Indietro
menu
Rimini Rimini Social

Quando la droga costa meno del pane

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 5 minuti
mer 17 dic 2014 15:17 ~ ultimo agg. 22 dic 15:07
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 5 min Visualizzazioni 1.722
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

La storia di Fulvio inizia nei quartieri napoletani più degradati e pericolosi, dove è facile perdersi e sono scarse le prospettive per i giovani. Dove la droga costa quasi meno del pane.
Gli occhi luminosi, trasparenti, sinceri. Nudi. Fulvio ti fissa sapendo bene che ti sta facendo un regalo importante. La parte più preziosa di se: l’intimità delle proprie macerie. Quasi imbarazzante la dignità del suo sguardo, un’espressione di consapevolezza che ha solo chi ha sofferto. Chi ha visto con chiarezza i propri sbagli e li mette a fuoco ogni giorno per andare avanti.
Linguaggio eloquente, aspetto venusto, fiero. Elegante anche se solo con la divisa di lavoro, Fulvio è un ragazzo brillante, si esprime con grande chiarezza, e ti fa capire senza mezzi termini che la sua storia è unica, ma anche uguale a tante altre. Una carriera scolastica iniziata alla grande che lo ha fatto distinguere fra tanti. Poi la droga che non fa sconti a nessuno e rende tutti uguali. Sullo stesso piano. Il più basso.

 

I dati che provengono dall’antimafia e dalle tante statistiche note ovunque, confermano con esattezza l’ambiente che Fulvio descrive. Scampia è il più grande mercato di droga in Italia, il quarto in Europa. Un sistema criminale minuziosamente organizzato dalla camorra: prezzi stracciati e vendita di qualsiasi tipo di droga. Questo è ciò che attrae, anche da molto lontano, i “visitors”, come li chiamano in gergo i tossici all’ultimo stadio. Dieci/quindici euro per una dose di eroina o di hashish fino al massimo di venti/trenta euro per acquistare cocaina. Crack, speedball, shaboo, i mix micidiali che mandano subito in overdose, le nuove diavolerie chimiche a base di anfetamina. Tutto quello che cerchi si trova a Scampia.

 

“E’ la cosa più semplice al mondo – precisa Fulvio – con soli due euro puoi acquistare una pietrina di cobret. La nuova droga dei poveri che è ottenuta dagli scarti dell’eroina. Ha la forma di una pallina e si inala, dopo averla sciolta sulla carta stagnola con una fiamma. Un accendino, una carta arrotolata e il gioco è fatto”.

 

Nei quartieri di Scampia e Arenella, dove è cresciuto Fulvio, non esiste l’infanzia. A 7-8 anni sei adolescente, a 13-14 devi essere già un uomo. O apparire tale. Le così dette “Vele”, i grandi palazzoni con la caratteristica forma dove vivono circa 150 famiglie, sono diventati solo rioni degradati. Nati negli anni 80 per gli sfollati del terremoto, adesso sono totalmente sotto il controllo dei potenti clan cammoristici, che li hanno trasformati in vere e proprie basi militari. Fortezze inespugnabili con tanto di dissuasori di velocità per impedire gli inseguimenti tra le pattuglie e i motorini degli spacciatori. Gli ingressi e le finestre sono blindati e controllati giorno e notte. Anche i residenti devono chiedere il permesso per entrare.

Fulvio ricorda con chiarezza l’industria della morte. Lunghissime file di ragazzi in attesa di arrivare ad una finestrella blindata. La mano tesa attraverso la fessura, i soldi e lo scambio silenzioso con una capsula ben confezionata contenente il prodotto e la quantità scelta.

 

Trentatré anni, liceo scientifico, due anni di Ingegneria Informatica all’università Federico II di Napoli, 2 borse di studio, 8 esami tra cui quelli veramente difficili come analisi 1 e 2 . Poi c’è la vita fuori dalle aule universitarie, la strada, che ti aspetta ogni giorno. Gli amici, quelli buoni e quelli no, la curiosità, “tanto è solo fumo”. L’illusione del controllo di se, “smetto quando voglio”. La routine quotidiana, la paura, la rabbia, la solitudine. Non è facile stare a galla nell’acqua torbida.

 

“Ho gestito, se così si può dire, la dipendenza fino al secondo anno di ingegneria, – ammette Fulvio con sincerità disarmante – avevo ottenuto un posto come archivista tirocinante presso l’archivio riviste scientifiche internazionali. Ma il lavoro era sempre lo stesso ed io ero in preda al crack. Ho distrutto tutto litigando coi superiori. Gli stipendi li facevo fuori in poco tempo, tutti a Scampia. Di lì a poco la mia vita è rotolata sempre più giù, sebbene Dio mi abbia scampato da carcere e morte.”

 

E’ vero gli errori si fanno prima di tutto per scelte personali sbagliate, ma ha volte non basta avere la schiena dritta, è necessario anche altro. Un contesto sociale educativo, una famiglia solida e anche un po di fortuna, per trovare amici veri lungo la strada.

 

Mesi, anni di apnea prima di aprire gli occhi di nuovo e accogliere un invito, quello dolce, quello sincero di una mamma che ha il cuore in pena e che nonostante tutto non lo ha mai perso di vista. Un invito a fare basta, a cambiare, a presentarsi al Sert di Napoli per essere seguito e iniziare un percorso di riabilitazione. Via da lì, lontano, dai rioni della morte. Fulvio va in Croazia, dove gli hanno raccontato di un valido centro di recupero. E’ nella fase della vita che si chiama “voltare pagina”, ma i tempi ancora non sono maturi.
Asti, Milano, Roma, Rimini sono diverse le tappe di un percorso alla ricerca di qualcosa che neanche lui riconosce.

 

E’ confuso, si lascia prendere da altre distrazioni, ma sa bene che il recupero non può avvenire se prima non svanisce completamente l’illusione della vita facile, senza sacrifici. Quella vita comoda ma che non da nessuna prospettiva. Solo ora si rende conto che desidera ciò che quella volta aveva rifiutato: la regolarità di un lavoro onesto, forse dannatamente monotono ma il solo modo per avere rispetto di sé.
Nonostante sia all’estremo delle risorse fisiche ed economiche, riesce a mantenersi pulito. Sono i giorni della prova più difficile. Non ha mai interrotto il contatto con il Sert, che adesso è quello di Rimini, l’unico rapporto sano che ha deciso di mantenere. Mai i suoi esami biologici sono stati così belli come in questo momento, ma è rimasto solo e sa di aver perso di nuovo tutto e tutti.

 

Proprio al Sert sente parlare di una cooperativa sociale che forse potrebbe assumerlo. Glielo confermano anche alla Caritas dove alcune volte è costretto a rifugiarsi per chiedere aiuto. Non ha nessun’altra possibilità quando si presenta per fare la domanda di lavoro. E’ il momento più basso della sua vita, ma ha iniziato a prendersi sul serio. La risalita è dietro l’angolo.
La rete sociale di solidarietà tra Sert e cooperazione sociale, funziona anche questa volta. Viene assunto nel mezzo dell’estate, il lavoro gli piace e tiene salda la rotta, che ormai sta già seguendo da qualche tempo. Il responsabile degli inserimenti Nicola e l’assistente sociale del Sert non lo perdono mai d’occhio un momento. Conosce colleghi che lo aiutano sin da subito e qualcuno lo ospita anche in casa per qualche tempo. “Sono persone incredibili – sostiene Fulvio, pieno di gratitudine – non avevo niente, non ero nessuno e mi hanno dato una mano sia sul piano lavorativo che sul piano umano. Questo per me ha fatto la differenza”.

 

Sul lavoro è bravo e fa bene il suo dovere nel settore dello spazzamento dove si è inserito con successo, si comporta in modo responsabile e a fine estate ottiene anche un rinnovo di contratto. Nella sua vita si riattiva tutto e ricomincia ad avere fiducia. Soprattutto in se stesso.
Adesso gli capita spesso di pensare alla sua storia, pensa a Scampia, a quel lavoro che aveva nell’archivio scientifico. E’ passato qualche anno da allora e ha fatto tante scelte sbagliate, ma adesso lo sa: il lavoro è ciò che ci rende davvero diversi, anche quando è fatica e monotonia. Tutto il resto è solo un’illusione.

 

Emiliano Violante