Indietro
menu
di carlo alberto pari

Se l'Italia fosse amministrata come la diocesi. Una riflessione

In foto: il Duomo di Rimini
il Duomo di Rimini
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
dom 26 mar 2023 08:05 ~ ultimo agg. 24 mar 15:13
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 3 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Pochi giorni fa la diocesi di Rimini ha pubblicato il bilancio 2022 (vedi notizia). I dati mostrano una contrazione significativa del debito, frutto di un impegno che dura ormai da dieci anni. Con lo sguardo di esperto di finanza sul tema vi proponiamo una riflessione di Carlo Alberto Pari.

Propongo un gioco, un ipotetico quanto assurdo paragone, che permette di focalizzare in poche righe, il valore di una gestione oculata, rivolta al bene comune e proiettata verso il futuro.

La situazione finanziaria della Diocesi della città di Rimini nel 2014, era abbastanza preoccupante: 36 milioni di debiti, dovuti soprattutto alla costruzione o ristrutturazione di immobili, senza dubbio utili e di bella immagine, ma estremamente impegnativi per una struttura che oggi, ha ricavi di poco superiori ai 4 milioni di euro annui. Un debito così elevato rispetto alle entrate, compromette la gestione corrente, mortifica le finalità dell’organizzazione, rende spesso insostenibili gli oneri finanziari, pregiudica l’autonomia condizionandola ai creditori.

La situazione finanziaria dell’Italia nel 2014, era abbastanza preoccupante : un debito pubblico di oltre 2.100 miliardi ed un PIL (prodotto interno lordo) di circa 1.600. Per non tediare con troppi dati, riporto solo una citazione, presente in una relazione della Commissione Europea del febbraio di quell’anno : “L’Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi, che richiedono un monitoraggio specifico ed un’azione politica vigorosa”. Nelle righe successive, si faceva esplicito riferimento al debito pubblico.

Dopo circa dieci anni, il debito della Diocesi di Rimini si è ridotto da 36 a 11 milioni di euro, con una contrazione in termini percentuali, vicino al 70%. Complessi gli interventi: tagli di spesa (non quella destinata all’evangelizzazione, tanto meno quella deputata alla promozione umana e servizi alla persona ed alla società, ergo carità, che risultano ancora oggi, le uscite di maggiore impatto nel bilancio); alienazione di beni (non strettamente utili alle finalità e scopi) ; trasformazione del debito (dal breve al medio lungo, con enormi risparmi sugli oneri finanziari); riduzione dei costi (anche del personale, ma senza alcun licenziamento). Il risultato finale: un risanamento eccellente, che tranquillizza il futuro e facilita gli obiettivi primari, tra i quali la carità, ove la Chiesa, molto spesso, surroga lo Stato.

Dopo circa dieci anni, il debito pubblico dell’Italia ha superato i 2.700 miliardi, con un aumento di oltre 600 miliardi, in termini percentuali, vicino al 30%. Discutibili, parte degli interventi: aumenti di spesa, raramente sulla sanità ed istruzione; ridotte alienazioni di beni non strettamente connessi agli scopi; esponenziale implemento del debito detenuto dalla BCE; non eclatanti i tagli sugli gli enti “inutili”, le infinite commissioni, i “bonus” a pioggia, i costi della politica, ecc.. Inoltre, purtroppo, gli oneri finanziari sono in pericoloso aumento, anche in considerazione dell’inflazione. Nonostante questa situazione, non certo idilliaca, molti politici, probabilmente in cerca di disperato consenso, continuano a proporre demagogicamente, progetti che tutti vorremmo venissero realizzati : implemento o conferma del reddito di cittadinanza (o simili), abolizione della precarietà nel pubblico impiego ( ma non solo), salario minimo congruo , ”bonus” per ogni crisi di settore, blocco delle riforme (per non scontentare nessuno), implemento degli stipendi erosi dall’inflazione, riduzione degli anni per i pensionamenti, incremento delle pensioni minime ed adeguamento all’inflazione delle altre, significativa detassazione dei redditi e del costo del lavoro e potrei continuare. Progetti perlopiù auspicabili, ma la serietà imporrebbe per ogni esternazione, di specificare dove reperire le risorse, in ogni caso, ma soprattutto in un Paese troppo indebitato. Di converso, se si pone la domanda sul tema, da diversi lustri, molti politici rispondono: dall’evasione. Un mantra, senza alcun significato reale, visto che semmai, prima si dovrebbe realizzare, poi investire il denaro recuperato. Intanto, il debito continua pericolosamente ad aumentare, ipotecando la vita delle generazioni che verranno, minando soprattutto i servizi fondamentali, come la sanità, l’assistenza, la previdenza, l’istruzione, la sicurezza.

Avulso da demagogica ipocrisia, è bene chiarire e prendere atto che il debito, seppure in alcuni casi ineludibile, quando diventa faticosamente sostenibile, non è mai “buono”, neppure per una Nazione, oltre ad impegnare il futuro, mortifica l’autonomia e la sovranità, condizionandole ai mercati.

Carlo Alberto Pari