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L’ultimo gong di Duilio Bianchini, campione di boxe degli anni ’40

Campione Europeo Dilettanti, oltre 350 incontri tra dilettanti e professionisti, Duilio Bianchini era una leggenda, un avversario temuto e rispettato per le sue grandi doti da incassatore e un pugno che non lasciava scampo.
Tra i dilettanti, nell’80% dei circa trecento incontri disputati i suoi avversari si arresero prima del limite. Poi sette lunghi anni di inattività, causa la guerra, quindi il passaggio tra i pro, con un’altra cinquantina di match disputati. Il momento topico nel ’42: a Breslavia Bianchini prima spedì al tappeto lo spagnolo Calpe, meglio conosciuto come “l’assassino del ring”, poi, in semifinale, non lasciò scampo al tedesco Carr.
La finale, con un altro italiano, il pescarese Tiberi, non fu neanche disputata: era troppa la superiorità del 20enne Bianchini, che aveva già battuto nettamente Tiberi a Roma. I dirigenti della nazionale preferirono così non far disputare l’incontro e assegnare l’oro al pugile riminese.
Abbiamo chiesto un ricordo ad Elio Ghelfi, un altro grande della boxe nostrana che a Duilio Bianchini ha anche dedicato alcune pagine del suo libro sulla storia del pugilato riminese.