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"Tre patti per avere futuro"

Acquisti Natale. Zanzini (Federmoda): negozi stritolati, fare scelta definitiva

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mer 7 dic 2022 16:01 ~ ultimo agg. 18:01
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Con l’approssimarsi del Natale e del periodo degli acquisti, il presidente provinciale di Federmoda Giammaria Zanzini lancia un grido d’allarme. “E’ il momento – dice – di fare una scelta definitiva su dove vogliamo indirizzare il futuro del nostro commercio e di conseguenza delle nostre città. Affinché sopravvivano i negozi di vicinato e non si spengano le vetrine, abbiamo bisogno di tre patti: il Patto di filiera con i fornitori per la divisione dei rischi d’impresa, il Patto morale con i clienti per le scelte d’acquisto e il Patto con gli amministratori su imposte e pianificazione.

L’intervento di Giammaria Zanzini (Federmoda)

Ci avviciniamo ai giorni dedicati agli acquisti dei regali di Natale, dell’abbigliamento per le feste e mai come adesso è il momento di fare una scelta definitiva su dove vogliamo indirizzare il futuro del nostro commercio e di conseguenza delle nostre città. Inutile negarlo: i negozi di vicinato vivono una crisi profonda, che parte da lontano con Leggi e interpretazioni capaci di affossarli, a cui ogni giorno si aggiungono altri fattori negativi. I negozi di prossimità sono stritolati da una morsa: da una parte l’aumento dei costi di gestione dovuti alla crisi energetica, al rincaro esorbitante delle materie prime e delle imposte che in 10 anni sono triplicate, degli indici ISA che impongono di essere congrui a non si sa bene che cosa; dall’altra c’è il calo delle vendite a causa di un’inflazione alle stelle a fronte di stipendi che rimangono gli stessi da decenni, dell’incertezza sul futuro che mortifica il potere di acquisto delle persone, dei cambi degli stili di vita dopo la pandemia e dei metodi di acquisto.
In questo quadro, se vogliamo continuare a vivere le città come le abbiamo sempre viste, ovvero illuminate, attive, vivaci, piene di gente, è il momento di firmare tre patti, che non sono solamente economici, ma etici. Il primo è il “patto di filiera” tra fornitori e rivenditori che auspico da tanto tempo, ma che ancora non si è attuato. Parlo di divisione dei rischi d’impresa, che ad oggi sono lasciati esclusivamente sulle spalle dei commercianti da fornitori che propongono condizioni contrattuali oltremodo stringenti e penali pesantissime tutelando solo la parte industriale senza tenere conto delle dinamiche della crisi che anche nel post-pandemia prosegue a ritmi serrati. Su questo fronte serve subito un intervento legislativo a tutela del commercio al dettaglio.
Dall’altra serve un “patto morale” con i clienti. In questo momento in cui le amministrazioni risparmiano spegnendo l’illuminazione pubblica e limitando eventi e iniziative, aumenta il valore delle nostre vetrine accese, presidio di vivacità e di sicurezza. Per salvaguardare quelle che rimangono illuminate nonostante le grandi difficoltà contribuendo a desertificare le città dopo aver già alzato bandiera bianca in molti piccoli borghi, serve che il consumatore faccia una scelta etica. Chiedo alle persone di mettersi una mano sulla coscienza e di smettere con gli acquisti sulle grandi piattaforme dell’on-line, perché per pochi spiccioli di risparmio e una comodità che non tiene conto dei costi sociali e ambientali, stanno letteralmente uccidendo i negozi. Chiedo di scegliere i nostri centri commerciali naturali, le nostre piazze e le nostre vie, di passeggiare, comprare oggetti di qualità, possibilmente made in Italy, e mangiare qualcosa in giro nei nostri bellissimi locali, godendo delle bellezze e dei monumenti che ci circondano ed evitando di affollare i centri commerciali e di indirizzare i propri acquisti verso aziende multinazionali che hanno sede e domicilio fiscale in chissà quale paradiso che opera tassazioni ben inferiori a quelle italiane.
Il terzo patto è quello che vorrei si firmasse con gli amministratori, a cominciare da quelli locali. Chiediamo una fiscalità agevolata per chi ha attività economiche nei centri commerciali naturali: la loro resistenza sul mercato ha anche un significato sociale di presidio e la loro proposta commerciale contribuisce alla valorizzazione del territorio. Oggi più che mai serve una pianificazione commerciale di eccellenza a tutela e salvaguardia del commercio; quella che il cosiddetto Decreto Bersani del 1998 poneva già nei primi articoli come finalità della riforma, ma che poi è stata talmente disattesa da aver innescato l’effetto contrario, puntando solamente sulla liberalizzazione, poi definitivamente attuata da Monti nel 2012 e sancita dall’Unione Europea con Disposizioni e Regolamenti che dimostrano come sia scollata dalla nostra realtà. Noi invece nella realtà ci immergiamo ogni giorno al momento di aprire le serrande e le porte delle nostre attività, sperando di avere la forza di continuare a resistere”.