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Tempi d’attesa e farmaci ‘miracolosi’. Intervento presidente ordine medici

di Redazione   
Tempo di lettura 4 min
Mar 23 Set 2008 09:18 ~ ultimo agg. 12 Mag 16:11
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L’intervento del pres. Ordine Medici Rimini, Geo Agostini

Si sente sempre più spesso parlare, anche sul nostro territorio, di tempi d’attesa definiti lunghi per visite specialistiche ed esami diagnostici. O di presunti “nuovi” farmaci che il più delle volte vengono descritti in termini miracolistici, con la conseguenza che tutti i pazienti li pretendono, anche quando non sono adatti alla loro situazione clinica, e si lamentano se il medico non li prescrive.

Io credo che per affrontare bene questi temi, che peraltro saranno al centro di due interessanti convegni che si svolgeranno a Rimini nelle prossime settimane, sia necessario partire da un approccio più ampio al problema.

I sistemi sanitari delle nazioni che si sono dotate di una assistenza socio-sanitaria universalistica, come quello italiano, rischiano di diventare insostenibili dal punto di vista economico.

Tale rischio è dovuto in particolare a:

accresciuto bisogno di salute e di benessere dei cittadini e accresciuta età media;
accresciuto costo dei servizi sociali e sanitari (in linea col costo della vita);
aumento del costo dei farmaci;
aumento del costo delle nuove tecnologie per la diagnosi e la cura delle malattie.
A proposito dei nuovi farmaci, voglio precisare che la ricerca ha prodotto, negli ultimi 25 anni, solo l’8 per cento di farmaci nuovi, mentre spesso si assiste al fenomeno del ritiro di farmaci alla scadenza del brevetto e alla riproposizione degli stessi in versione modificata, con costi anche 3-4 volte superiori.

Aumentano, inoltre, i farmaci prodotti con biotecnologie, che comportano costi fino a 30 o 40 volte più alti.

Un altro fenomeno su cui dobbiamo porre attenzione sono gli studi internazionali effettuati dalle multinazionali dei farmaci mirati all’inserimento sul mercato di nuovi farmaci cosiddetti preventivi, ma i cui reali guadagni di salute non sempre sono quantificati, ne’ tantomeno vengono comparati con i sicuri benefici ottenuti con una efficace educazione alimentare o con una politica di educazione alla attività fisica, alla disassuefazione dal fumo o dall’alcol.

Insomma stiamo medicalizzando le persone sane: di questo passo a 35 anni d’età il 50 per cento dei cittadini assumerà farmaci e a 50 anni l’80 per cento.

In particolare su questo tema si terrà un convegno il 4 e 5 ottobre, all’hotel National di Rimini, in cui si parlerà, tra l’altro, di farmaci e stili di vita.

Poi c’è l’altro tema, quello delle nuove tecnologie per la diagnosi e cura delle malattie (ecografie, risonanze magnetiche, tac, pet) che da recenti studi americani risulterebbero usate con inappropriatezza per oltre i due terzi. La conseguenza è non solo un esagerato costo per la sanità pubblica ma, specie nel caso della tac, un aumento della sottoposizione del paziente a radiazioni potenzialmente pericolose. Oltre, ovviamente, all’allungamento dei tempi d’attesa di cui si parlava all’inizio e di cui poi gli stessi cittadini si lamentano.

Di questo tema specifico si discuterà, in particolare, in un simposio satellite che si svolgerà il 16 ottobre nell’ambito del convegno “La comunicazione radiologica: dalle basi al referto strutturato” (hotel Le Meridien, Rimini). Il simposio si intitola “L’appropriatezza prescrittiva nella realtà riminese” e prevede la partecipazione del professor Stefano Zamagni e del dottor Pasquale Marano.

In attesa dell’incontro, per il ruolo che ricopro ho intanto il dovere di ricordare che:

il legislatore riserva una particolare attenzione ai medici, in quanto addetti alla salvaguardia della salute che è bene primario tutelato dalla Costituzione;
i medici, siano essi dipendenti o convenzionati o liberi professionisti, nei loro atti dispongono sempre di risorse pubbliche e per tale motivo svolgono sempre esercizio di funzione pubblica;
i cittadini devono avere la consapevolezza che anche da parte loro ci deve essere una appropriatezza nella richiesta delle prestazioni sanitarie ed una assoluta fiducia nelle competenze dei medici anche quando “si permettono” di giudicare inappropriata una richiesta che magari è stata suggerita al cittadino da persone che non hanno una laurea in Medicina e chirurgia, se non addirittura dal vicino di casa o dai mass media.
Una maggior consapevolezza, da parte di tutti, di queste dinamiche, potrà aiutare la sopravvivenza del nostro sistema sanitario nazionale che continua a fornire a tutti i cittadini prestazioni sanitarie essenziali in particolare nella prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione, nonché assistenza sociale, con particolare riguardo alle fasce più deboli.

Si tratta di una delle conquiste sociali più importanti dell’ultimo secolo e molte nazioni, anche gli Stati Uniti, stanno pensando di imitarlo.

Forse un po’ più di fierezza e responsabilità verso questo sistema, e un po’ meno di denigrazione gratuita, potrebbero essere buoni per tutti.

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