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"ridare valore alle parole"

"Pietà l'è morta". Una riflessione di Chiara Bellini dopo la tragedia di Cattolica

In foto: @adriapress
@adriapress
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mer 20 apr 2022 14:16 ~ ultimo agg. 21 apr 11:55
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Un dramma che, invece di suscitare compassione, ha scatenato il peggio di alcuni leoni di tastiera. La vicesindaca di Rimini Chiara Bellini interviene, con un’amara riflessione sui commenti social, seguiti alla notizia della morte del 47enne riminese che è deceduto, schiacciato da un bancale di casse d’acqua, mentre cercava di sottrarne alcune (vedi notizia).

‘L’ennesima morte sul “lavoro”’, ‘altissima purissima levissima’,’se l’ha proprio cercata’(si, avete letto bene, proprio cosi..’se l’ha…’), e poi un susseguirsi di faccine sorridenti e pollici in su, qua e là inframezzato dal classico ‘basta buonismo’. Un crescendo indegno in cui, per parafrasare un canto partigiano di Nuto Revelli , viene da commentare ‘pietà l’è morta’. Il bieco frasario dell’orrore, di cui sopra ho riportato per pudore e sintesi solo una piccola parte, è quello che si è scatenato sui social locali una volta diffusasi la notizia della tragedia in cui ieri ha perso la vita a Cattolica un uomo, rimasto schiacciato sotto un bancale di casse d’acqua, nel tentativo di sottrarne alcune. Un dramma che, invece di destare pietà e compassione, ha scatenato il peggio da alcune persone, che dietro la tastiera si sono sentite libere di poter dar fondo ad un registro spietato di volgarità, disumanità e violenze verbali di ogni tipo. Davanti a una persona morta. Senza più pietà, in uno scenario di impoverimento anche linguistico che non è mai solo una questione personale, ma anche e soprattutto di etica democratica o più brutalmente di cosa stiamo diventando e siamo già diventati.

Viene da chiedersi da dove provenga questo livore spropositato, ma soprattutto, da interrogarsi per capire i motivi della deriva di una società che non esita neanche più un secondo a condividere pubblicamente parole che non si sa da quale antro personale provengano. La pietà, o la compassione -ovvero il “patire insieme” – si sono tramutate, prima nel linguaggio e poi nei comportamenti, in una ricerca ossessiva dello “star bene da soli”, senza gli altri, anzi, contro gli altri. Contro questo odio è sempre più necessario uno sforzo di autentica resistenza, non solo per sradicare modelli culturali violenti, ma anche per dare rispetto alla vita umana e un senso al sentirsi e percepirsi come comunità. Come? cominciando a riprenderci cura delle parole, ridandogli valore, significato, peso e quella misura senza la quale, insieme alla pietà, rischieremmo di perdere definitivamente anche le fondamenta della nostra convivenza civile.