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La biblioteca vivente

di Redazione   
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gio 5 nov 2015 09:00 ~ ultimo agg. 4 nov 11:08
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Dopo la presentazione della ricerca, i senza dimora hanno potuto raccontare se stessi attraverso la “biblioteca vivente”. Tra le testimonianze più toccanti ricordiamo quella di Piero: “Spesso quando con la coda dell’occhio vediamo un senza dimora, passiamo oltre e ci rifiutiamo di vederlo in viso, perché la nostra coscienza fa fatica a sopportare, ad accettare, che una persona viva in questa condizione. Io nel ritrovarmi a vivere in strada ho capito cosa sia essenziale e cosa no, ho conosciuto la fede in modo più profondo, ora mi sento fratello di tutti”.

 

Da un altro racconto è emerso che non c’è solidarietà. “Sai quante volte sono stato cacciato dal bar solo perché chiedevo di andare in bagno?”.

Un’altra persona ha aggiunto: “Tutti i miei famigliari mi hanno girato le spalle solo per quell’errore che avevo commesso. La vita è così, la vita è dura. Vorrei solo capissero che sono cambiato e che mi diano un’altra possibilità”.

 

Un altro ancora ha affermato di essere italiano, ma di non avere nessun documento. “Non posso chiedere un lavoro perché il Comune non mi dà la residenza, alla fine mi ritrovo costretto a vivere in strada per colpa dell’assenza di un documento. Avere la residenza fittizia è un mio diritto, io sono un cittadino italiano!”.

Successivamente è arrivato il momento della cena solidale e della Veglia per la pace in piazza Ferrari, con la partecipazione del vicario don Luigi Ricci, dell’imam e di un pastore evangelico del Togo. Tutti e tre hanno sottolineato l’importanza della fratellanza tra le religioni e i popoli.

Tutto è terminato con la scritta “pace” realizzata con i lumini posti per terra da tutti i partecipanti