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Invito alla responsabilità

Angelini (Igiene Pubblica): ospedali reggono ma va preservata attività non Covid

In foto: la diretta Facebook
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di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
dom 13 dic 2020 10:14 ~ ultimo agg. 18:59
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“Il passaggio da fascia “arancione” a quella “gialla” non è un liberi tutti o un’assenza di rischio, ma un messaggio che ci dice che le rigide misure che abbiamo seguito ci hanno consentito faticosamente di scendere di un gradino. Il richiamo alla responsabilità deve diventare più forte, prestando una maggiore attenzione rispetto alla fase precedente”. E’ l’invito che arriva da Raffaella Angelini, direttore dell’Igiene Pubblica di Ausl Romagna, intervenuta sabato pomeriggio nel consueto appuntamento social promosso dal parlamentare Marco Di Maio col professor Claudio Vicini, direttore di Dipartimento dell’Ausl Romagna e noto otorino.

“Ognuno di noi è artefice del suo destino”, ha sottolineato il professor Vicini, rimarcando come “il richiamo alla responsabilità individuale, rispetto e prossimo è d’obbligo in questo momento”. E proprio in vista delle festività natalizie, “il buon senso deve regnare al di la delle norme”. Concetto ribadito dalla Angelini: “Dobbiamo fidarci delle tre regole basilari  che ne se sottovalutiamo l’importanza perchè sono banali”. Quindi distanziamento di almeno un metro, indossare la mascherina ed igienizzarsi le mani,

Dal direttore dell’Igiene Pubblica un ulteriore consiglio: “Dobbiamo consentire a poche persone di entrare nella “bolla” personale. Non è un invito alla solitudine, ma ad avere rapporti sociali differente”. L’uso della mascherina è invece “un sacrificio minimale, che ci è richiesto, usandola correttamente in tutte le condizioni. Siamo in una situazione in cui le persone si sono un po’ assuefatte delle regole, ma non possiamo permetterci distrazioni. Difendendo se stessi si difende la comunità”.

Spesso si mettono a confronto i numeri dei contagiati della prima e della seconda ondata dell’epidemia, ma la Angelini ha puntualizzato che è possibile confrontare le due fasi “misurando la differenza che c’è nei tassi di ospedalizzazione e nel ricorso alle terapie intensive. Usando questo parametro l’incidenza è più bassa. Nella prima ondata abbiamo visto la punta dell’iceberg. Nella seconda oltre la metà dei nuovi casi sono persone asintomatiche, che cerchiamo attraverso il tracciamento dei contatti che non avremmo visto nella prima ondata, quando i tamponi erano riservati a chi aveva sintomi”.

Quanto al sistema dei tamponi, ha chiarito la Angelini, “sta procedendo nonostante le difficoltà derivanti dall’elevato numero dei casi. Abbiamo avuto un intoppo a metà novembre in coincidenza del picco più alto che abbiamo osservato negli ultimi due mesi, perchè il numero di tamponi superava la capacità di laboratorio di gestirli. Quelli molecolari richiedono analisi complesse, che necessitano di reagenti specifici che poche ditte vendono. E a metà novembre abbiamo avuto un intoppo, con un allungamento dei tempi di risposto”.

Da qui il cambio di strategia, con l’uso di test rapidi antigenici “che danno lo stesso tipo di risposta, ma che in caso di positività richiedono la conferma con un test molecolare”. Questa tipologia di tamponi “consentono ai reparti ospedalieri e al pronto soccorso di avere risposte in 15 minuti”. Angelini ha inoltre evidenziato che “l’indicatore tamponi-positivi su tamponi effettuati è stato il più basso della media regionale, che a sua volta è più basso della media nazionale”.

C’è pressione sugli ospedali, ma, ha evidenziato il direttore dell’Igiene Pubblica, “stanno funzionando grazie al lavoro e alla dedizione di chi ci lavora, fattore chiave del successo. Non siamo in una situazione critica, ma ci sta impegnando massicciamente, tentando di mantenere con fatica anche le attività non covid. E a differenza della prima ondata non possiamo permetterci di sospendere la gran parte delle attività sanitarie che non sono covid”.

La Angelini ha spiegato che “la fascia d’età più rappresentata è quella tra i 40 ed i 60 anni, che rappresenta la porzione di popolazione più numerosa. L’incidenza più bassa è tra i bimbi, mentre è in calo nei ragazzi tra i 14 ed i 19 anni. Può essere attribuibile al fatto che gli studenti sono alle prese con la didattica a distanza, ma anche al fatto che, al di fa degli screening che si fanno scuola, non hanno necessità di sottoporsi a tamponi. La fase più pericolosa è quella che riguarda gli over 85, dove si concentra il maggior numero di decessi”.

Quanto ai dati disomogenei in Romagna, “i numeri bisogna parametrarli con la popolazione. Il comprensorio di Forlì ha un numero di abitanti inferiore a quello di Ravenna. Nel numero molto alto di Ravenna incidono i focolai in case di riposo, che non erano state toccate nella prima ondata. I territori in cui le case di riposo sono state colpite nella prima ondata tendono ad avere in queste comunità una diffusione di anticorpi maggiore che in territori dove non ci sono stati i casi. E questo potrebbe spiegare il maggior numero di situazioni nel ravennate. Altre ipotesi si potranno fare. Le differenze nella prima ondata legate al momento in cui è circolato il virus. Rimini interessa forse molto prima dell’esistenza del virus e quando scoperto ha progredito in modo diverso”.

Infine un messaggio a chi nega la pericolosità del virus: “Fare un giro nelle terapia intensive o sub-intensivi,sarebbe meglio di ogni parola”. Concetto ribadito anche dal professor Vicini: “Li inviterei a parlare con i familiari, collettivamente coinvolti nel dramma”.