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In carcere non puoi scegliere tante cose, ma puoi scegliere come essere papà

di Stefano Rossini   
Tempo di lettura lettura: 5 minuti
mar 22 mar 2016 08:06 ~ ultimo agg. 28 mar 21:34
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Annalisa Natale, Viola Carando, Ilaria Pruccoli, Don NevioIn carcere non puoi scegliere tante cose, ma puoi scegliere come essere papà” – me lo dice al telefono Desirè Monciardini, coordinatrice del Centro per le famiglie di Rimini, che insieme alla Direzione penitenziaria (titolare dei progetti educativi che si svolgono all’interno della casa Circondariale) all’Associazione Madonna della Carità (Caritas) e al Comune di Rimini attraverso il progetto Carcere-Centro di Ascolto ha organizzato le attività per la festa del papà in carcere, lo scorso sabato 19 marzo, a cui ha partecipato anche il Garante dei diritti dei detenuti Ilaria Pruccoli.

Sì sa che il mestiere del genitore è difficile, ma lo si fa comunque, in ogni caso. E ancora più complesso deve essere farlo a distanza, da una cella, vedendo il proprio figlio una volta al mese (quando il rapporto con la moglie o ex-moglie non è particolarmente astioso), non avendo la possibilità di costruire un percorso fatto di momenti quotidiani, e magari con un senso di colpa latente. Tutti aspetti che richiedono un continuo lavoro, come quello proposto dall’equipe educativa penitenziaria supportato dal Comune di Rimini grazie alla presenza in carcere del Centro per le Famiglie e dell’ Associazione Madonna della Carità.

“L’attività di questo progetto si è composta di due aspetti, uno pratico e uno riflessivo – continua Desirè – il primo è stato la costruzione di un oggetto, la parte, diciamo così, materiale del regalo. Che abbiamo deciso essere una cornice. Questo aspetto è stato curato da un laboratorio artigianale durante il quale i papà hanno realizzato delle cornici con la tecnica del mosaico con i gusci d’uovo che sono stati regalati ai figli in visita alla Ludoteca sabato mattina. Il secondo aspetto, invece, ha riguardato un lavoro più in profondità: la ricerca di come vogliamo essere come padri. E’ stato un lavoro difficile, fatto di autoascolto, di analisi di sé, cercando di andare oltre la rabbia e la commiserazione”.

 

Viviamo di cinema e di immaginazione, la visione stereotipata che ci facciamo del carcerato è quella dell’uomo che non deve chiedere niente a nessuno, del criminale che dietro le sbarre si indurisce nella sua posizione, monolitico e senza sentimenti, lontano da desideri come quello di incontrare il figlio o gli affetti.

“Sono stati poco meno di una decina i papà che hanno deciso di entrare nel progetto. Forse non tanti, è vero, ma con loro abbiamo fatto un bellissimo lavoro. Durante gli incontri abbiamo cercato di dare consapevolezza al sentimento che stavano provando. Non sono state rari i momenti in cui si sono commossi. E’ stato difficile fare breccia, ma alla fine le persone si sono aperte. E questo è importante per noi, perché questa attività non si esaurisce solo per la festa del papà, ma continua”.

cornici festa del papà 2Le attività del gruppo dei padri fanno parte di un un corso sulla genitorialità condotto dal Centro per le famiglie, e sono state anche l’incentivo per cercare di eliminare un atteggiamento molto diffuso.
“Molti padri – continua Desirè – si consolano dicendosi ‘quando i figli saranno grandi verranno loro e capiranno’, ma questa autocommiserazione non solo non porta da nessuna parte, anzi è deleteria. Incontro dopo incontro abbiamo cercato di far capire al gruppo dei padri che nonostante la distanza e il carcere, il rapporto col figlio si può costruire, e soprattutto ci si può preparare agli incontri, lavorando su stessi”.

 

E’ così che molti genitori hanno cominciato a tenere un taccuino e a considerare il tempo in carcere non come tempo perso, ma come tempo in cui ci si può preparare al successivo incontro col figlio, annotando i pensieri, le cose che si vogliono dire, i sentimenti che si sono provati. “Quando vedrò mio figlio di cosa parleremo?” si chiedono in molti tra una visita e quella successiva, con questo lavoro anche la quotidianità del carcere diventa un tempo fertile in cui costruire un rapporto.

“Alla fine – conclude Desirè – il gruppo dei padri è diventato molto unito, non solo si consigliano e si confidano ma si danno sostegno nei momenti di sconforto, come quando il figlio di uno del gruppo non può venire all’appuntamento. Sono molto solidali tra loro e spronati dall’idea – e spesso dall’entusiasmo – di ridare linfa al rapporto con i figli. Ed è una cosa importante perché le ripercussioni di questi appuntamenti sono sempre molto forti. Dopo l’incontro di sabato ci vedremo per ripensare alla giornata, magari chiedendoci come è andata, come sono stato con mio figlio, in modo da portare avanti il progetto ben oltre il singolo giorno del 19 marzo”.

 

Il lavoro di elaborazione è sfociato in una serie di pensieri finiti nelle cornici preparate nella prima fase del laboratorio. Tante le belle parole scritte dai papà per i loro bimbi:
Ho le braccia aperte per abbracciarti perché sono tuo papà.
Mi piace abbracciarti;.
Ti chiedo scusa, ti voglio bene.
O semplicemente i loro nomi, assieme e un disegno, e soprattutto tanti colori.

Parole semplici, è vero, quasi banali nel suono e nel sentimento, ma che in questo contesto acquisiscono una grande potenza, rompendo l’immagine dello stereotipo del carcerato e aprendo la strada ad un sentimento che proprio sulla famiglia e sul desiderio di riscatto fa leva per ricostruire la persona.
L’associazione Papillon ha donato ai bambini delle t-shirt con la dedica “Ti voglio bene papà” che sono state consegnate dal Garante durante la festa.

Ilaria Pruccoli“Ringrazio in primis la direzione penitenziaria che ha promosso l’iniziativa, l’equipe educativa e tutto il corpo di polizia penitenziaria che con spirito di collaborazione si è resa disponibile – ha dichiarato la Garante Ilaria Pruccoli – Un grazie in particolare all’associazione Papillon che ha realizzato le magliette con la scritta ‘Ti voglio bene papà’ che sono state donate ai figli dei detenuti per i loro genitori. Ricordo anche l’impegno del Comune di Rimini che ha sostenuto l’iniziativa grazie all’associazione Madonna della Carità e al Centro per le Famiglie che offrono con costanza il proprio supporto ai genitori detenuti e alle famiglie coinvolte”.

La festa del papà è un bella giornata. Facciamo tanti sacrifici, non ci aspettiamo nulla in cambio, ma è comunque bello avere un riconoscimento, un momento di affetto, una parola che esce dall’ordinario per dire: “grazie papà. Ti voglio bene”. Lo abbiamo fatto da piccoli per nostro padre, e non neghiamo che ci piace riceverla adesso, soprattutto quando la controparte è lontana e non possiamo vederla tutti i giorni. In quest’ottica il lavoro svolto dalle associazioni, dalla direzione penitenziaria e da tutto il corpo di polizia è encomiabile e continua le attività già cominciate con l’inaugurazione della Ludoteca che ha come fine proprio quello di rinsaldare sempre di più il rapporto tra genitori e figli, perché anche da qui passa la ricostruzione della persona.