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Le notizie o le emozioni? C'è posto per tutto in rete

In foto: Dopo varie edizioni in altri paesi europei il news impact summit è approdato quest'anno a Milano
Dopo varie edizioni in altri paesi europei il news impact summit  è approdato quest'anno a Milano
di Serena Saporito   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 10 mar 2016 17:06 ~ ultimo agg. 18:24
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Il 4 marzo scorso sono stata a Milano, al News Impact Summit organizzato da Google e dall’European Journalism Centre. Tra gli speaker c’erano giornalisti provenienti dai più importanti media del mondo, BBC, Washington Post, Al Jazeera.

Tanti, naturalmente, gli spunti interessanti, soprattutto sul tema del coinvolgimento dello spettatore per farlo sentire il più possibile “immerso” nella situazione descritta. Abbiamo già parlato in questo blog delle nuove frontiere del giornalismo immersivo e dei video a 360 gradi, che puntano a far provare la sensazione, per esempio, di trovarsi nella piazza in cui avviene una commemorazione, come a Parigi dopo le stragi del novembre scorso. Anche le voci dal palco del “Nismil” hanno puntato a spiegare come valorizzare i nuovi strumenti che la rete e la tecnologia ci mettono a disposizione per generare l’”engagement”. Molta attenzione, ad esempio, a Periscope, la piattaforma di condivisione video live che vuole far “guardare il mondo con gli occhi di un’altra persona”, come quelli “di un manifestante in Ucraina” recita la mission dell’azienda.

Un reporter di BILD-Zeitung ha parlato di come stia coprendo la crisi dei rifugiati con corrispondenze dalla Grecia usando proprio Periscope in live-streaming sul suo telefono, portando al massimo il taglio personale e il punto di vista soggettivo che le testimonianze in questo modo forniscono. Vice News – la piattaforma di news dal mondo “che va al cuore dei fatti senza mediazioni” ha mostrato alcuni dei suoi reportage dai posti più remoti del mondo e con il suo stile caratteristico, che affronta le storie più potenti senza filtri, attirando l’attenzione anche dei target più giovani. Insomma, creare connessioni con l’audience attraverso l’aspetto emotivo sembra essere l’imperativo, che ha spiegato di seguire anche il Washington Post nei suoi lavori on-line.

Il clima al Nismil, sentendo questi racconti di lavori straordinari spesso fatti con l’agilità sorprendente dei social, era di euforia: della serie “dobbiamo farlo anche noi, assolutamente, è così facile”. Poi, sul palco del summit è salito Massimo Russo, condirettore della Stampa: e le certezze si sono un po’ sfuocate, il clima di euforia è stato stemperato dal tono della prudenza. Il suo era un intervento incentrato sul “rendere le storie complesse facili da comprendere” nella narrazione digitale. Parlando delle contraddizioni con cui ogni giorno devono confrontarsi i giornalisti, Russo ha spiegato come si combatta costantemente tra l’obiettivo di dare un’”impressione” della situazione che si vuole raccontare, ad esempio attraverso lo sguardo di un testimone, e quello di fornire gli strumenti per capire il “contesto” in cui quella situazione si svolge. Un contrasto che alla Stampa si risolve così: per un corrispondente dalla Libia, che fornisce una testimonianza, ci sono altri 9 redattori che lavorano per ricostruire il contesto in cui il conflitto si svolge.

Gli strumenti di racconto immediato, senza filtri, del racconto digitale video, possono fare altrettanto? Questa la domanda, sottintesa, che ha cominciato ad aleggiare nella sala conferenze.
La risposta è ovviamente no. Eppure, dopo un momento di smarrimento, ho elaborato la mia personale risposta: ed è che se non è possibile dare entrambi gli sguardi, soggettivo e di insieme, in ogni singolo pezzo, c’è posto per tutte queste voci diverse nel racconto generale dei fatti che fa la rete. E’ questa secondo me la grande forza del web, che carta stampata e tv non possono uguagliare: è talmente ricca l’offerta di informazioni su uno stesso fatto, che quel che di “contesto” non c’è nel mio straordinario video su periscope, l’utente lo troverà in un altro pezzo on-line che leggerà subito dopo. Tutto in un’unica ricerca, tutto a pochi clic di distanza.

Il punto sta in chi fa la ricerca e negli interrogativi che si pone: ma, certo, quei video “emozionali” postati sui social possono contribuire a stimolare le domande.