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il racconto

L'ultimo saluto via smartphone. Il doloroso addio ai tempi del coronavirus

di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mar 31 mar 2020 16:25 ~ ultimo agg. 1 apr 14:30
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Nessuna possibilità di assisterlo o stargli accanto, nessuna vestizione, solo i parenti più stretti ammessi alle esequie purché ben distanziati. E’ il doloroso addio ai tempi del coronavirus, uno degli effetti collaterali che toglie a famigliari e amici quella forma di sollievo che generalmente si prova nel dare l’ultimo saluto a chi si è amato. Luciano Melucci una settimana fa è stato stroncato dal Covid-19. Era un riccionese doc, generoso e tenace, che ha vissuto una vita piena. E’ stato prima albergatore poi commercialista, ha messo in piedi una bella famiglia, unita. Luciano aveva tanti amici, eppure è morto solo perché è questo il trattamento che il coronavirus riserva alle sue vittime.

“Mio padre se n’è andato in ospedale lontano dai suoi cari – racconta il figlio Alberto non abbiamo potuto più vederlo né sentirlo. Era una persona discreta, di basso profilo, ma che teneva alla forma. Pensi che non abbiamo potuto nemmeno vestirlo. A causa delle restrizioni attuali il parroco ha impartito solo una benedizione della salma nella cappellina del cimitero. Eravamo in quattro, con mia madre che essendo in quarantena ha potuto assistere attraverso una videochiamata”.  Durante le esequie non ci sono abbracci, non ci sono rumori, non ci sono amici. “Avrei voluto per mio babbo un saluto diverso – dice ancora Alberto – non se lo meritava, nessuno se lo merita. In una situazione normale probabilmente avremmo riempito la chiesa. Era molto conosciuto e stimato”.

E’ per questo che Alberto ha ritenuto giusto utilizzare i social per comunicarne la scomparsa: “Quasi nessuno avrà visto i manifesti in giro per strada, pochissimi avranno comprato il giornale. Così, anche se non sono il tipo, ho scritto un lungo post su Facebook che poi ho condiviso in un gruppo ‘frequentato’ da migliaia di riccionesi (Come vorremmo la nostra Riccione, ndr). Mi è sembrato il modo più efficace per raggiungere le tante persone che lo conoscevano e che altrimenti non avrebbero saputo della sua scomparsa”. E in effetti i messaggi di vicinanza recapitati sotto al post commemorativo sono stati migliaia: “E’ stato strano ma al tempo stesso confortante vedere quante persone abbiano speso anche pochi secondi per lasciare un pensiero, un cuore o un semplice Rip in ricordo del babbo. Io e mia madre Luciana ringraziamo tutti e speriamo in qualche modo che tutto questo sia arrivato fin lassù”.

Come figlio ha un solo rimpianto, non essere riuscito un ultima volta a dirgli ti voglio, mentre Luciano lottava tra la vita e la morte in un letto d’ospedale: “Se un babbo ce l’avete ancora, chiamatelo e ditegli che gli volete bene. E se potete, cosa peraltro difficile in questo periodo maledetto, dategli anche un abbraccio forte, di quelli da togliere il fiato. Non rimandate!”. Unico, parziale sollievo per Alberto, una foto di suo padre, sorridente, che lui stesso gli ha scattato il giorno del compleanno e che custodisce gelosamente. Anche da un’enorme sofferenza, però, si può comunque trovare un senso, una speranza: “Forse questo virus aiuterà le persone a recuperare i veri valori umani – si augura Alberto -, a comprendere l’importanza delle relazioni, a dare il giusto peso alle cose”.