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Inseguendo un sogno: la libertà

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 5 ott 2017 07:26 ~ ultimo agg. 6 ott 09:03
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Carlos è un ragazzo di 27 anni e viene dal Camerun, è titolare di Protezione internazionale ed è accolto dal Progetto SPRAR del comune di Rimini gestito dalla Cooperativa Sociale Madonna della Carità che fa capo alla Caritas.

In Camerun, ha frequentato l’università, ma poi ha dovuto smettere per mancanza di soldi e ha iniziato a svolgere lavori saltuari per vivere.

È scappato dal suo paese perché omosessuale e in Camerun l’omosessualità è reato punibile con una multa di 3.000 euro e 5 anni di prigione, che aumentano nel caso non si riesca a pagare.

Ma al di là della legge, c’è una violenta discriminazione da parte degli abitanti del proprio villaggio. Ed è quello che è successo a Carlos. Una sera, dopo essere stato picchiato, è scappato via con i soli vestiti che aveva addosso lasciando ogni cosa nella casa dove abitava. È andato da uno zio che vive ai confini con la Nigeria, il quale gli ha dato 100 euro; lui ne ha pagati 50 per poter attraversare il confine.

Abbiamo deciso di incontrare Carlos e di ascoltare la sua storia.

 

“Dalla Nigeria sono andato in autobus in Niger e mi sono mantenuto facendo il muratore per 6 mesi – ci racconta – Non avevo né soldi né valigia né programmi; cercavo solo un posto dove vivere in pace. Qualcuno mi ha detto che in Libia si poteva trovare lavoro e si poteva poi andare in Europa dove c’era la libertà”.

Ecco la grande parola, il grande sogno: la libertà.

“Sono partito con una macchina taxi per la Libia. Il viaggio è durato una settimana, abbiamo attraversato il deserto; due ragazzi sono morti. Spesso la macchina doveva fare lunghe deviazioni per non farsi trovare dai ribelli o dalle guardie e noi dovevamo proseguire a piedi, la sera dormivamo per terra”.

 

In Libia come è andata?

“Lì la situazione è terribile; esiste un vero e proprio commercio di persone. Le bande di ribelli prendono tutti i ragazzi neri che provengono dal deserto e li mettono in prigione chiedendo il riscatto alle famiglie, anche fino a mille euro. Io sono stato in prigione tre mesi; sono riuscito a scappare la sera in cui c’è stato uno scontro tra due bande rivali. Sono arrivato a Tripoli dove ho abitato per due mesi in casa di un commerciante che tratteneva rapporti economici con molti paesi stranieri. Io ricambiavo l’ospitalità facendo le pulizie e cercavo di racimolare un po’ di denaro facendo il muratore.

Ma anche da qui sono dovuto scappare per non ricadere nelle mani dei ribelli. Il mio padrone di casa mi ha consigliato di andare in Europa perché lì c’è la libertà. Sono arrivato al mare con questa speranza”.

 

E lì cosa è successo?

“Ancora i ribelli; sono loro che comandano, che hanno le barche, che decidono i prezzi. Mi hanno chiesto 400 euro per la traversata, ma io non li avevo e di nuovo mi hanno picchiato. Volevanomettermi in prigione e uccidermi; dicevano che dovevo farmi mandare isoldi dalla famiglia. Il loro capo, quando ha saputo che ero solo esenza niente, mi ha fatto salire sulla barca con altre 120 persone e dopo 10 ore di viaggio siamo arrivati a Lampedusa. Da quest’isola mi hannotrasferito in Sicilia,
dalla Sicilia a Bologna e finalmente a Rimini. È passato un anno da quella terribile sera in cui sono dovuto scappare dal mio villaggio”.

 

Qui a Rimini come va?

“Qui ho trovato la famosa libertà. Questo è il bene più grande, la cosa più preziosa. Una cosa che chi ce l’ha non può neanche immaginare cosa voglia dire. Potersi alzare la mattina, prenderel’autobus, andare a lavorare e a studiare, avere degli amici e poter andare a dormire alla sera sicuro che nessuno verrà a prenderti per picchiarti, metterti in prigione o ucciderti. La libertà vuol dire avere un futuro e avere un futuro vuol dire vivere. Senza futuro non c’è vita; c’è solo l’attesa della morte”.

 

Ora cosa fai?

“Il progetto SPRAR mi sta dando tante opportunità; più di quello che pensavo o che mi avevano detto. Sto studiando l’italiano e ho iniziato un tirocinio in un’azienda di mobili. Ho trovato persone molto gentili e accoglienti e ho scoperto la pasta asciutta che mangio tutti i giorni. Ma vorrei dire ai tanti amici che ho lasciato in Camerun e a tutte le persone che scappano di non partire senza progetti, di cercare prima di partire qualcuno che in Italia ti possa aiutare; di andare all’ambasciata per farsi aiutare altrimenti c’è molto pericolo di morire per andare in Europa. E vorrei dire a quei paesi europei che tengono i paesi africani in stato di povertà come fa la Francia con il Camerun, di lasciare liberi in nostri paesi di svilupparsi e di aiutare gli africani a vivere in libertà nel loro paese o dove trovano le migliori opportunità”.

 

Ai governi europei invece cosa vorresti dire?

“Di regolarizzare le migrazioni e far finire questo terribile commercio di esseri umani”.

 

Ora qual è il tuo sogno?

“Devo ringraziare Dio che mi ha fatto arrivare fino a qui. Il mio sogno è di poter lavorare e aiutare gli altri, i poveri, non solo i profughi ma anche i poveri cittadini del posto, che sono molti. Nessuno deve vivere solo; nessuno deve soffrire e lottare da solo; la più grande povertà è la solitudine”.

 

InformaCaritas