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chiudono insegne storiche

Chiude boutique in centro. Zanzini (Federmoda): anche a Rimini settore in crisi

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 25 set 2020 16:23
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E’ allarme rosso per il settore moda in Italia e anche nel riminese dove si perdono insegne importanti. L’ultima in ordine di tempo è la boutique Wuelle, aperta da oltre 53 anni in via Tempio Malatestiano nel centro storico a Rimini. Le proprietari ieri hanno pubblicato un post di commiato su Facebook: “Care clienti e amiche, la Wuelle vi saluta e vi ringrazia per l’affetto e la stima dimostratagli in questi 53 anni di lavoro. Ringraziamo il nostro staff che con grande professionalità ha contribuito alla nostra crescita. Con grande affetto vi abbracciamo” si legge. “Pur comprendendo la scelta delle titolari – commenta Giammaria Zanzini, referente provinciale e consigliere nazionale di Federmodanon posso però che rammaricarmi per la perdita di un prezioso ed elegante punto vendita di qualità“. Zanzini spiega poi che “i costi di gestione sono alti, dagli affitti alle utenze e le nostre stime sul territorio nazionale vedono a rischio chiusura 17.000 punti vendita con un’incidenza sull’occupazione di 35.000 addetti“.

Neppure i saldi, ormai in chiusura, sembrano aver portato una boccata d’ossigeno e intanto i commercianti al dettaglio stanno già facendo gli ordini per i capi estivi del prossimo anno. “I rischi però – evidenzia l’esponente di Federmoda – sono e rimangono tutti in capo ai negozianti“. L’associazione propone “che le copie commissioni che si firmano con clausole molto stringenti – spiega Zanzini –, debbano essere integrate con una aggiunta nella quale si metta bene in evidenza che per eventuali chiusure forzate dei negozi imposte per legge o per qualsiasi altro motivo indipendente dalla volontà del commerciante, il rischio dell’invenduto debba essere ripartito tra il commerciante stesso e le aziende e le industrie che hanno consegnato la merce. Ai negozianti, già da anni in piena crisi, affossati dal lockdown e con i magazzini ancora pieni, non basta certo qualche piccola dilazione di pagamento come sta avvenendo ora. Lo smart working, unito all’assenza di turisti stranieri nelle nostre città e alla mancanza di eventi economici come fiere e convegni e sociali come le serate nei locali da ballo, sta dando il colpo di grazia al nostro settore, bloccando di fatto la voglia e la necessità di acquistare capi di abbigliamento e accessori“.
Federmoda ritiene poi “che le industrie internazionali debbano essere vincolate al rilascio delle copie commissioni anche in lingua italiana e non solo in inglese. Esiste una disparità tra industria e commercio che deve essere chiarita una volta per tutte. L’industria della moda deve capire che senza il commercio al dettaglio non può sostenersi a sua volta e che nemmeno il commercio on-line basta a sopperire la mancanza di vendite nei negozi in sede fissa. Gli ultimi dati delle associazioni dei produttori di moda ne sono la conferma: un calo del fatturato – riporta Zanzini – del 40% nel secondo trimestre 2020 con prospettive sul terzo trimestre ancora più pessimistiche devono essere un campanello d’allarme sul quale costruire nuove sinergie di filiera e non innalzare muri che non giovano a nessuno”. In chiusura l’esponente di Federmoda lancia un ultimo appello
“agli imprenditori e alle famiglie, affinché sostengano il settore moda del territorio preferendo gli acquisti nei negozi di vicinato per dare vita ad un percorso virtuoso che, ad esempio nel turismo con le vacanze di prossimità, quest’estate ha portato numerosi benefici al nostro territorio”.