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Economia Lavoro

Sondaggio tra i delegati Fai Cisl sul lavoro nell'Agroalimentare

di Roberto Bonfantini   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
sab 31 gen 2015 11:44
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Nell’ambito del lavoro nel settore agroalimentare la criticità maggiore riscontrata dal 36,8 per cento dei delegati della categoria degli agroalimentaristi (Fai) della Cisl Emilia-Romagna sembra essere quella dei sottoinquadramenti, seguito dal mancato rispetto di alcune norme di sicurezza (per il 26,3 per cento), dagli straordinari e dalle ore lavorate fuori busta (per il 21 per cento), dai contributi non versati (13,1 per cento) e dalle buste paga non corrispondenti al reale (13,1 per cento).

E’ questo il risultato di un sondaggio che la Fai Cisl Emilia- Romagna ha eseguito su un campione di 190 delegati del comparto agroalimentare emiliano-romagnolo (dell’industria, dell’agricoltura e dei servizi) e la cui analisi completa, insieme ad una serie di proposte per il rilancio del settore, è stata presentata ieri pomeriggio, a Bologna, nell’ambito della giornata di mobilitazione nazionale ‘L’Agroalimentare per la crescita, lo sviluppo e il lavoro’.

“La nostra analisi – sottolinea Davide Bergonzini, segretario generale regionale della categoria cislina –  non ha di certo la pretesa di avere una valenza scientifica, tuttavia, visto anche lo speciale osservatorio dei 190 delegati Fai sparsi su tutto il territorio regionale da cui proviene, indica di sicuro delle problematiche frequenti che caratterizzano il mercato del lavoro dell’agroalimentare in regione”.

Ad ogni modo, nonostante sottoinquadramenti, mancato rispetto di alcune norme di sicurezza, contributi non versati e buste paga non corrispondenti al reale rappresentino i problemi più diffusi, negli ultimi 5 anni, sono pochi i delegati che, in rappresentanza dei lavoratori, hanno promosso cause legali o vertenze sindacali per lavoro irregolare (solo il 7,7 per cento). Così come, sempre negli ultimi 5 anni, solo il 12,4 di loro ha riscontrato controlli in azienda da parte della medicina del lavoro, dell’ispettorato del lavoro o dell’Inps, con sanzioni nel 33,4 per cento dei casi.

Altra caratteristica molto diffusa nel campione di aziende analizzate è il frequente utilizzo dell’appalto (menzionato dal 69% dei delegati intervistati),  che tuttavia sembra non avere alcuna correlazione diretta con la presenza di lavoro grigio o lavoro nero in azienda. Lavoro nero che non ha una presenza di primo piano se si considera il comparto agroalimentare in generale, mentre assume una grande rilevanza se il focus si sposta sul solo settore agricolo: il 34,2 per cento dei delegati ne ha segnalato la presenza nella propria azienda. “Tant’è – continua Bergonzini – che la stessa Commissione Europea l’ha posto come osservazione al PSR (Piano di Sviluppo Rurale) 2014-2020, chiedendo formalmente di affrontarlo con maggiore incisività”.  

In definitiva, “un sondaggio – prosegue Bergonzini – che seppure del tutto indicativo, dice chiaramente come ci sia la necessita di un’inversione di tendenza netta anche nel nostro settore”. E tra le tante proposte presentate (dalla forestazione produttiva e sostenibile, al rilancio dell’industria, della pesca, del sistema allevatori, dei consorzi di bonifica) assume un ruolo centrale proprio quella sul lavoro regolare. Proposta con cui la Fai Cisl chiede sia di approvare in tempi rapidi una legge quadro che ben definisca la rete del lavoro in agricoltura, sia di non estendere i discussi voucher. Per questo lo stesso Luigi Sbarra, commissario della Fai Cisl nazionale, nelle scorse settimane ha chiesto con decisione che venga ripreso con urgenza il confronto con il ministro delle Politiche agricole Martina su tutte le emergenze dell’agro-industria. “Vogliamo – ha concluso il massimo dirigente nazionale – sollecitare la discussione del Collegato per il lavoro agricolo, sia in Senato che alla Camera”.