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Rimini Vita della Chiesa

Uznova: un pallone di speranza

In foto: L'inchiesta si conclude con un appello per uno dei quartieri più poveri "SE FOSSI la Comunità Europea e dovessi decidere a chi destinare i soldi degli aiuti per la rinascita dell’Albania sai che farei? Prima le grandi infrastrutture, ma subito dopo non avrei dubbi, li darei alle missioni cattoliche".
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dom 26 ago 2001 16:07 ~ ultimo agg. 00:00
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Non è uno spot dell’8 per mille.
È il giudizio di un compagno di viaggio dopo una settimana di permanenza in Albania. Per ricostruire il Paese delle Aquile prima ancora che la possibilità di un lavoro (comunque urgente) ci vogliono gli albanesi, il recupero della loro storia, cultura, dignità.
Ci vuole una società civile, fatta di tante piccole imprese, di voglia di imprenditorialità, di associazioni culturali, di scuola, di espressività. In questo le parrocchie e le comunità cristiane svolgono un servizio unico, non solo rivolto ai cattolici, ma anche agli ortodossi e musulmani, spesso coinvolti anche con ruoli di responsabilità nei progetti.

La stessa piccola comunità cristiana di Kuçove è impegnatissima a mille livelli in questo settore. Dalla nascita della cooperativa Onufri, con le sue pregevoli icone, al lavoro con i giovani nel progetto scout, dall’asilo per i bambini a Berat, gestito dalle suore Maestre Pie Filippine, al grande centro giovanile di Uznova, creato da un sacerdote toscano, don Giancarlo Rapacini, ed ora gestito dalla parrocchia di Kuçove.

E proprio ad Uznova, nel distretto di Berat, dedichiamo quest’ultima puntata del nostro viaggio. Ci guida Arjan, uno dei responsabili scout della parrocchia. È un giovane imprenditore. Impaglia sedie per un’azienda riccionese.
Nel suo laboratorio operano una trentina di operaie. Mentre racconta ride sulla nuova economia: “Tessuto cinese, tagliato in Romania, confezionato in Albania, marchiato in Italia, venduto in America. Questa è la globalizzazione”.

Suo fratello Yzedin, musulmano, è il custode del centro, nonchè allenatore della squadra di calcio. Usnove è un quartiere poverissimo, dove esiste il fenomeno dei bambini di strada. Il Centro è per loro un’ancora di salvezza.
Li aggrega intorno ad un progetto minuscolo, come una squadretta di pallone, ma sufficiente per tenerli lontano dalla strada. Molti di loro ci accolgono festanti. Ognuno indossa una maglia diversa. Quelle del Milan la fanno da padrone con le scritte di Maldini e Boban, ma anche l’interista Ronaldo non scherza… Sono piccoli, ma parlano benissimo l’italiano. Don Osvaldo Caldari, giovane prete riccionese, ha scelto di vivere in mezzo a loro, in questo quartiere poverissimo, dove si è assistito anche al fenomeno di bimbi zingari scomparsi, venduti o rubati, non si sa.

Al Centro giovanile l’attività è divisa in diversi settori. Oltre al calcio anche in piena estate sono operativi tre corsi di taglio e cucito, con più di 60 giovani donne. Il settore, che si avvale della guida di una valente insegnante albanese, è organizzato da suor Leoncia.
Suor Alda e suor Norma invece curano i corsi di lingua italiana. Intorno al Centro c’è molto spazio ancora libero, che la parrocchia vorrebbe acquisire anche per fare un campo di calcio regolamentare.
Attualmente le porte sono poco più che pali infilzati in terra ed il terreno è duro come una pietraia. Ma quel pallone un po’ sdrucito, e ventidue magliette multicolore sono già un piccolo segno di speranza in un quartiere dove prima i bimbi scomparivano vittime di chi li mette sulla strada a mendicare o ancora peggio, nel turpe mercato degli organi.
(GvT)