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Cronaca Rimini

I particolari della maxitruffa che coinvolge avvocato riminese

In foto: General Food, Lucky One, Super Sigma Cash. Tre società con sedi tra Nizza, Milano e Reggio Emilia, rigorosamente senza dipendenti e per lo più inattive, utili soltanto a fornire fatture false e incassare così ingenti rimborsi Iva.
General Food, Lucky One, Super Sigma 
Cash. Tre società con sedi tra Nizza, Milano e Reggio Emilia, rigorosamente senza dipendenti e per lo più inattive, utili soltanto a fornire fatture false e incassare così ingenti rimborsi Iva.
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mer 8 mar 2006 17:10 ~ ultimo agg. 00:00
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Ha toccato anche Rimini la maxitruffa milionaria scoperta dalla Guardia di Finanza di Milano che tra ieri ed oggi ha portato 13 persone in carcere e 14 agli arresti domiciliari.
Tra queste anche l’avvocato civilista riminese, Paola Zoli, 38 anni, accusata di associazione per delinquere finalizzata a reati fiscali. In cinque anni il fatturato delle tre società è stato di circa 300 milioni; tre, invece, i milioni di euro ricevuti dall’amministrazione finanziaria e sette quelli in crediti tributari ceduti e scontati presso una filiale bancaria di Rimini. Tra gli arrestati anche il direttore di un’ agenzia delle entrare di Abbiategrasso
In totale sono stati 38 gli ordini di custodia cautelare in carcere.

Le indagini delle Fiamme Gialle erano cominciate dopo una segnalazione del fisco francese che chiedeva di verificare i rapporti tra una ditta individuale con sede ad Antibes e quattro
società con sede, invece, nel milanese. E’ emerso che queste e altre società sostanzialmente non avevano dipendenti, né sede
imprenditoriale, a fronte, invece, di fatturati notevoli.
Sono quindi state disposte intercettazioni telefoniche e accertamenti presso l’anagrafe tributaria che hanno messo allo scoperto due tipi di meccanismi: il primo era quello di
acquisire false fatture passive grazie alle quali veniva contabilizzata Iva a credito; poi venivano emesse fatture, sempre false, non imponibili per l’Iva perché dirette a operatori europei di comodo. Il secondo meccanismo prevedeva l’emissione di false fatture non imponibili a fini Iva perché dirette a falsi esportatori abituali. Così si creavano crediti d’imposta che, grazie ad agganci in istituti di credito, venivano scontati senza che fossero prestate garanzie.
La struttura si presentava costituitada “quattro anelli concentrici”: il capo, di origine siciliana, i suoi diretti collaboratori, cinque società cosiddette ‘cartiere’, cioé create per emettere le fatture false, e un ultimo cerchio di 46 società definite “cartiere esterné.
Emblematica la conversazione intercettata tra il capo dell’organizzazione, Silvio L., e l’avvocatessa riminese che ne curava gli interessi: “A me cosa me ne frega di quello che
scrivono quei quattro mammalucchi della Guardia di Finanza, un magistrato e gli altri… – spiega il legale, dopo una perquisizione -. Certo questi non sapevano del disegno sottostante. E’ giusto che abbiano scritto che è tutto a posto. Mi viene in mente che abbiano fatto questo lavoro senza il disegno complessivo”.