
Nel Riminese sono 291 i lavoratori che nel 2020 hanno perso la propria occupazione durante l’emergenza Covid, e ben 221 di questi di questi sono donne (il triplo degli uomini, 70). Eccoli i numeri che emergono dall’indagine dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Rimini.
Numeri impietosi, che fotografano una situazione preoccupante. Analizzando i dati delle dimissioni, infatti, emerge tutta la difficoltà delle donne nel conciliare il ruolo genitoriale con l’attività professionale in tempo di pandemia, soprattutto quando non c’è una rete famigliare (nonni o altri parenti) pronta ad aiutare i genitori nel lavoro di cura e assistenza dei figli piccoli. Neanche lo smartworking in molte situazioni è stato un salvagente, perché in molti casi si è sovrapposto al carico della cura della famiglia e della didattica a distanza, senza concedere alle lavoratrici la possibilità di una separazione degli spazi tra cura famigliare e lavoro. E qui viene alla luce anche l’insufficiente sensibilità dei datori di lavoro nell’andare incontro a richieste di part-time o rimodulazione della prestazione da parte del lavoratore.
In provincia di Rimini le dimissioni volontarie delle lavoratrici risultano essere 204, 11 invece i casi in cui l’interruzione del rapporto di lavoro è arrivata per giusta causa. Le donne più penalizzate sono quella nella fascia d’età 30-34 anni, mentre il settore che ha registrato il maggior numero di dimissioni (26) da parte di donne è stato quello del commercio all’ingrosso e al dettaglio, seguito dalle attività manifatturiere e dai servizi di alloggio e ristorazione.
“La speranza – afferma Adriana Ventura, consigliera di parità della provincia di Rimini – è che nel piano economico del Recovery Fund il Governo trovi misure e risorse a favore dell’occupazione femminile, tese a combattere una disparità di genere che in Italia è più che mai evidente, come dimostra il tasso di occupazione femminile, fermo al 49,5%, uno dei più bassi in tutta Europa”.