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giovedì 28 marzo 2024
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Una vita da portiere

Intervista all'ex portiere Ziliani, ora nell'Area Scouting della Triestina

In foto: Leonardo Ziliani
Leonardo Ziliani
di Icaro Sport   
Tempo di lettura lettura: 7 minuti
dom 9 mag 2021 17:05 ~ ultimo agg. 17:31
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Leonardo Ziliani, ci racconti l’esperienza che sta vivendo attualmente con la Triestina Calcio.
“Quando Ivan Zampaglione, responsabile dell’Area Scouting della Triestina mi ha contattato e mi ha esposto il progetto della società, proponendomi il ruolo di Supervisor Scouting e analisi ruolo portieri per questa stagione sportiva, ho subito accettato. Conosco Ivan da molto tempo: siamo stati compagni di squadra, lui è una persona di grande esperienza, ha collaborato con società come Parma, Modena e Real Madrid, e ha creato una rete di scouting in tutto il territorio nazionale ed estero. Ho accettato questa nuova avventura perché avevo voglia di nuove esperienze e anche perché in questi anni si è parlato molto del ruolo dello scouting dei calciatori di movimento ma molto meno di quello relativo la figura del portiere, un ruolo che lascia ancora spazio ad approfondimenti e sviluppi. Il portiere è un ruolo particolare: si tratta di una disciplina individuale all’interno di un contesto di squadra, di collettività. Non esiste una vera e propria formula matematica per capire e riconoscere il talento di un giovane: il calcio è uno sport fatto di situazioni, un ruolo come quello del portiere è ancora più complicato da capire. È un ruolo in continua evoluzione, a riguardo esistono diverse definizioni e filosofie di pensiero. Secondo alcuni il talento è una formula di fattori, per altri invece è l’espressione di doti innate. Il talento lo capisci soprattutto in gara, dalla capacità di agire con semplicità e naturalezza. È sicuramente importante anche la predisposizione al miglioramento attraverso l’allenamento. Il mio obiettivo principale è analizzare i portieri.
Le nostre analisi vengono messe a disposizione e coordinate da Giuseppe Grenga (capo macro area nazionale dell’area scouting), che insieme al supervisor match analyst Sandro Graziotti ha il compito di fornire in maniera continuativa informazioni allo staff ai fini di una corretta valutazione delle prestazioni della squadra. Occorre osservare e analizzare tutte le attività che riguardano la vita della propria squadra. Pertanto parliamo anche delle gare degli avversari oltre a quelle della propria squadra e degli allenamenti”.

Cosa pensa dell’evoluzione del ruolo del portiere nel calcio di oggi? O fa parte della schiera di persone che sostengono che nel calcio non ci sia niente da inventare?
“Io credo che il calcio sia uno sport in continua evoluzione: già ai miei tempi ricordo che mister Franco Scoglio utilizzava e riportava in campo movimenti e situazioni che normalmente venivano utilizzati nel basket. Oggi l’utilizzo del ruolo del portiere sta andando verso una nuova evoluzione, basti pensare che il portiere di movimento era una figura che veniva utilizzata solo nel calcio a cinque. Il portiere, tramite le sue giocate, è diventato l’uomo in più anche nel calcio: può creare situazioni offensive interessanti e molto efficaci, per cui oltre a saper parare è fondamentale sia bravo con i piedi e possieda padronanza dei fondamentali. Un esempio nel campionato italiano è Reina, portiere della Lazio, diventato un playmaker fondamentale per la squadra. Il suo gioco con i piedi lo rende un portiere moderno, merito sicuramente del lavoro fatto nelle giovanili del Barcellona quando aveva quattordici anni”.

Un consiglio che può dare ai giovani che vogliono diventare portieri?
“Ai giovani dico che non basta il talento, ma serve tanta propensione al sacrificio. Io ho subito diversi infortuni che hanno condizionato la mia carriera sportiva e creato problemi e dolori che mi porterò dietro per tutta la vita. Ho subito ben cinque interventi chirurgici e dopo tutto questo i dottori mi avevano dato una bassissima percentuale di possibilità, quasi il 30%, di poter tornare a giocare, il restante 70% doveva arrivare dalla mia forza di volontà. Bisogna prepararsi a sopportare il dolore e tanta fisioterapia. Ricordo che ci sono voluti quasi sei mesi per tornare a camminare. Ma io ho sempre creduto in me e la determinazione mi ha dato la forza di rincominciare. Dopo gli infortuni mi sono tolto anche delle belle soddisfazioni, anche se il treno più importante della mia vita da atleta lo avevo perso. Ancora oggi mi porto nel cuore tanti ricordi, sicuramente le esperienze più belle dopo il recupero fisico sono state quelle in Spagna e Svizzera, anche se il periodo vissuto a Sofia, in Bulgaria, mi ha fatto crescere tanto come persona. Sono riuscito a convivere e continuo a convivere con quei dolori grazie al sacrificio. Il sacrificio è l’essenza della vita. Per questo dico ai giovani che se vogliono riuscire nel calcio o nello sport in generale devono allenarsi bene, da questo dipende il loro futuro”.

Come vede la situazione attuale e futura dello sport a causa di questa pandemia che stiamo vivendo?
“La pandemia ha scosso il mondo , evidenziando la nostra vulnerabilità. Oltre all’impressionante perdita in termini in vite umane, il danno economico generato da questa crisi è di così vasta portata da non lasciare nemmeno intravedere tutti i possibili contraccolpi a medio e lungo termine, sia per le aziende che per le persone. Ho letto un articolo di Marco Iaria della Gazzetta dello Sport nel quale ha ricostruito un scenario assai crudo, nel quale gli sponsor sono in fuga dallo sport: -28%, con gli investimenti che sono passati da 903 milioni a 650 milioni. Soltanto il calcio di vertice “tiene”, mentre volley e basket hanno avuto una grande flessione e non oso immaginare cosa accadrà allo sport dilettantistico nei prossimi anni”.

Come giudica le restrizioni imposte al calcio e allo sport in generale, e come le sta vivendo?
“Non voglio giudicare le restrizioni che il governo ha imposto nello sport perché non ho le conoscenze né i mezzi per giudicare, ma vedere che molti sport all’aperto non potevano ripartire a differenza di altre discipline al chiuso non è che la sconfitta di tutto il sistema sportivo, sintomo di un’unità che non c’è mai stata tra le varie Federazioni. Le diatribe tra Coni e FIGC fanno male allo sport, molte cariche istituzionali hanno dimenticato il vero significato che ha lo sport e il suo potere: lo sport è la chiave di volta per il futuro. Lo sport si pone come driver per sviluppare e sensibilizzare progetti di responsabilità sociale in tutti i settori, dal sociale all’ambiente, dal campo economico fino al settore cultura. Lo sport rappresenta un sistema di vita capace di unire generazioni differenti legate dagli stessi principi. Lo sport parla la stessa lingua fatta di sacrifici, impegno, dedizione, di una continua ricerca di migliorare per arrivare alla vittoria. Senza questi elementi non vai avanti nella vita”.

C’è una strada per uscire da questo difficile momento? In una recente intervista lei ha dichiarato che questo è il momento per cambiare e innovarsi?
“La pandemia ci ha cambiati, ci ha costretti a trovare nuove soluzioni, anche se stiamo attraversando un momento difficile. Se ti guardi indietro vedi che le maggiori innovazioni della storia sono nate in momenti di grande difficoltà. Picasso diceva che ogni atto di creazione inizia con un atto di distruzione. In questo momento critico non sopravvive il più forte o il più intelligente, ma chi è capace di adattarsi al cambiamento. Immaginare che lo sport possa essere una soluzione significa avere visione, avere coraggio e scommettere su un ecosistema, quello sportivo, adattabile e compatibile con qualsiasi settore. Da solo lo sport non può risolvere i problemi, ma in collaborazione con altri settori, può essere la chiave di volta. A Rimini lo sport può dare una spinta al turismo, lo sport rappresenta una nuova idea di responsabilità sociale, vuol dire vivere in un mondo migliore. Potrebbe essere una chiave interessante per modellare e migliorare un futuro che deve continuare ad appartenerci e a farci sentire protagonisti”.

Cos’è per lei lo sport e come lo vive?
“Per me lo sport è casa, lo sport è vita. Sono un amante dello sport: mi fa sentire bene, vivo, mi dà energia. Sono stato calciatore è sarò calciatore e atleta per sempre nello spirito e nell’anima, nel modo di agire e di pensare. Lo sport è una grande palestra che ti regala insegnamenti che ti porterai per tutta la vita. Sto cercando di trasmettere questi insegnamenti anche a mia figlia, sono felice che stia trovando il suo percorso sportivo: attualmente sta giocando a calcio nel Rimini United B.S.G., una società con sani principi e valori, ma quello che mi rende felice è quel senso di appartenenza territoriale che vedo in lei. È orgogliosa di indossare quella maglia perché è la squadra del quartiere dove viviamo; mi fa ricordare quando ero piccolo. In questi giorni ho chiesto a mia figlia cos’è il calcio per lei, la sua risposta è stata questa: “Mi sento libera e viva, quando gioco è come una magia”. Questa risposta mi ha fatto capire quanto sia importante lo sport per loro, che sono la futura generazione”.

In questo difficile momento sta pensando a nuovi progetti a breve e a lungo termine e a nuove collaborazioni?
“In cantiere ho tante idee e sicuramente nei prossimi progetti il mio obiettivo sarà trasmettere oltre ai principi sportivi quelli della sostenibilità e della sicurezza. Per questo nei nuovi progetti mi pongo l’obiettivo di rendere il mondo un posto migliore o perlomeno più interessante per i nostri figli. Il mondo dello sport è un ottimo veicolo per comunicare i valori di nuovi stili di vita in campo ambientale, sociale ed economico. Anche gli eventi possono ridurre l’impatto ambientale attraverso l’attuazione di interventi e procedure ad-hoc: abbattimento delle emissioni, gestione dei rifiuti, logistica e mobilità, food & beverage, risparmio energetico e idrico, comunicazione green, responsabilità etico sociale, eccetera”.

È da anni che sta lavorando al progetto di una beach arena, pensa che possa essere l’anno giusto?
“Sono molto dispiaciuto perché il progetto sportivo sul quale stiamo lavorando, trovando una sinergia con la Marina di Rimini e con una nota agenzia milanese di marketing sportivo per la valorizzazione dell’area di San Giuliano Mare e della Darsena e per creare un binomio vincente sport-turismo e una riqualificazione dell’area con un nuovo format di Academy, è stato posticipato alla stagione estiva 2022. Le istituzioni hanno preferito, visti i problemi legati al Covid, non sostenere adesso questo progetto, anche per questo che abbiamo deciso che per il Rimini Beach Soccer sarà un anno di transizione. Senza un’arena tutto diventa difficile. Secondo il mio modesto parere non sono il Giro d’Italia o la MotoGP a “creare” turismo, ma gli sport che possono offrire una “experience”, una esperienza unica allo sportivo amatore disposto a farsi un weekend o una vacanza provando quelle emozioni in prima persona. Ci siamo dati una scadenza, dopo la quale se non ci sarà interesse da parte delle istituzioni porteremo il progetto in qualche altra località”.

Altri progetti futuri?
“In questo periodo sto mettendo in cantiere nuove idee e impostando nuovi progetti e collaborazioni. Sono sempre stato un giocatore atipico, anche quando giocavo: ho sempre portato avanti gli studi da designer, realizzato mostre di quadri e lavori grafici; negli ultimi anni, quando giocavo in Svizzera, disegnavo la linea giovane per uno stilista a Milano. Adesso sto sviluppando una nuova linea estiva. Sto lavorando anche ad un nuovo format televisivo sempre inerente lo sport, sviluppando il progetto con una nuova visione dell’innovazione. Credo nella digitalizzazione, dal mio punto di vista innovare nel mondo del calcio o nello sport in generale significa semplicemente cercare di tenere un club al passo con i tempi, cercando di analizzare e adattare le migliori idee, strategie e trend. Obiettivo è quello di coinvolgere sempre di più i tifosi e gli sponsor”.

Sappiamo che è stato contattato da un’importante agenzia di procuratori sportivi per preparare i loro assistiti per la prossima stagione.
“L’estate scorsa ho fatto il favore ad un mio caro amico ex calciatore di preparare il figlio, che fa il portiere. Il mio obiettivo è stato metterlo in forma a livello fisico e mentale prima che raggiungesse in ritiro la sua squadra. Chi mi conosce sa che io ho un modo tutto mio di preparare i portieri: non li alleno solo sul campo, una buona parte della preparazione la svolgo in acqua e sulla sabbia, prendendo spunto dall’esperienza che ho avuto nel calcio, nel calcio a 5 e nel beach soccer. Non sapevo che il ragazzo fosse assistito da una famosa agenzia di procuratori sportivi che ha anche una sede a Londra. I suoi procuratori sono stati contenti del mio operato. Tra i loro assistiti ci sono importanti calciatori, a livello nazionale e internazionale. Mi hanno proposto di rifarlo anche questa estate. Ci sto pensando, vedremo nei prossimi giorni cosa succederà”.