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Blog/Commenti Rimini

#5buoneragioni. Perchè ho scelto di aderire

di Silvia Sanchini   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
mer 28 gen 2015 10:50 ~ ultimo agg. 11 feb 11:14
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Pensare che ci siano famiglie che non sono in grado, per vari motivi, di crescere i propri figli è un pensiero sgradevole, difficile da accettare, politicamente scorretto. C’è una certa retorica dei buoni sentimenti che tende ad associare al tema famiglia un immaginario solo ideale, sicuramente più rassicurante, ma che non descrive totalmente la realtà. Accanto a famiglie (la maggior parte per fortuna) dove è bello e piacevole crescere, esistono famiglie che questo diritto non lo riconoscono: famiglie maltrattanti, negligenti, violente, assenti. O, ancora, esistono famiglie in difficoltà, genitori soli, o genitori malati…che semplicemente, per un periodo della loro vita, hanno bisogno di chiedere aiuto. La normativa nazionale e internazionale stabilisce, giustamente, che ogni bambino ha diritto di crescere in una famiglia. Ma sancisce altresì un principio fondamentale: ogni scelta dev’essere fatta nel preminente interesse del minore. I bambini e i ragazzi, i soggetti più deboli, sono i primi a dover essere tutelati e protetti. Se questo diritto non è garantito per un bambino all’interno della sua famiglia di origine, è dovere dello Stato e delle istituzioni competenti intervenire.
Nella mia esperienza professionale e personale ho avuto il privilegio di conoscere il mondo delle comunità per minori e delle case-famiglia grazie alla Fondazione San Giuseppe per l’Aiuto Materno e Infantile, una ONLUS riminese che si occupa proprio di bambini e ragazzi momentaneamente allontanati dalla loro famiglia di origine con un decreto del Tribunale per i Minorenni, e collocati in strutture educative dai servizi sociali competenti. Poi c’è stato l’incontro con l’Associazione Agevolando, costituitasi proprio grazie all’impegno di ragazzi che avevano vissuto parte della loro infanzia e adolescenza “fuori famiglia” in strutture di accoglienza o in affido. In particolare l’Associazione si occupa di tutelare i diritti di questi ragazzi anche dopo il compimento della maggiore età, momento in cui terminano tutta una serie di tutele da parte dello Stato, e di favorire processi di partecipazione e cittadinanza attiva per gli stessi ragazzi. Ho scoperto così un mondo difficile e stimolante: fatto di adulti, genitori accoglienti, educatori che ogni giorno si prendono cura con amore e professionalità di bambini e ragazzi che non sono figli loro, insieme al lavoro degli assistenti sociali e degli altri professionisti del sistema di tutela.
Una quotidianità fatta di piccoli gesti: preparare da mangiare, accompagnare un ragazzo a scuola, raccontare una favola a un bambino per aiutarlo ad addormentarsi. Ma anche di scelte dolorose, perché spesso si tratta di relazioni difficili, vissuti emotivi che pesano come macigni e che vanno accolti e tollerati anche nelle loro reazioni più estreme e violente. Si tratta quotidianamente di accogliere e amare…e poi lasciare andare. Ho scoperto poi il mondo colorato e complicato di questi ragazzi: giovani stranieri che hanno compiuto lunghi viaggi soli per raggiungere il nostro paese, bambini e ragazzi con famiglie in difficoltà o che una famiglia proprio non ce l’hanno, ragazzi impegnati a scontare una pena per errori commessi senza troppa consapevolezza, ragazzi che dalla vita avevano ricevuto solamente batoste, rifiuti, abbandoni, violenze, ragazzi resistenti e resilienti che con coraggio stringono i denti per voltare pagina e ricostruirsi un futuro.
Il lavoro delle comunità di accoglienza non è una medicina miracolosa. Spesso dobbiamo confrontarci con l’insuccesso e troppe situazioni non si evolvono come vorremmo. Spesso commettiamo errori e, purtroppo, non si può negare che esistano comunità per minori e case-famiglia che non lavorano come dovrebbero. Rimane però la testimonianza positiva di tanti ragazzi e ragazze che oggi lavorano, hanno completato gli studi, sono riusciti magari a ritornare nella loro famiglie con mutate e migliorate condizioni, che a distanza di anni portano nel cuore un bel ricordo del tempo trascorso in comunità. Per questo le famiglie non devono avere paura di rivolgersi ai servizi sociali se in un dato momento hanno bisogno di aiuto. E i ragazzi non devono sentirsi emarginati o stigmatizzati se per un tratto della loro vita non possono rimanere con la loro famiglia.

Certo non possiamo guarire ogni ferita, ma possiamo percorrere insieme un tratto di strada, pur tra mille difficoltà e dubbi.

Comunità per minori, case famiglia, famiglie affidatarie…sono risposte diverse, perché bambini e ragazzi hanno problematiche diverse che nascono dalla loro storia e dalle loro caratteristiche personali.
Non sono risposte in concorrenza, ma piuttosto complementari.

 

I ragazzi di Agevolando tempo fa, relazionando in Parlamento, hanno scritto: “Avere avuto famiglie in difficoltà non significa essere figli di nessuno. Siamo parte della collettività”. Ecco, questo io credo. Che l’idea di famiglia in senso tradizionale e restrittivo possa essere superata in favore di un’idea di famiglia più ampia e responsabilizzante, che coinvolge tutta la collettività: scuola, agenzie educative, comunità, cittadinanza, associazioni, parrocchie, servizi sociali…
La famiglia non è fatta solo di legami di sangue, ma di tutte quelle condizioni che permettono a un ragazzo di crescere, diventare sempre più autonomo ed esprimere al meglio il proprio potenziale, valorizzando le sue risorse e le sue inclinazioni. Tutti noi, nessuno escluso, siamo responsabili del futuro e della realizzazione dei sogni delle nuove generazioni. Soprattutto dei giovani più fragili e vulnerabili, che si trovano ai nastri di partenza della vita con uno svantaggio iniziale ma che meritano come tutti i loro coetanei di arrivare al traguardo.

 

Per questo ho scelto di aderire alla campagna #5buoneragioni, che è stata lanciata alla Sala Colonne della Camera dei Deputati lo scorso 17 Luglio a Roma e poi il 26 Novembre a Trento e che verrà presentata anche il prossimo 29 gennaio in contemporanea a Torino, Milano, Bologna, Bari, Napoli, Palermo.

#5buoneragioni per accogliere i bambini che vanno protetti.
1. Per rinunciare per sempre agli stereotipi.
2. Per sostenere davvero la cultura dell’infanzia e dell’adolescenza.
3. Per ascoltare davvero i bambini e i ragazzi.
4. Per dare centralità ed esigibilità ai diritti dei bambini e dei ragazzi.
5. Per garantire a ciascuno il diritto di un progetto per sé.