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martedì 23 aprile 2024
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Di Francesco Pancari

Rimini-Ravenna, questa foto fa male

In foto: Bambini e adulti del settore Distinti costretti dall'acquazzone a trovare riparo
Bambini e adulti del settore Distinti costretti dall'acquazzone a trovare riparo
di Icaro Sport   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
lun 29 nov 2021 17:14 ~ ultimo agg. 30 nov 19:25
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Di questa foto bisogna parlarne. Bisogna parlarne perché quei bambini invitati dalla Società per vedere la partita e invece costretti a ripararsi dalla pioggia sotto una balaustra con davanti dei cartelloni pubblicitari, di Rimini-Ravenna non hanno visto nulla.

Bisogna parlarne perché poi ci sono anche le foto degli adulti che durante la partita hanno scelto di andarsene a casa con i loro bambini. C’è amarezza in queste foto, tanta amarezza, e alle emozioni è giusto far seguire delle riflessioni. Ragionamenti tranquilli, grazie agli anticorpi che il passato ci ha lasciato, senza la rappresentazione fatta di opposti che il calcio tende a indirizzare, il bianco o il nero, con il rigetto della sfumatura.

Il dito non è puntato quindi, si cerca una strada, si cerca di capire la strada che abbiamo davanti. Si cerca una risposta al senso di vuoto che fa seguito a quelle foto perché non è in gioco soltanto una squadra, una società, ma l’identità personale e collettiva di una comunità che nell’ultimo decennio alla vigilia del centodecimo anno di storia, ha vissuto principalmente sconfitte e scossoni.

Questa è la stagione dell’ennesimo bivio sulla strada del Rimini, dalla Società ci si aspettava un rilancio dopo gli errori e le difficoltà dello scorso anno, un segnale che facesse capire che sì, il Rimini di oggi può essere un nuovo inizio. Il segnale più immediato c’è stato, il presidente Rota, al quale al netto dei tanti errori commessi va riconosciuta non solo la dignità di aver tenuto in piedi una stagione sanguinosa senza introiti ma anche l’orgoglio di non aver mollato, con le sole proprie forze ha ricostruito un gruppo che vede il calcio professionistico come obiettivo. Si respira maggiore credibilità, maggiore coerenza, la squadra che guida la classifica ne è una conseguenza.

Le 2.500 persone allo stadio per la partita Rimini-Ravenna dicono invece che c’è voglia di un nuovo inizio, che c’è vita attorno alla maglia a scacchi. Ora c’è da capire quale possibilità avrà questo seme, se questa stagione sarà diversa dalle ultime, se questo seme avrà il potere di guardare oltre. Già, guardare oltre. Oggi è questo che manca al Rimini: poter immaginare un futuro. Siamo condannati da anni a un eterno presente e ormai non basta più un campionato importante, è solo presente che senza nient’altro soffoca l’immaginazione. Non fantasia badate bene, quella guarda al mondo del non reale, parliamo d’immaginazione, di continuare il profilo nascosto delle cose, d’immersione e penetrazione nel reale di poter guardare un seme con la possibilità di immaginare il frutto.

La connessione con il solo presente annichilisce la possibilità di guardare oltre non ti fa avvertire l’odore, il sapore, il rumore, la fatica che serve per costruirsi insieme un domani, indebolisce la possibilità di meraviglia e soprattutto mette a rischio la possibilità di sentirsi parte di una storia con la profondità del passato e di apertura verso il futuro. Basta presente che si esaurisce e poi ritorna sempre uguale, basta ricominciare, basta ripartire da zero, quel termine che va tanto di moda la “resilienza” è sempre più difficile. Chi ama il Rimini e quindi Rimini ha già tante volte rimesso in piedi il giocatore rovesciato. Sì, perché giacché si parla di calcio, succede come per i calciatori del Subbuteo, possono traballare, barcollare poi però superano i problemi basculano e si rimettono in piedi; poi se lo scossone è troppo forte vanno giù, devi prenderli con le mani e rimetterli in piedi, non è che finisce il gioco, però si complica. Lo fai e ricominci e ti puoi riprendere.

Ecco il vero problema, allora: puoi. Perché possibilità non significa avere certezze, puoi sì, ma non è detto che tu ci riesca ancora una volta. Dopo un decennio che ha visto il Rimini per sei volte tra i dilettanti, la sensazione è che sia giunto il momento di decidere quale partita giocare.

L’immobilismo porterebbe a due strade: il ridimensionamento tra i dilettanti, per un calcio senza ambizione ma sostenibile, oppure che qualcuno degli avvoltoi che sorvolano il pallone riesca a mettere le mani sulla squadra. Ce ne sono stati tanti in questi ultimi anni che ci hanno provato, il che lascia pensare che non sia un caso ma che ci fossero le basi socio-economico-politiche per essere la calamita di tali disastri. L’altra via è di ragionare su cosa fare, su quello che si può fare per dare a quel seme la possibilità di crescere, al Rimini di poter immaginare.

Quella foto che costringe i bambini sotto una balaustra per ripararsi dalla pioggia con il campo negato alla vista è un’immagine che spiega perfettamente il contesto. Non è semplicemente una questione di strutture, di cui Rimini ha bisogno da tempo, della riqualificazione di uno stadio ormai lontano dalla direzione che ha preso il pallone, è l’immagine di una mancanza di visione, è il punto interrogativo della vita sportiva biancorossa. Un dilemma del quale non si vede l’oltre.

Ci sarà una concreta visione comune? Quando? Sì quando? È qui che si gioca la partita, che si gioca tutto tra parole e incontri più o meno interlocutori, questa è la vera partita: l’immaginazione oggi è più importante del come, dello spazio e del luogo.

Francesco Pancari