Indietro
menu
Newsrimini Politica Rimini

5 Stelle e Augè. Concordi su cittadinanza, ma assenti per polemica

di Redazione   
Tempo di lettura 7 min
Dom 18 Mar 2012 09:59 ~ ultimo agg. 15 Mag 14:07
Tempo di lettura 7 min

Sono altre le questioni prioritarie, per il 5 Stelle, a cui Amministrazione e sindaco in primis dovrebbero essere più presenti.
Spiega il capogruppo Camporesi (nella foto) in una nota: “mi rifiuto di prestare la mia presenza per un altro evento che al di là degli aspetti formali e sostanziali, sui quali sono d’accordo, costituisce ancora una volta prevalentemente un’occasione di creazione di consenso mediatico e generazione di una falsa immagine circa la qualità dell’amministrazione.

A cobnferma comunque della stima e rispetto per Marc Augè, il 5 Stelle allega l’intervento preparato ma non letto in aula.
__________________________________________________

Cittadinanza onoraria a Marc Augè, perchè sì.

Il movimento 5 stelle è orgoglioso di offrire la cittadinanza onoraria a Marc Augè, antropologo ed etnologo francese.
La sua età , maturata nei successi di pensatore della contemporaneità , si calcola dall’anno e dal mese in cui, per curiosa coincidenza, vennero varate le leggi di Norimberga. Furono il vessillo del pensiero razzista, lo spirito codificato con cui si delinearono gerarchie tra uomini, ovvero catalogazioni in livelli di dignità diverse. Furono provvedimenti coniati a difesa dal danno supposto di stranieri che stranieri non erano e ispirati alla concezione secondo cui alle caratteristiche fisiche si contrapponevano precisi comportamenti morali.
Se ora eleggiamo “diversità” a parola chiave, quella diversità era connotata a pericolo, pericolo di inquinamento e contaminazione a danno di razze ritenute migliori.

Augè sceglierà, per opposizione casuale e beffarda ai valori del tempo natale, di essere etnologo. Sceglierà nel ruolo di antropologo di scandagliare i patrimoni culturali delle genti più diverse e ignorate dall’antropocentrismo occidentale. Si volle contaminare di proposito dalle particolarità, della varietà, delle espressioni del vivere. In pratica vivrà, e si alimenterà di diversità e di comparazioni fra diversità interpretate in assoluta mancanza di valori gerarchici.
Sarà un pensatore dell’essere nella contemporaneità e nella diversità globalizzata,.
Ci piace coma la pensa e come ci guarda.

In Rovine e macerie. Il senso del tempo, Edizioni Bollati Boringhieri, descrive il suo lavoro:
L’antropologo parla di quel che ha sotto gli occhi: città e campagne, colonizzatori e colonizzati, ricchi e poveri, indigeni e immigrati, uomini e donne; e parla, ancor più, di tutto ciò che li unisce e li contrappone, di tutto ciò che li collega e degli effetti indotti da questi modi di relazione.

Ci accorgeremo che andrà oltre, occupandosi di dimensioni più complesse, di ordine filosofico più che strettamente antropologico; nella complessa contemporaneità l’individuo si differenzia da un se stesso ipotetico e stereotipato e da un gruppo senza particolari tipicizzazioni omologanti. E’ appunto una questione di concezioni mutevoli quelle che ci porteranno a intendere gli individui nella loro incorruttibile unicità, unicità in apparenti eguaglianze che arriveranno a determinare la probabilità di affinità genetiche con altri individui impensabili. Ora sappiamo, ma solo ora e grazie agli studi genetici, che potremmo essere molto più affini ad un boscimano che al nostro dirimpettaio di casa.

Gli studi di etnologia e di antropologia crescono nel mondo con lui, ma la sua è l’antropologia di una contemporaneità vicina. Più gli studi disveleranno peculiarità di luoghi e di genti lontane aggregate per leggi antiche di sopravvivenza, in condivisione di norme primordiali, secondo criteri faticosamente sedimentati e necessariamente funzionali, più cresceranno invece nelle metropoli delle società tecnologiche luoghi senza storia, aggregazioni solo casuali e apparenti di milioni di persone in transito, contenitori di nessuna affezione ma obbligatoriamente frequentabili. Sono luoghi che appartengono a tutti pur non essendo immagine di nessuno, nessuno vi ci abita, tutti li condividono.
Si allude ad es. alle stazioni, agli ipermercati, ai mondi virtuali , concentrazioni di individualità immerse nello stereotipo informe di collettività.

Ad Augè si deve appunto la formulazione della teoria dei NON Luoghi. Non luoghi: suggestioni di relazioni in clima di alterità, vissute cioè nell’assoluto disinteresse dell’altro ma con esso in condivisioni di necessità transitorie. In un’intervista del 2008 al festival della filosofia Augè ebbe modo di rilevare che anche la frequentazione della nostra interiorità rappresenta il transito ad un Non Luogo. Considera il nostro frequente trovarci sempre altrove e poco in noi, siamo di preferenza proiettati ad un decentramento da noi quando invece un buon rapporto con noi stessi potrebbe presupporre un buon rapporto con gli altri.

Lo troviamo preciso e consapevole nel guardare una politica a noi vicina che descrive quasi disorientata nell’ ammaestrare fatti da cui sembra scollata e al contempo responsabile: “ Il mondo è destinato a vivere un’altra guerra dei Cent’anni, ci avverte Augè nel suo DIARIO DI GUERRA , con i suoi alti e bassi, le tempeste e i periodi di calma, ma sarà una guerra interna, civile, una guerra squisitamente politica, la cui posta in gioco consisterà nel sapere se la democrazia può trasformarsi senza perdersi, se l’utopia planetaria è realizzabile o se alla lunga e fin negli astri, avranno la meglio le ingiunzioni alterne della follia religiosa e della barbarie mercantile.
Tragica e realistica visione questa di un potere che si arrende, incapace di gestire ciò che gli compete, supino ai sistemi di instancabile ingerenza, molle a contrastare le iniquità, stanco paladino dei sistemi democratici.

Ci piace Augè, ci smaschera negli effetti della globalizzazione amalgamante che ci presenta come una contraddizione tra uniformità e disuguaglianza.
Nella giostra stordente da eccesso di modernità ci fa scoprire gonfi da eccesso di ego, autoreferenti, in crisi di relazione, poichè è lo studio delle relazioni, qualsiasi siano gli insiemi relazionati, l’ambito dell’antropologia. E’ possibile quindi che la crisi della politica vada letta, con gli occhi di Augè, come la crisi tra i delegati e i deleganti un onere.

Studi di rapporti quindi, tipi di interconnessioni. soluzioni a connessioni, rapporti tra elementi e deduzioni dove il sé funge sempre da parametro. Anche un museo quindi, osando non troppo, per deduzione potrebbe essere interpretato come un NON LUOGO. dimensione tra un sé e beni o informazioni emblematici, provocatori di relazioni e nessi tra esperienze, luogo quindi non abitabile ma funzionale ad attivare rapporti tra “idee di.. ed altre idee di…”.
Si legge in una sua lectio magistralis del 2007:

C’è un film di Woody Allen ambientato in un grande centro commerciale. I protagonisti passano da un ristorante giapponese a un negozio di articoli indiani, a uno
spettacolo di intrattenimento. La macchina da presa non esce dal centro commerciale e non ce ne è bisogno: in fondo il mondo con le sue diversità è tutto racchiuso lì. [……..] Nello stesso tempo, le nostre città si trasformano in musei illuminati, […]
La citazione ci impedisce di sottrarci al riferimento che per eccellenza più ci riguarda: il MUSEO DEGLI SGUARDI allestito, nella fase finale della sua storia, col coordinamento direttivo di Marc Augè. Lo presenta come un percorso di relazioni ed atteggiamenti, sguardi appunto, con cui due interlocutori , intesi come oggetti o soggetti, che siano essi simboli, espressioni culturali, valori trascurati o celebrati, entrati in relazioni tra loro.
Le cose che gli uomini lasciano e gli uomini tutti, assoggettati alla mutevolezza che traduce scopi e intenzioni in valori diversi ed in eventi, vengono interpretate e interpretano, e nel farlo mutano le cose e loro stessi.

Pertanto – recita la presentazione- il museo rispecchia la curiosità di questi ultimi e di coloro ai quali essi si sono interessati. Più in generale, è risaputo che lo sguardo con cui gli Occidentali hanno osservato gli altri popoli è cambiato nel tempo, talvolta anche in funzione delle condizioni particolari in cui essi erano entrati in contatto con questi ‘altri’.
E’ risaputo altresì, che questo cambiamento non è stato lineare e che, nel rapporto con l’altro, nuove rappresentazioni possono aggiungersi alle vecchie senza che per altro queste ultime si dissolvano immediatamente. [….]
Il Museo degli Sguardi vorrebbe avvicinare il proprio pubblico alla dimensione riflessiva della nostra relazione con l’arte degli altri, rivelandola nei diversi aspetti che essa ha assunto a seconda del nostro sguardo …[…] perché abbiamo sempre bisogno di stupirci, di capire e di ammirare.”

Siamo grati ad Augè, a chi ci favorisce nell’assumere atteggiamenti disponibili e curiosi verso l’altro, e a ciò che riteniamo altro, pensandolo prezioso.

Altre notizie