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sabato 20 aprile 2024
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Calcio Serie D

Mastronicola saluta i tifosi del Rimini e punta il dito contro il DS Tamai

In foto: Alessandro Mastronicola
Alessandro Mastronicola
di Roberto Bonfantini   
Tempo di lettura lettura: 8 minuti
ven 29 gen 2021 15:33 ~ ultimo agg. 31 gen 10:36
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Il giorno dopo la decisione di rassegnare le dimissioni da allenatore della Rimini Calcio Alessandro Mastronicola ha incontrato gli organi d’informazione per chiarire la sua posizione e salutare i tifosi biancorossi.

Perché questa conferenza stampa? “Io voglio essere giudicato, come fate sempre, per quanto riguarda il campo e non per altre cose, che non mi appartengono – attacca Mastronicola -. Fin quando si parla di un cambio sbagliato, di una formazione sbagliata, di una partita non vinta, di una partita non giocata bene va benissimo. Questo è il gioco del calcio: voi criticate o elogiate, i tifosi criticano o elogiano e mi sta bene tutto, poi quando si va oltre non va bene ed è giusto che alcune cose vengano chiarite. Io sono qui per prendermi le mie responsabilità per quanto riguarda il campo, però altre responsabilità c’è bisogno che se le prenda qualcun altro”.

Quali sono le reali motivazioni delle sue dimissioni? “È una decisione non presa di pancia, ve lo posso assicurare. La prima cosa è che era una situazione ingestibile a livello di numeri di rosa: troppi giocatori, troppi giocatori che io non utilizzavo, troppe lamentele, e non avevo più voglia di questo. Non mi sentivo più protetto, forse non mi sono mai sentito protetto da chi di dovere, anche quando sono arrivati i risultati non mi sentivo protetto. Quando abbiamo fatto tre vittorie di fila io avrei potuto battere i pugni sul tavolo, in realtà non mi è stato permesso perché era un continuo rimandare a domani le scelte che avremmo dovuto fare ieri. Mi continuavano a ripetere: “devi fare una lista”. Una lista che avrò scritto più di cento volte, però evidentemente faceva comodo a qualcuno tenere la rosa così ampia, fino ad aspettare le sconfitte. Nelle vittorie non gioiva nessuno se non io, nelle sconfitte gioiva una sola persona. Dopo Bagnolo avrei voluto già lasciare tutto, ma i miei collaboratori mi hanno convinto ad affrontare la partita di mercoledì, le condizioni però non c’erano già più. Quando uno non si diverte più… questo per me oltre ad essere un lavoro è una passione, che è quella che mi fa andare tutti i giorni al campo o stare qui in magazzino a studiare le partite degli avversari. Quindi giovedì mattina, ma serenamente, avevo già deciso di fare questa scelta. Non è come in tanti avete detto o scritto, o come qualcuno vuol far passare che dopo quello che è successo a Mezzolara (il riferimento è alla violenta lite con il difensore Gigli, ndr) abbia rassegnato le dimissioni. Non è vero”.

A chi fa riferimento? “Al direttore sportivo (Pietro Tamai, ndr), colui che mi avrebbe dovuto tutelare e invece era colui che era felice delle nostre sconfitte”.

C’è qualcosa che si rimprovera? “Io mi rimprovero tante cose. Per quanto riguarda il campo io sono il primo a guardarmi allo specchio la sera e a chiedermi se le cose siano state fatte bene o male. Tante cose io le devo e le voglio migliorare, quello è il campo che ti dice in che direzione deve andare il lavoro. Per il resto non mi rimprovero nulla in una stagione complicata per me e per gli altri. Ho parlato con tutti gli allenatori che ho affrontato la domenica, ultimo Togni (allenatore del Mezzolara, ndr) e lui diceva le stesse cose che dicevo io. Una difficoltà enorme in una stagione in cui tu provi in campo delle cose fino al giovedì o al venerdì e poi non sai se la domenica potrai schierare quel tipo di formazione. Poi le difficoltà a gestire 31 giocatori, di cui undici vanno in tribuna. Sono quelli che sono sempre giustificati e che poi gioiscono quando tu non vinci”.

Questo vuol dire che non c’era unità d’intenti? “Si gioisce perché dopo una sconfitta tu puoi comprare un giocatore piuttosto che mandarne via uno”.

Sul rapporto con il presidente, Alfredo Rota. “Io con il presidente Rota sono rimasto non in ottimi rapporti, di più, perché io con il presidente ho avuto tante volte modo di parlare. Io sono uno che si è preso sempre le sue responsabilità, sempre e comunque. Non ho mai additato nessuno, però quando il problema è solo l’allenatore a me non sta bene. Non ce l’ho assolutamente con il presidente, anzi io spero che il presidente continui questa sua avventura perché non si trovano così facilmente in giro persone di così alti valori. Quando io ho parlato con Rota è stato difficile per me, ma è stato difficile anche per lui accettare questa situazione perché avevamo instaurato un rapporto di fiducia non tanto come presidente e allenatore bensì come uomo e uomo. Io ho fatto di tutto pur di salvaguardare questa squadra e questa società nuova, quindi con tante difficoltà. Il presidente è neofita nel calcio, quindi tante dinamiche non le conosceva, ma ha una passione incredibile nell’amare questo sport. Lui si è affezionato a tutti: lui dice sempre che questa è la squadra della città e non la sua squadra. E quindi io mi sentivo in dovere di prendermi delle responsabilità anche per lui e lo farei tutt’ora. Ma dare la colpa solo all’allenatore mi sembra eccessivo, e questo non da parte del presidente”.

Un passo indietro, al mercato estivo. “Quando eravamo in sede di costruzione della squadra io ho scelto tre giocatori, che sono arrivati, il resto non è stata una mia scelta. Quelli che chiedevo mi veniva detto che non riuscivamo a prenderli. A un certo punto io ho detto: “va bene, io sono l’allenatore e devo allenare come se subentrassi a campionato in corso con una rosa già formata”. Siamo arrivati ad essere troppi perché ogni settimana qualcosa non andava secondo qualcuno e quindi bisognava prendere questo e quest’altro. Quando chiedevi di fare uscite le uscite non venivano fatte”.

Sulla nomina di Adrian Ricchiuti a nuovo allenatore del Rimini. “Dando le mie dimissioni ovviamente la società deve prenderne un altro. Che sia Adrian o un altro allenatore mi cambia poco. Se Adrian ha accettato questa nomina sono contento per Adrian, avrà delle belle beghe anche lui, ma credo lo sappia”.

Con il DS Alfio Pelliccioni sarebbe cambiato qualcosa? “Con Alfio Pelliccioni non ci sarei stato io e le cose sarebbero andate in maniera diversa”.

Tornando indietro lascerebbe ancora la Savignanese che tornare a Rimini? “Rifarei tutto quello che ho fatto perché allenare il Rimini per me è importante, lo è sempre stato e non lascerei mai passare un’opportunità del genere”.

Dall’inizio della stagione ha detto che il Rimini questo campionato lo deve vincere. Crede che quelle affermazioni si siano trasformare in un boomerang? “Quello che ho detto all’inizio è quello in cui credo: una squadra come il Rimini non può permettersi di andare in qualsiasi campo di provincia e dire: “quello che viene viene” oppure fare un campionato di passaggio. Io sono straconvinto che squadre con il blasone del Rimini debbano mostrare in campo questo blasone, lo devono fare con una forza, con spalle larghe perché giocare a Rimini, anche senza pubblico, non è come giocare da altre parti. Rimini ti dà quello che altre piazze non ti danno e per questo devi avere qualcosa in più che non è necessario da altre parti”.

Com’è stata la gestione di Gigli e Casolla, dati per partenti e poi reintegrati. “Per la gestione di Gigli e Casolla è stato tutto molto complicato: scelte economiche, scelte tecniche, reintegriamo, non reintegriamo. A un certo punto ho deciso che se li avevo a disposizione dovevo allenarli. Se io ho 31 giocatori ne alleno 31 e in separata sede chiedevo le cessioni, che non avvenivano, però continuavo ad allenare”. 

C’è stata confusione nella gestione dei portieri? “Non ho mai avuto confusione sulla gestione del portiere: Sourdis è arrivato, si è allenato, non è stato a disposizione per tanto tempo prima per una questione di passaporto poi a causa di una squalifica. In realtà lui ha fatto tre panchine solamente. Lui alla prima panchina si è venuto a lamentare con me, si è andato a lamentare con il direttore sportivo, si è andato a lamentare con tutti perché lui doveva assolutamente giocare a prescindere, perché gli erano state fatte delle promesse. Al che qualcuno gli ha chiesto: “ma il mister ti ha fatto queste promesse?” No, il mister non gli ha fatto queste promesse. Dopodiché lui ha deciso di andare via, io ho cercato di convincerlo a rimanere ma non c’è stato verso. Ovviamente siamo andati alla ricerca di un altro portiere under (Adorni, ndr), che ha giocato contro il Mezzolara come avrebbe giocato Sourdis perché mi occorreva mettere in porta un under. Il portiere non mi ha scombussolato i piani”.

Questa diversità di vedute tra allenatore e direttore sportivo alla lunga è arrivata in campo? “A Fiorenzuola era stata la nostra terza vittoria di fila. Nelle settimane precedenti avevo chiesto cessioni. Credevo che dopo tre vittorie di fila avrei avuto la forza di pretendere le uscite di ragazzi che ogni domenica andavano in tribuna. Questo ha creato malumori. Siamo arrivati a Prato con l’autorevolezza del mister che stava venendo meno. La partita di Prato ne è stata la prima prova perché tu vai in vantaggio e poi ti sgretoli pian pianino con quella personalità che a mio avviso a questa squadra è sempre mancata, e da lì arrivano altre due pedine a mettere ancora più confusione di quella che già c’era nello spogliatoio. Quindi altre due persone da mandare in tribuna. Visioni diverse nel vedere il calcio: io lo vedo in modo professionale e professionistico, qualcuno lo vede nel modo da bar”. 

Dove sta il vantaggio di avere una rosa di 31 giocatori? “Non dovete fare a me questa domanda perché io non avrei voluto 31 giocatori. Nel calcio ci sono i titolari e le riserve, poi qualcuno dei titolari può diventare riserva e viceversa. Ma noi avevamo anche undici giocatori che andavano in tribuna. Non siamo nei Pulcini, dove devono giocare tutti”.

Cosa pensa della rosa attuale del Rimini? “Io non avrei voluto rinforzi, ma ruoli intercambiabili per gli under. Non puoi avere coppie formate da un under e da un over, devi avere under e under e over e over. A mio avviso la rosa del Rimini è una buona rosa, io credevo molto in questa squadra: se mi avesse seguito soprattutto chi doveva seguirmi sicuramente il Rimini avrebbe più punti e io starei ancora allenando il Rimini, ma purtroppo non è così”.

Il rapporto con Tamai si è deteriorato nel tempo o non c’è mai stato? “Credevo fosse migliorato sotto certi aspetti, in realtà lui mi ha fatto la guerra quando facevamo l’Eccellenza e ha continuato oggi. Poi dovete chiedere anche ai vari Muccioli, Righetti, Martini e Acori… non è una novità insomma”.

La nomina di Ivano Bonetti a Direttore Tecnico la vede come una sorta di commissariamento del DS? “Io con Ivano ho un bellissimo rapporto: ci vedevamo tutti i giorni e lui mi diceva sempre: “non mollare, non mollare, non mollare”, ma anche “come cavolo fai, come cavolo fai, come cavolo fai”. Io con Ivano ho instaurato veramente un gran rapporto perché quando parli di calcio con chi sa di calcio ti riesce tutto più bello. Da Ivano avevo tanto da imparare. Probabilmente Adrian e Juri (Tamburini, nuovo viceallenatore del Rimini, ndr) faranno meglio di me. Io sono il primo tifoso della Rimini Calcio, a prescindere”.

Riuscirà il Rimini a centrare la promozione? “Io me lo auguro. Io faccio il tifo per questa squadra, l’ho fatto sempre, anche quando non giocavo qui. Le difficoltà però restano: credo che oggi anche Ivano Bonetti e Adrian Ricchiuti abbiano allenato 31 giocatori, non credo ne abbiano allenati venti. Se poi ne hanno allenati venti sono contento per loro”.

Crede di dover dire qualcosa in merito a quanto accaduto durante il riscaldamento di Budrio con Gigli? “No, assolutamente no. Non devo chiedere scusa a nessuno. Io sono così, probabilmente lo avrei dovuto fare prima, ma non con lui in particolare, in generale”.

Mancano i dirigenti a questa società? Con chi si confrontava? “Io parlavo molto con Tamai, è proprio questo che fa più male perché era il mio punto di riferimento. Io ho un estremo rispetto dei ruoli e il mio superiore era Tamai. Con lui mi rapportavo tantissimo fino al momento in cui ho capito che non dovevo farlo. Ho cercato in altri dirigenti la spalla: ho trovato delle persone buone, sincere e ingenue per certi versi. Per questo io mi sono accollato tante responsabilità. Io mi sentivo forte: ho personalità da vendere. Credevo che facendo così qualcuno mi seguisse. Ma questo è successo anche nell’era di Grassi o all’inizio di questa stagione con Rota: tutta la città ce l’ha a morte con Grassi o con Rota perché non sono uomini di calcio. In realtà, pur non essendo uomini di calcio, io credo che siano uomini veri. Quando Grassi l’ha capito la sua scelta l’ha fatta. Stamattina la prima chiamata che ho ricevuto alle 8:30-9:00 è stata la sua. Questo per farvi capire quanto siamo sbagliate determinate persone in certi posti”.

Ancora sulla sua passione per il calcio. “Il mio obiettivo nel calcio non è guadagnare soldi, è arrivare in serie A. Sono sogni che inseguo fin da bambino”.

Poi un momento di commozione. “Per me è stata dura perché essere criticato da allenatore è un conto ed essere criticato da uomo è un altro. E io non me lo merito”.

Infine, il saluto ai tifosi biancorossi. “Dico a tutti i tifosi di stare vicino a questa squadra: la squadra è la maglia e la maglia non va abbandonata, va portata in alto e va fatta sventolare quella bandiera. Quindi ricordatevi sempre della maglia”.

La conferenza stampa è stata trasmessa in diretta su Icaro TV (canale 91 e canale 686 del digitale terrestre) e in diretta streaming su icaroplay.it e sulla pagina Facebook Icaro Sport.