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Seduta tematica

Consiglio comunale femminicidio: ok all'ordine del giorno

In foto: un momento del consiglio comunale
un momento del consiglio comunale
di Redazione   
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mer 27 lug 2022 13:48 ~ ultimo agg. 19:12
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Si è svolta ieri sera, nell’inedita cornice della Piazza Francesca da Rimini, la seduta tematica del consiglio comunale dedicata al femminicidio e trasmessa in diretta su Icaro TV. Dopo gli interventi del sindaco Jamil Sadegholvaad e della vicesindaca Chiara Bellini, hanno parlato Elvira Ariano dell’associazione Rompi il Silenzio, Donato Piegari dell’associazione Dire Uomo e la professoressa Pina Lalli, ordinaria in Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Bologna, che ha presentato alcuni dati dell’osservatorio di ricerca sul femminicidio, con un approfondimento sulle rappresentazioni nella cronaca e negli atti dei tribunali. Approvato infine l’ordine del giorno elaborato dalla Commissione pari opportunità con 22 voti favorevoli e 6 astenuti.

Il link alla seduta del consiglio

L’intervento di Chiara Bellini, vicesindaca

Il femminicidio è una piaga che sconvolge il nostro paese da molto tempo e ultimamente anche la nostra città è stato teatro di alcuni drammatici episodi di femminicidio, per questo la Commissione Pari Opportunità, di cui sono presidente, ha fortemente voluto questo consiglio comunale tematico. Usiamo il termine ‘femminicidio’ con consapevolezza perché si tratta di una specificità rispetto all’omicidio. Le circostanze sono ben precise: sono uomini che uccidono donne alle quali sono o sono stati legati da legami coniugali, di parentela o relazionali. Da alcune recenti indagini condotte dalla prof.ssa Pina Lalli è emerso il fatto che su 408 casi di donne uccise in un arco temporale preciso, il 96% è stato per mano di un uomo, e il 76% di queste avevano un legame affettivo con il proprio assassino. Sette donne su 10 vengono uccise in casa e raramente con armi da fuoco, mentre quasi sempre con strumenti a portata di mano (coltelli, martelli, eccetera). Sei donne su 100 vengono ammazzate di botte. Il femminicidio è l’epilogo di un lungo processo di violenze e prevaricazioni subite dalle donne: non esiste raptus né gelosia che possano giustificarne le cause.
Rimini con la sua provincia è una realtà virtuosa nella lotta contro la violenza, grazie a una serie di progetti, quali ad esempio il pionieristico progetto Dafne dell’Asl, e all’attività del centro antiviolenza Rompi il Silenzio così come di quelli per il recupero dei maltrattanti (LDV e Dire Uomo), della rete sinergica tra CSM, forze dell’ordine, questura e prefettura e tutti gli enti e le associazioni da sempre attivi sul territorio che – aspetto non banale e scontato – dialogano e operano con grande spirito di collaborazione. Abbiamo bisogno di stringere ancora di più i legami tra queste competenze e professionalità, e investire ancora di più nella formazione e nel cambiamento culturale, poiché la violenza affonda le sue radici nella disparità e nella mancanza di autonomia di molte donne. Nonostante si faccia già tanto, abbiamo bisogno di fare molto di più, a partire dal potenziamento della formazione e aggiornamento degli ordini professionali in prima linea (medici di base, psicologi e psicoterapeuti, assistenti sociali) e a quelli che possono diffondere una cultura di parità e di contrasto alla violenza (giornalisti, avvocati, personale scolastico, ecc.). Infine, solo se tutti quanti, come comunità intera, ci porremo in un’ottica di ascolto e di apertura alla ricezione del messaggio culturale di parità saremmo veramente in grado di trasmettere una coscienza nuove alle generazioni presenti e future.
Come amministratrice sarà mio impegno fare di tutto per favorire e promuovere tutte le iniziative che vanno dal contrasto della violenza attraverso il sostegno e il potenziamento della rete antiviolenza, all’attivazione di percorsi formativi, anche innovativi, come quello del “centro di formazione e ricerca per operatori di centri per uomini maltrattanti”, attivando politiche di empowerment nei confronti delle donne. Questo lo si può concretizzare solo attraverso i servizi, con delle politiche sociali e del lavoro a sostegno delle donne, che le sgravino dall’impegno totalizzante di cura e che le garantiscano possibilità di reimpiego nel mondo del lavoro. Sarà un processo molto lungo e complesso ma le sfide non hanno mai spaventato la nostra città.

In Emilia-Romagna esistono 22 centri antiviolenza, 44 case rifugio e 16 centri ascolto maltrattanti. Nel Comune di Rimini già dal 2007 è attiva l’associazione di volontariato Rompi il Silenzio, che in convenzione con l’Amministrazione gestisce il Centro Antiviolenza Comunale e sette strutture di ospitalità in protezione, oltre a collaborare con la Casa delle Donne nell’offrire servizi di accoglienza e consulenza legale e psicologica alle donne della città. Il Centro Antiviolenza opera a sostegno di donne che subiscono violenza e si occupa di fornire loro un servizio di prima accoglienza, sostegno economico e legale e accompagnamento nei loro percorsi di autonomia sostenendole in quello che è per tutte un momento di grave difficoltà. Nei suoi circa 14 anni di attività Rompi il Silenzio ha sostenuto nel percorso di uscita dalla violenza poco meno di 3000 donne, e nei primi 7 mesi del 2022 ha già seguito 210 donne in prima accoglienza, numero di poco inferiore a quello di tutte le donne accolte nell’intero 2021, che subiscono violenza sessuale, psicologica, fisica ed economica.

L’ordine del giorno

Il Consiglio Comunale di Rimini riunito in data 26 luglio 2022

PREMESSO CHE
In Italia, nonostante il dato complessivo degli omicidi sia in costante diminuzione, si assiste in controtendenza ad un aumento dei femminicidi. Il Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia che pubblica sul sito del Ministero dell’Interno dati e statistiche sulla violenza di genere, rileva che: le donne uccise nel 2019 sono state 109, nel 2020 117, nel 2021 119 e nel 2022 sono già 53 le donne assassinate per mano di uomini nei primi 6 mesi dell’anno (di cui 7 in Emilia-Romagna). Il 70% di questi delitti si consuma in ambito familiare/affettivo, nella maggior parte dei casi l’omicida è il partner o l’ex partner. Questo dato evidenzia un problema culturale radicato nella nostra società, che emerge anche da un’indagine promossa dal Dipartimento delle Pari Opportunità. Colpisce ad esempio il fatto che il 7,4% delle persone intervistate ritenga accettabile, sempre o in determinate circostanze, che un ragazzo schiaffeggi la sua ragazza perché ha civettato/flirtato con un altro uomo. Alla domanda sul perché alcuni uomini siano violenti con le proprie compagne, il 77,7% degli intervistati afferma che la causa principale è il considerare la donna proprietà dell’uomo. In sostanza, quando una donna non sottostà alle regole della cosiddetta “società patriarcale” (ricordiamoci che in Italia in delitto d’onore è stato abolito nel 1981), vede minacciata la sua incolumità fisica e psicologica.
Per contrastare le violenze è importante saperle riconoscere nelle diverse forme e nei diversi ambiti di vita e di lavoro. Non è sempre facile riuscire a individuare forme di discriminazione e di violenza non fisica, come quelle verbali o comportamentali. Un esempio sono quei pregiudizi nei confronti della donna che emergono a volte dai colloqui di lavoro quando, per esempio, a differenza di un uomo, viene chiesto se si intenda sposarsi o avere figli; oppure i comportamenti più o meno espliciti, le allusioni o certi tipi di commenti da parte di colleghi o datori di lavoro, cosi come un approccio verbale ambiguo, come le battute a sfondo sessuale fino ad arrivare a insulti, intimidazioni o minacce vere e proprie. Stereotipi o pregiudizi che sono già una forma di violenza, ma che troppo spesso vengono subiti e non denunciati per paura di perdere il lavoro, o semplicemente di non venire comprese. Per questo le istituzioni locali, insieme alle associazioni di categoria, ai sindacati, alle forze dell’ordine, potrebbero produrre un documento sulle buone pratiche di comportamento nei luoghi di lavoro, in grado di aiutare le organizzazioni nell’affrontare, riconoscere e punire ogni forma di prevaricazione di genere, salvaguardando così la dignità di ogni persona.
CONSIDERATO CHE
In Emilia-Romagna esistono 22 centri antiviolenza, 44 case rifugio e 16 centri ascolto maltrattanti. Nel Comune di Rimini già dal 2007 è attiva l’associazione di volontariato Rompi il Silenzio, che in convenzione con l’Amministrazione gestisce il Centro Antiviolenza Comunale e sette strutture di ospitalità in protezione, oltre a collaborare con la Casa delle Donne nell’offrire servizi di accoglienza e consulenza legale e psicologica alle donne della città. Il Centro Antiviolenza opera a sostegno di donne che subiscono violenza e si occupa di fornire loro un servizio di prima accoglienza, sostegno economico e legale e accompagnamento nei loro percorsi di autonomia sostenendole in quello che è per tutte un momento di grave difficoltà. Nei suoi circa 14 anni di attività Rompi il Silenzio ha sostenuto nel percorso di uscita dalla violenza poco meno di 3000 donne, e nei primi 7 mesi del 2022 ha già seguito 210 donne in prima accoglienza, numero di poco inferiore a quello di tutte le donne accolte nell’intero 2021, che subiscono violenza sessuale, psicologica, fisica ed economica. Rompi il Silenzio collabora stabilmente con le Forze dell’Ordine, con i Servizi Sociali di Tutela Minori, partecipa alla Rete Antiviolenza Provinciale e alla Rete Donna – in questi anni ha organizzato decine di corsi di informazione e formazione rivolti agli studenti di scuole e università, alle forze dell’ordine, alle istituzioni. Ha inoltre patrocinato corsi di autodifesa per le donne.
SOSTIENE
Le azioni e le iniziative che si propongono l’obiettivo di denunciare e superare l’ignominia della violenza sulle donne.
• La Convenzione di Istanbul, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica: detta convenzione è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. Nell’art.3 di detta convenzione, si precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione contro di esse;
• La legge 27/6/2013 n.77 e successive modifiche, con la quale il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica della suddetta Convenzione del Consiglio d’Europa:
• La Delibera della Giunta regionale n. 1011 del 28 giugno 2021, che approva il “Piano regionale contro la violenza di genere”, di durata triennale, che dà attuazione alla complessa legislazione sviluppata dalla regione nel campo della parità di genere, della lotta alle discriminazioni, nonché per la prevenzione della violenza di genere e la lotta contro le discriminazioni e violenze determinate dall’orientamento sessuale o all’identità di genere.

IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA COMUNALE:

• A potenziare la rete territoriale di contrasto alla violenza con i diversi comuni della provincia di Rimini;
• A sostenere e favorire iniziative volte a una diffusione capillare nella comunità della capacità di riconoscere i segnali e le dinamiche della violenza degli uomini contro le donne, con l’obiettivo di agevolare la richiesta di aiuto da parte delle donne grazie ad una maggiore consapevolezza e sensibilità della cittadinanza e delle istituzioni;
• A coinvolgere forze dell’ordine, ordini professionali, istituzioni ed aziende in attività di formazione sul riconoscimento della violenza e delle sue radici culturali, per limitare la vittimizzazione secondaria delle donne che chiedono aiuto e facilitare pertanto l’emersione della violenza e la fuoriuscita di chi la subisce;
• Ad individuare all’interno di tali realtà delle figure di riferimento che siano in grado di aiutare le donne vittime di violenza, fornendo informazioni sui servizi a disposizione sul nostro territorio. Al Pronto Soccorso ad esempio, dove le donne vittime di violenza vanno a medicarsi e poi, se le prognosi non superano un ceto numero di giornate, tornano a casa senza nessun tipo di supporto. O nelle RSA, dove le donne ospiti spesso subiscono maltrattamenti senza avere alcuna possibilità di difendersi e denunciare;
• A coinvolgere in particolare i media in attività di formazione che li portino ad adottare parole e modalità di comunicazione che evitino, nella narrazione della violenza e dei femminicidi, stereotipi vittimizzanti nei confronti delle donne e a riconoscere il ruolo fondamentale che una narrazione sensibile e non sensazionalista può avere nel favorire il riconoscimento della violenza e delle sue dinamiche, e conseguentemente nel prevenirla;
• A potenziare il lavoro di prevenzione nelle scuole attraverso la formazione e sensibilizzazione del personale, del corpo docente e delle/gli studenti, prestando particolare attenzione all’ascolto delle idee e degli stimoli provenienti da questi ultimi su come costruire relazioni non violente tra i sessi;
• A contrastare, con la massima urgenza, la violenza contro le donne assumendola come priorità nel definire le politiche di uguaglianza e pari opportunità fra uomini e donne, quali ad esempio l’adozione di codici di comportamento per gli uffici pubblici, come esempio virtuoso per quelli privati, in modo da favorire la diffusione di una cultura del rispetto e della libertà delle donne in ambito familiare, pubblico e lavorativo, dove troppo spesso le donne subiscono molestie senza avere strumenti chiari ed efficaci per fermarle e denunciarle;
• A potenziare i fattori che favoriscono l’uscita dalla violenza e la rendono possibile e sostenibile, quali l’accesso a casa e lavoro;
• A rafforzare l’impegno al sostegno ai centri antiviolenza e la diffusione di informazioni in più lingue sulla rete comunale di accoglienza e sostegno per le donne che subiscono maltrattamenti e/o coercizione.

ANNAMARIA BARILARI
ELISA MARCHIONI
BARBARA DI NATALE
MANUELA GUAITOLI
ILARIA MESSORI
DANIELA DEL LEORNARDIS
SERENA SOLDATI
GLORIA LISI