini”. Gli attivisti accusano partiti come Lega Nord e Fratelli d’Italia di fare “mera speculazione politica, soffiando su disinformazione e paure nei confronti delle persone che vivono in condizioni indegne nel Campo di Via Islanda, sinti (45 cittadini italiani residenti, 11 nuclei famigliari) e una trentina di rumeni, che sarebbero esclusi dall’intervento del Comune di Rimini sulle cosiddette microaree, in base alla specificità della Legge Regionale che finanzia e obbliga gli interventi”.
Anche Casa Madiba però critica i modi nei quali la proposta è stata avanzata. “Come sempre l’alto decide violentemente sul basso, senza aprire processi partecipativi indispensabili quando riguardano scelte che impattano su minoranze e comunità da sempre escluse dalla città, dai servizi sociali, sanitari, dal mondo del lavoro, dall’esercizio della piena cittadinanza e quindi anche dalle relazioni di vita e dal tessuto sociale. Le Istituzioni tutte non hanno dato il buon esempio in questi anni. Era necessario promuovere per tempo un percorso complessivo e partecipativo attraverso la promozione di spazi di incontro e dei diritti e dei doveri, l’informazione, il contrasto alla discriminazione, la garanzia di pari opportunità per tutti e tutte, le relazioni, la qualità generale della vita.