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Attualità Rimini

Addio a Giorgio Rosa, l'ingegnere dell'Isola delle Rose. Gnassi: salvare spirito pioneristico

In foto: Giorgio Rosa (wikipedia)
Giorgio Rosa (wikipedia)
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 3 mar 2017 16:17 ~ ultimo agg. 4 mar 08:15
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Si è spento a 92 anni l’ingegnere bolognese Giorgio Rosa, passato alla storia per l’Isola delle Rose: il microstato su una piattaforma nelle acque al largo di Rimini che fu smantellato dopo pochi mesi. I funerali saranno celebrati sabato a Bologna.

Alla figura di Giorgio Rosa il sindaco di Rimini Andrea Gnassi dedica un ricordo che porta a riflessioni sull’attualità. Di quella esperienza, per quanto illegittima, va conservato lo spirito pioneristico e coraggioso.

La storia di Rimini è una storia di visionari. Qualcuno li può chiamare avventurieri, qualcun altro artisti o anticipatori. C’è chi li definisce matti ma nel senso che Steve Jobs diede alla follia e cioè la capacità di guardare la realtà oltre il muro delle consuetudini e delle abitudini. Giorgio Rosa è stato tutto e un po’ di più di tutto questo. Sicuramente un ‘fuorilegge’ nel senso etimologico del termine, costruttore di un abuso edilizio in mezzo al mare e per questo correttamente perseguito dalla Giustizia. Ma nella memoria e nella leggenda riminese non solo Rosa è ancora oggi l’archetipo del sognatore, di colui che si ribella a regole che sanno più di conservazione che di legittimità. Curioso che i giornali dell’epoca, siamo alla fine degli anni Sessanta, riportando le cronache di un caso clamoroso dall’eco internazionale, dessero conto di due ‘partiti’ contrapposti davanti alla questione. Da una parte i ‘legalitari’, forti di argomenti ineccepibili a partire da leggi e codici, e dall’altra gli ‘eretici’ che in nome della libertà, della necessità di liberararsi di lacci e lacciuoli, reclamavano la novità dell’Isola delle Rose anche per ‘ridare impulso’ a un modello turistico che stava battendo in testa (nel 1968…). Il bello è che poi la leggenda, parafrasando un vecchio film di John Ford, ha vinto sulla realtà e la figura di Rosa e della sua creatura hanno mosso nel tempo e muovono ancora ricordi positivi, nostalgia, quasi il senso di una ‘primavera riminese’, stoppata prima dalla burocrazia statale che dalla violenza. Bisogna essere però freddi: la ‘cosa di Rosa’- anche in quella Rimini utopica e distopica in cui simultaneamente si sublimava il vento hippy della California e i vessilli del socialismo reale- era una mostruosità da ogni punto di vista, che non stava in piedi, e che non poteva stare in piedi, al limite riscattabile dal punto di vista del folklore.

Ma quello che va in qualche modo salvato di quella stagione è lo spirito pionieristico, maldestro quanto si vuole ma coraggioso, di figure imprenditoriali che hanno sì fallito per la storia ma che hanno aperto una breccia nel muro del disincanto, del ‘non si può fare’, dell’immobilismo. Ma è una breccia che forse si è richiusa e che ha necessità oggi, più che in quel 1968, di riaprirsi perché davvero quel modello che quasi 50 anni fa pareva scricchiolare, adesso fa sempre più fatica a reggere il peso di tutto. Tiro l’acqua al mulino: Rimini, nel 2017, è davanti a una serie di sfide che per essere vinte hanno bisogno dell’accettazione da parte dell’imprenditoria privata. Penso al Parco del Mare e non solo. Bene, prima dei calcoli e degli interessi, non solo legittimi ma bene accetti, bisogna che chi può e deve si accosti a una nuova stagione di cambiamento con la stessa voglia di rischiare e di rompere schemi di Giorgio rosa. Stavolta rispettando leggi e norme, ma comunque volendo accettare il rischio prima di ogni rischio d’impresa.”


Qualche tempo fa la trasmissione di Icaro Tv Varie ed Eventuali dedicò all’Isola delle Rose una puntata