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la sentenza

Vogliono imporle di sposare il cugino, famiglia tunisina assolta

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 2 lug 2021 13:26 ~ ultimo agg. 19:08
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Voleva vivere all’occidentale, ma soprattutto non voleva sposare il cugino, come invece le sarebbe stato imposto dai genitori. Una 25enne tunisina, da oltre 15 anni residente con la famiglia a Rimini, aveva denunciato per maltrattamenti padre, madre e due fratelli maschi, poi finiti a processo. Ieri l’intera famiglia è stata assolta dall’accusa di maltrattamenti: i due fratelli per non avere commesso il fatto, mentre i genitori perché il reato è stato derubricato in lesioni. La figlia nel frattempo li ha perdonati, ritirando le querele sporte.

Le tensioni tra la ragazza e la famiglia negli ultimi tre anni si sono evidentemente ricomposte. All’epoca però né il padre, che lavora in città come pescatore, né la madre, casalinga, approvavano il suo modo di vivere all’occidentale e non perdevano occasione per rinfacciarglielo. Erano contrari alle sue amicizie, al suo modo di vestire e, più in generale, al suo modo di concepire la vita, non adatto per una ragazza musulmana. In casa i litigi erano all’ordine del giorno e, spesso, dai rimproveri verbali i genitori e i due fratelli sarebbero passati alle percosse fisiche, puntualmente denunciate dalla ragazza ai carabinieri. Che nell’estate del 2018 se n’era andata di casa, spaventata – come aveva raccontata lei stessa in aula – dall’idea di dover sposare il cugino: “Diventerai sua moglie, non hai scelta”, le avrebbe intimato il padre in più di un’occasione.

Gli avvocati Alessandro Pierotti e Natascia Montanari, che hanno difeso la famiglia musulmana, hanno sempre sostenuto che i contrasti erano da ricondursi a una conflittualità tra diverse generazioni e che le liti, degenerate in schiaffi e minacce, in realtà erano state ingigantite dalla figlia. L’imposizione delle nozze, invece, si sarebbe rivelata del tutto infondata. Così il giudice, anche alla luce della riappacificazione tra la 25enne e la sua famiglia (la figlia è tornata a vivere a casa e i genitori hanno accettato il suo stile di vita) e del ritiro delle querele, ha decretato l’assoluzione degli imputati, ritenendo con tutta probabilità leciti – ma si dovranno attendere le motivazioni della sentenza – i ‘metodi correttivi’ dei familiari, che rischiavano da uno a 3 anni di reclusione.