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Arte in carcere

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mar 19 dic 2017 16:13 ~ ultimo agg. 21 dic 08:24
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Questa estate avevamo parlato del progetto Non me la racconti giusta, un progetto di arte urbana nato nel 2016 a cura di ziguline, magazine di arte e cultura contemporanea, degli artisti Collettivo Fx e Nemo’s che si proponeva di portare l’arte nelle case carcerarie.

Dal 26 giugno al primo luglio Non me la racconti giusta ha fatto tappa al carcere di Rimini, grazie al lavoro dell’Associazione Il Palloncino Rosso, e in particolare Jessica Valentini e Daniele Pagnoni, e ancora Antonio Libutti, docente e videomaker che si è fatto carico delle incombenze burocratiche, gli sponsor e, infine, tutto il personale del carcere.

 

 

Alcune novità hanno riguardato l’appuntamento al carcere di Rimini, in particolare collaborazione con Filippo Mozone, artista riminese che ha lavorato con Collettivo Fx e Nemo’s, e la divisione del progetto in due laboratori con due differenti sezioni, Andromeda e Vega.

In quest’ultima, il gruppo ha avuto l’opportunità di lavorare con due detenute transessuali, Martina e Antonella, che hanno portato la loro esperienza e particolare condizione all’interno del carcere italiano. Sulla base delle discussioni, è stato deciso di dipingere “L’Angelo incarnato” di Michelangelo.

“Questo angelo – raccontano gli artisti del gruppo – rappresenta bene la condizione delle due detenute nel carcere e probabilmente di tutta la comunità, infatti, le sembianze, lo sguardo e il contesto di questo dipinto richiamano l’ambiguità della regolamentazione delle donne trans nel carcere. L’immagine, infatti, raffigura un personaggio dalla sessualità ambigua, si tratta di un ermafrodita e, in quanto tale, risulta interessante il parallelismo tra l’ambiguità della gestione delle detenute transessuali in Italia, e il corpo e la sessualità di questo angelo e delle nostre ragazze”.

La seconda parte del progetto ha invece coinvolto Andromeda, una sezione speciale, in quanto situata al di fuori delle mura di cinta del carcere (ne abbiamo parlato pochi giorni fa qui Andromeda: un carcere diverso). Giuseppe, Angelo, Denny, Vittorio, Antonio, Federico, “Volpi”, Jimmy, Salvatore e Carlo hanno lavorato con Nemo’s, Collettivo Fx e Mozone alla rappresentazione del mito di Andromeda che casualmente ricorda un po’ la loro condizione nel carcere. Ai detenuti la storia è piaciuta, così come la metafora tra la loro condizione e quella di Andromeda, entrambi finiti nei guai per un “errore”, entrambi in attesa di un aiuto. Il disegno dai toni pulp si trova all’interno della sezione ed è nato da un lavoro importante che ha coinvolto tutti.

“Come per le altre due tappe – continua il racconto degli organizzatori – anche a Rimini l’esperienza è stata forte, intensa e appagante. Non me la racconti giusta ha sconvolto la quotidianità dei detenuti con un progetto culturale, li ha coinvolti attivamente nelle decisioni, ha offerto spunti di riflessione e stimoli, ha raccolto testimonianze, sia da parte loro che del personale del carcere, evidenziando anche questa volta enormi difficoltà nella gestione di un luogo così lontano e così vicino al mondo esterno.

Attualmente il carcere è un argomento relegato ai margini del dibattito sociale e il fine ultimo che si propone questo progetto è coinvolgere attivamente l’opinione pubblica per superare i pregiudizi e capire insieme come questo luogo-non-luogo possa assolvere alla sua funzione riabilitativa e non meramente punitiva”.