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Le priorità al tavolo provinciale

Lavoro stagionale. CGIL: cosa c'è dietro un modello che perde pezzi

In foto: repertorio
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di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 17 giu 2021 16:15 ~ ultimo agg. 16:28
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Cosa c’è dietro la carenza di settemila stagionali nel settore turistico della Riviera? Per la CGIL, un modello che perde pezzi e che esce dalla pandemia con un rischio di precarietà occupazionale ancora più alto. Il sindacato elenca i temi che saranno portati al tavolo provinciale sul turismo in un intervento firmato da Mirco Botteghi e Alessandra Gori, rispettivamente segretari di  FILCAMS CGIL e NidiL di Rimini.


Il lavoro stagionale nel turismo non è attrattivo. Imprenditori, fatevi delle domande serie sul perché!

Gli operatori turistici continuano ad indicare come causa della impossibilità di reperire personale per la stagione estiva i sostegni economici erogati dallo Stato. Tradotto: impoveriamo ancora di più i lavoratori così sarà più facile per le imprese offrire lavoro scarsamente retribuito, precario, sfruttato. Talmente poco appetibile questo lavoro che ormai anche i vecchi bacini di reclutamento, il Sud dell’Italia e i Paesi stranieri dell’Est Europa ma non solo, sembrano sordi all’appello. In realtà pesa anche la difficoltà dei collegamenti dovuta alla pandemia. Questo blocco, infatti, ha avuto degli effetti non solo nel turismo, ma anche in agricoltura e in generale dove le condizioni di lavoro sono più precarie e sfruttate.

Dove e come si offre lavoro

Dall’inizio della stagione estiva nel comparto turistico le associazioni degli imprenditori denunciavano in Riviera Adriatica la mancanza di 7.000 lavoratori. Si presume che molti di questi siano stati reperiti perché al Centro per l’Impiego, ad oggi, le offerte di lavoro stagionale nel settore si fermano a circa 600. Anche dei 7.000 non c’è mai stata traccia e risulta pertanto evidente che le offerte di lavoro non passano dai canali pubblici come il Centro per l’Impiego, ma attraverso altre modalità meno trasparenti. Per quanto riguarda i Centri per l’Impiego, poi, occorrerebbe potenziarne l’attività così come bisognerebbe attivare la formazione permanente rimasta nelle intenzioni.

Lavoro senza qualità

Ci sono i contratti di lavoro nazionali, ma sappiamo che nella maggior parte dei casi non vengono rispettati sia per quanto riguarda la retribuzione, che l’orario di lavoro settimanale, che il giorno di risposo.

A fronte di questo lavoro sottopagato o in nero la stessa indennità di disoccupazione non svolge più il ruolo che aveva prima dell’introduzione del Job Act, la nefasta riforma del lavoro del Governo Renzi. L’indennità NASPI non tenendo conto della peculiarità del lavoro stagionale e decurtando le mensilità rispetto alla vecchia normativa nel periodo invernale, non ha più permesso ai lavoratori stagionali di “sopravvivere” per il resto dell’anno. Una iniquità tale per cui i benefici economici derivanti dal turismo premiano soltanto l’impresa e penalizzano chi nell’impresa lavora.

Il modello perde pezzi

L’attuale modello su cui si fonda l’industria turistica, anche alla luce della pandemia, ma prima ancora della crisi economica e finanziaria dell’ultimo decennio, sta mostrando tutte le sue criticità che possono essere affrontate solo a livello di Sistema. Contrapporre al lavoro di qualità, al lavoro regolare e alla cultura della legalità che la CGIL propone, la precarietà, il lavoro povero, il lavoro nero e irregolare significa votarsi alla consunzione.

Abbiamo sul territorio qualificate scuole che formano tanti professionisti che potrebbero dare lustro alle nostre imprese turistiche e invece queste ragazze e questi ragazzi per trovare un lavoro dignitoso e giustamente remunerato devono andarsene altrove. E come dargli torto se addirittura c’è chi auspica un ritorno all’utilizzo dei voucher?

Così si alza il lamento di chi non trova più la disponibilità a farsi sfruttare neppure dei ragazzini come invece accadeva nel secolo scorso. E anche di chi non digerisce che la legge italiana e della Regione Emilia Romagna consentano di assumere come apprendisti stagionali i ragazzi che abbiano compiuto 16 anni ma, ovviamente, pagando i contributi e facendo veramente formazione, oppure che non sia consentito utilizzare, per fini che non siano formativi, i ragazzi che svolgono stage o tirocini.

Questi temi e queste criticità porteremo al Tavolo provinciale dedicato al Turismo. Il nostro impegno va nella direzione di un nuovo modello improntato sulla sostenibilità a partire dalla qualità del lavoro.