Oggi il gup del tribunale di Rimini, Benedetta Vitolo, con rito abbreviato (che prevede lo sconto di un terzo della pena), ha condannato a 8 anni di reclusione per tentato omicidio pluriaggravato in concorso Gaetano Antonini e a 5 anni e 4 mesi il figlio Francesco. Il sostituto procuratore Davide Ercolani, titolare dell’indagine, aveva chiesto per gli imputati pene più severe, rispettivamente a 12 e 8 anni, contestando anche l’aggravante dei futili motivi. Questa mattina il pm ha mostrato in aula, a titolo esplicativo, un coltello dalla lama di 10 centimetri simile a quello utilizzato da Gaetano Antonini al momento della brutale aggressione. Un fendente all’addome ritenuto potenzialmente mortale. Il 25enne magrebino deve la vita alla bravura dei medici dell’ospedale Bufalini di Cesena, che quella notte lo sottoposero a un delicato intervento chirurgico.
Sarebbe stato un debito di droga il movente del tentato omicidio, secondo quanto ricostruito dai carabinieri della Compagnia di Riccione, che si occuparono delle indagini. Padre e figlio, originari pugliesi, di 47 e 23 anni, difesi dall’avvocato Massimiliano Orrù, sono stati incastrati dal racconto di alcuni testimoni oltre che dalle risultanze degli accertamenti tecnici effettuati su alcune tracce ematiche riconducibili all’aggressione, avvenuta in due fasi.
Gli Antonini hanno respinto fino all’ultimo la ricostruzione dell’accusa fornendo una loro versione dei fatti. Sarebbe stato il giovane magrebino ad essersi presentato sotto casa loro, ubriaco, per minacciarli e insultarli. Fu lui – hanno sostenuto padre e figlio – ad assumere per primo un atteggiamento aggressivo che li costrinse a difendersi. Il fendente, infatti, sarebbe stato scagliato al culmine della colluttazione come estremo tentativo di difesa.