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1938, ma che razza di stampa

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mar 10 dic 2019 09:30 ~ ultimo agg. 12 dic 15:47
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Si è aperta domenica 8 dicembre 2019 alle ore 11 al Museo della Città, la mostra bibliografica e documentaria 1938 Ma che razza di…stampa! giornali, manifesti, immagini e documenti (1938-1944) alla presenza del curatore, l’antiquario e collezionista Giovanni Luisè che condurrà una visita guidata al percorso espositivo.

Ricorrono 81 anni dalla promulgazione delle infauste leggi razziali emanante dal governo fascista tra il settembre e il dicembre del 1938, anno che venne attraversato dal dibattito sull’antisemitismo e che accese la miccia che avrebbe dato avvio a una campagna razzista senza precedenti.

Le leggi razziali fasciste furono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi (leggi, ordinanze, circolari) applicati in Italia fra il 1938 e il primo quinquennio degli anni quaranta assecondati, quando non sostenuti, da una pavida indifferenza collettiva, pur con importanti eccezioni. Tali leggi furono definitivamente abrogate con i regi decreti-legge n. 25 e 26 del 20 gennaio 1944.

La mostra porta in luce i documenti e la pubblicistica che veicolò l’avvio della persecuzione razziale in Italia.

A partire dal Manifesto sulla purezza della razza italiana in difesa della stirpe italica e della rivista omonima La difesa della razza fondata e diretta da Telesio Interlandi che aveva reclutato firme di spicco del panorama intellettuale italiano. Al suo interno illustrazioni che -come scrive Luisè nella prefazione al catalogo della mostra – “furono e tutt’oggi sono un campionario emblematico dell’odio razziale”.

La stampa nazionale non lesinò articoli, vignette, manifesti sul tema, cui si aggiungono – e sono esposti in mostra – a dimostrazione di come l’antisemitismo fosse assunto come dottrina di stato, le leggi e i decreti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale  assieme a documenti manoscritti che testimoniano come il veleno razziale fosse penetrato anche nei gangli della chiesa cattolica. Molti intellettuali in quei mesi si unirono alla propaganda razzista e antisemita. Basti ricordare al “Corriere della sera” l’entusiastica recensione di Guido Piovene sul Contra Iudeos di Interlandi uscita il 1° novembre 1938.

Le leggi razziali furono rivolte prevalentemente contro le persone di religione ebraica. Quella che è stata definita “la fase della persecuzione dei diritti”, con la loro emanazione, era compiuta. Centinaia di insegnanti, professori e professionisti dovettero cedere il proprio posto agli “ariani”, migliaia di persone si ritrovarono all’improvviso straniere in patria. Negli anni Trenta vivevano in Italia tra quarantamila e cinquantamila ebrei. Cominciò un flusso migratorio che impoverì non poco le nostre accademie e i nostri istituti pubblici. Ci fu chi, come l’editore Angelo Formìggini, il 29 novembre 1938 si lanciò dalla torre della Ghirlandina di Modena, non riuscendo a sopportare l’oltraggio. Alla persecuzione dei diritti seguì velocemente dopo l’8 settembre 1943 la fase della “persecuzione delle vite”, che provocò migliaia di vittime.

Tra i rigurgiti attuali e quelli che non si sono mai sopiti, le forme dell’antisemitismo, come un fiume carsico assumendo forme nuove nel corso del tempo, riappaiono nei momenti di crisi sociale o di identità dell’Europa.

Questa mostra testimonia con la sua documentazione e i suoi cimeli un periodo esecrabile della storia italiana  proponendosi come un monito.