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Icaro Sport

La seconda vita di Carol Tartaglia, ex campionessa di nuoto e sollevamento pesi

In foto: Carol Tartaglia
Carol Tartaglia
di Icaro Sport   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
mar 14 nov 2017 16:09 ~ ultimo agg. 15 nov 08:34
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Carol Tartaglia, 25 anni, ex pesista professionista, si confessa oggi ai nostri microfoni – si legge in una nota arrivata in redazione -. Il curriculum della riminese parla chiaro: cinque volte vincitrice della Coppa Italia, quattro volte argento ai Campionati Italiani, settima agli Europei 2014, sempre presente nella Nazionale assoluta, convocata in via permanente al collegiale della Nazionale, vincitrice ai meeting internazionali in Svizzera, Principato di Monaco e Francia. Ma non solo: Carol è stata anche campionessa di nuoto con un doppio argento italiano e un bronzo, partecipante ai Giochi del Mediterraneo.

Oggi Carol ha cambiato vita, ma lo sport rimane sempre il protagonista assoluto dei suoi giorni. Lavora sempre in ambito sportivo e si allena presso il Box Crossfit Bellaria. Proprio qui l’abbiamo incontrata e gli abbiamo fatto qualche domanda.

La domanda che sorge spontanea è perché ha deciso di lasciare l’attività agonistica?
“Arriva per tutti il momento in cui dire stop. Ho deciso di lasciare il Centro Federale di Pordenone dopo il Campionato Italiano di febbraio principalmente perché volevo tornare vicino alla mia famiglia e anche perché avevo realizzato che il sollevamento pesi non mi permetteva di vivere focalizzandomi solo su quello. Tornata a casa ho però continuato ad allenarmi nel tempo libero e poiché gli allenamenti stavano andando bene, avevo pensato di continuare a gareggiare. Ma col tempo ho perso motivazione. Ero in fondo sempre da sola e dovevo fare i conti anche con il poco tempo a disposizione e la stanchezza delle giornate lavorative, quindi ho deciso di dare l’addio”.

Ha dedicato una vita allo sport: com’è la vita di un’atleta?
“Stupenda ma durissima. È stupenda perché fai quello che ti piace per otto ore al giorno. Sono grata a me stessa per questo, per aver sempre desiderato fortemente questo tipo di vita e a tutti coloro che me l’hanno permessa. Il vero motivo per cui è durissima non è l’allenamento, nonostante a volte possa andare male o ci possano essere infortuni che bloccano la preparazione, ma sono le pressioni. Un atleta, specialmente in Italia, è caricato di pressioni, sia personali che esterne. Tutti si aspettano sempre una prestazione massimale da te e tutto questo è dannoso perché si somma all’ansia da performance che tu stesso ti poni. Oltre a questo, l’atleta spesso vive lontano da casa fin da quando è piccolo e tutte le sue emozioni, positive o negative che siano, sono amplificate. Questo vuol dire che dietro una medaglia l’atleta prova sì una soddisfazione indescrivibile, ma fa più fatica a superare una situazione problematica perché la ingigantisce psicologicamente. Ecco io direi che la vita di un’atleta è la vita, ma concentrata in una parentesi e quindi molto intensa, e io sono contentissima di averla vissuta”.

Come cambia ora la sua vita?
“Dopo la laurea, ho fatto un Master in Management dello Sport e ora lavoro in ambito sportivo, quindi sono nel mio habitat. Mi occupo della preparazione atletica di nuotatori agonisti e lavoro come Personal Trainer presso uno studio privato. Mi manca l’agonismo ogni tanto ma sono più tranquilla. Ora torno a casa la sera e trovo i miei genitori. Erano anni che non succedeva. Non ho più l’ossessione dell’obiettivo e posso mangiare anche qualche pasticcino ogni tanto (ride, ndr). Nel tempo libero mi piace allenarmi a crossfit perché mi permette di mantenere il contatto con il mio amato e odiato bilanciere. Al Box di Crossfit Bellaria ho trovato il gruppo che mi mancava: condivido con gli amici la fatica, le gioie e anche i problemi quotidiani. Così un allenamento duro diventa anche più leggero”.

Allora la vedremo cavalcare le pedane del crossfit?
“Bella domanda, non lo so. Se lo farò, sarà in team per dare il mio contributo alla squadra”.

Ha detto che è laureata: come si riesce a conciliare sport e studio?
“In Italia è difficilissimo. Ora hanno studiato qualche soluzione come i licei sportivi, ma siamo molto indietro rispetto ad altri paesi Europei o agli Stati Uniti. Al liceo ho fatto fatica: mi svegliavo alle 4 di mattina per studiare e non ho mai fatto ricreazione perché la usavo per fare i compiti. Nonostante ciò, quasi nessun professore ti viene incontro, anzi in quinta superiore mi volevano bocciare per troppe assenze perché gareggiavo spesso all’estero, ma avevo tutti 9! All’università probabilmente è un po’ meglio ma ho preparato contemporaneamente i Campionati Europei e tre esami ed è davvero difficile. La testa è una sola e la preparazione di un Campionato prosciuga energie sia fisiche che mentali. Ce l’ho fatta, ma a volte ho dovuto rinunciare alla preparazione che avrei voluto per dare spazio allo studio e viceversa”.

Quindi se guarda indietro chi vede? E se guarda avanti chi vede?
“Indietro vedo una bambina che è diventata donna attraverso lo sport. Vedo le soddisfazioni, le grida di vittoria, ma anche sconfitte e pianti, non tanto perché ho perso contro un’atleta più forte di me, quanto perché a volte non ho combattuto abbastanza. Vedo anche molte scelte: alcune azzeccate altre sbagliatissime. Avanti non so: per ora cerco di costruire il presente. Sicuramente in un futuro vorrei una famiglia, ma la strada è lunga, sono ancora single! A volte ci penso… magari a mio figlio non piacerà per niente lo sport!”

Lanci un messaggio.
“Ai giovani atleti: ricordate che per fare sport gli ingredienti sono due: impegno e divertimento! Ai genitori: non chiedete a vostro figlio se è stanco, chiedetegli se si è divertito, dopo l’allenamento. Lasciate fare ai tecnici il loro lavoro! E come punizione non togliete loro lo sport! Ai professori: cercate di capire e stimolare le passioni di ognuno! Chi porta avanti studio e sport, anche se non a pieni voti, è da supportare, non biasimare!”