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la giornata contro lo spreco

In Emilia Romagna in un anno si sprecano 774 chili di cibo a persona

In foto: repertorio
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di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 29 set 2022 12:51 ~ ultimo agg. 13:02
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Il 29 settembre è la Giornata internazionale sulla consapevolezza dello spreco alimentare, creata dopo l’emergenza Covid-19 dalle Nazioni Unite.

L’emiliano-romagnolo è un “consumatore attento”, in genere più della media nazionale. Ma spreca ancora tanto, troppo cibo. La stima è di 774 chilogrammi pro capite di alimenti ancora buoni da mangiare buttati via in un anno. Il dato emerge dal report dell’Osservatorio ‘Waste watcher’ guidato da Andrea Segrè su spreco alimentare, abitudini di acquisto e consumo delle famiglie emiliano-romagnole. All’indagine, condotta a inizio settembre, hanno partecipato 500 famiglie in tutta l’Emilia-Romagna. Negli ultimi sette giorni in media hanno sprecato 582 grammi di cibo pro capite: 610 in area urbana e 554 in area rurale, grazie a una “maggiore conoscenza del cibo, cultura alimentare e capacità di conservazione”, spiega Luca Falasconi, responsabile scientifico del report. Su un anno, la stima è di “774 chilogrammi pro capite di cibo ancora buono buttato”. Rispetto alla media nazionale, sottolinea Falasconi, in Emilia-Romagna c’è un “approccio migliore” al cibo, ma il dato dello spreco “è ancora molto elevato e quindi il lavoro da fare è ancora tanto”. Nella top 5 degli alimenti più sprecati figurano frutta fresca, insalate, verdure, tuberi e pane fresco. “Ma è un dato soggetto al periodo dell’anno in cui è stata fatta l’indagine”, segnala il responsabile del report, cioè inizio settembre.

Perché si spreca? Il 48% delle famiglie dà la colpa alla conservazione nei frigoriferi dei negozi di frutta e verdura, che poi una volta a casa “si deteriora prima”. Il 41% invece ammette di dimenticarsi dei prodotti che ha, mentre il 35% sostiene di compare alimenti “già vecchi”. Il 30% invece dice di fare male la spesa: o calcola male le cose che servono o compra più del necessario per paura di non averne.

Dall’indagine, segnala Falasconi, emerge anche che “quando si chiede dello spreco nella propria famiglia, le persone cercano ragioni per autoassolversi. Ma quando si chiede loro perchè gli altri sprecano, le altre famiglie vengono accusate di fare male la spesa, di dimenticarsi e di non gradire gli avanzi”. Che effetti ha lo spreco? Per l’80% delle famiglie che ha risposto all’indagine significa sprecare denaro, per il 78% (soprattutto le persone over 50) è diseducativo e immorale, per il 69% è uno spreco di risorse naturali e per il 66% aumenta rifiuti e inquinamento. Analizzando le risposte, però, viene fuori che “la fascia 18-24 anni e chi ha un reddito medio-basso non considera lo spreco di cibo un problema rilevante di cui preoccuparsi”, riferisce Falasconi.

Come si può ridurre il problema? Per l’86% delle famiglie emiliano-romagnole basta sapere bene cosa c’è in dispensa. L’85% inoltre consuma prima il cibo deperibile e quello scade prima, mentre l’84% consuma anche cibi scaduti da poco. Infine il 70% fa la spesa di frequente e il 65% fa attenzione alle scadenze quando compra i prodotti. A questo proposito, come acquistano gli emiliano-romagnoli? Il 56% compra in periodicamente prodotti a lunga scadenza e con più frequenza quelli freschi. Il 44% fa la spesa invece giorno per giorno, mentre il 29% compra sulla base di un menù settimanale o in base all’organizzazione di frigo e dispensa. Il 31% fa la spesa una volta a settimana, ma il 42% la fa anche più volte a settimana. Il 41% acquista spesso prodotti sfusi (il 46% qualche volta) per ridurre i rifiuti. “Ma il packaging non è solo negativo- avverte Falasconi- perchè aiuta anche una migliore conservazione del prodotto”. Il 60% inoltre compra il cibo legando qualità e prezzo, mentre il 31% disposto a spendere per prodotto di qualità.

Il 95% delle famiglie emiliano-romagnole che hanno risposto all’indagine sullo spreco di cibo, dice di acquistare cibo nei supermercati. Il 28% acquista anche nei negozi di vicinato, il 16% frequenta i mercati rionali e il 12% quelli contadini. Solo il 5% compra online e appena l’1% si appoggia a gruppi di acquisto. “La fascia 18-24 anni però predilige i negozi di vicinato- riferisce Falasconi- forse i giovani hanno voglia di riprendere una relazione con chi vende il cibo”. Infine, il 30% degli intervistati dichiara di seguire la dieta mediterranea, il 22% dice di avere un’alimentazione sana e attenta ai grassi, il 16% legata alla tradizione. A conti fatti, dunque, “l’emiliano-romagnolo è consumatore attento- afferma Falasconi- la maggior parte si informa su web e social per quanto riguarda l’alimentazione, soprattutto i giovani. Quindi per fare una corretta informazione e sensibilizzazione non si può prescindere da questi canali”. La maggior parte degli emiliano-romagnoli chiede di puntare sulla scuola per l’educazione al cibo e con campagne di comunicazione, ma “solo il 50% dichiara di sapere che i propri figli a scuola seguono lezioni o programma di educazione alimentare”.