I familiari di Bruna sono convinti: "Non si è suicidata, è stata assassinata"

La famiglia di Bruna Cancio dos Santos, la transessuale di 36 anni deceduta dopo un volo di una quindicina di metri dal balcone di un residence a Rimini nel quale alloggiava (vedi notizia), non riesce a darsi pace per la tragica fine e dal Brasile chiede risposte alle autorità italiane che stanno indagando sulla sua misteriosa morte.
E’ la nipote Beatriz Dória ad esporre le perplessità della famiglia su un’eventuale suicidio della 36enne: “Stava programmando di venire a trovarci nel mese di luglio – spiega ad alcuni media locali brasiliani -. Lei era il nostro grande amore, il nostro orgoglio. Non aveva motivi per suicidarsi, Bruna non lo avrebbe mai fatto“.
Secondo i familiari, la 36enne è stata uccisa: “Crediamo fermamente che sia stata assassinata perché c’erano sangue, vetri rotti e segni sulle sue braccia che indicano una lotta”. La nipote di Bruna fa riferimento alla vetrata dell’appartamento trovata in frantumi dai carabinieri e al fatto che sugli arti superiori della transessuale ci fossero dei tagli. Se Bruna avesse voluto suicidarsi – è il pensiero della famiglia – che bisogno aveva di frantumare la finestra prima di lanciarsi nel vuoto?
Gli investigatori dell’Arma, coordinati dalla Procura di Rimini, nell’attesa degli esiti dell’autopsia e delle analisi tossicologiche proseguono le indagini nel massimo riserbo e senza scartare alcuna ipotesi. Nonostante la famiglia spinga per il rimpatrio della salma, prima è necessario conoscere il responso del medico legale. Fino ad allora il corpo di Bruna resterà in Italia. “Siamo devastati, aspettiamo giustizia e vogliamo risposte”, è l’ultimo appello lanciato dalla nipote.